Corruzione, non abbiamo imparato niente
Il 17 febbraio di 23 anni fa l’Italia “scopriva” Tangentopoli. Pare che da allora non sia cambiato quasi niente. Anzi, la situazione è peggiorata
Un lancio di agenzia e poi l’Italia non fu più la stessa, o quasi. 17 febbraio 1992, ore 22 e 16 minuti, un comunicato Ansa recita: “Milano – L’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, una casa di riposo per anziani, è stato arrestato questa sera dai carabinieri con l’accusa di concussione. Le indagini, condotte per un intero anno dalla Procura della Repubblica di Milano, sono state condotte dal dottor Antonio Di Pietro”.
Quel giorno Mario Chiesa era stato colto in flagrante mentre accettava una tangente da un imprenditore di nome Luca Magni. Quest’ultimo era proprietario di un’impresa di pulizie che, esasperato dalle richieste di denaro da parte di Chiesa, in pratica pagava per lavorare, informò i carabinieri che lo portarono dal magistrato che lo convinse a collaborare. Lo “riempirono” di microfoni e gli diedero la “mazzetta” di 7 milioni da consegnare all’esponente di spicco del Partito Socialista milanese.
Effettuato il passaggio di denaro, entrano i carabinieri. Parla Chiesa: “questi soldi sono miei”, rispondono i carabinieri: “no, Ingegnere, questi soldi sono nostri”. Resosi conto della gravità della situazione, Chiesa chiede di andare in bagno, dove tenta di liberarsi di una “mazzetta” ricevuta da un altro imprenditore, poco prima dell’incontro con Magni. Il malloppo era grosso, 50 milioni, il water si intasa. Come ha detto Marco Travaglio: “così, in un coriandolìo di banconote umidicce e maleodoranti, simbolicamente se ne va la Prima Repubblica”.
Bettino Craxi, allora capo del governo, dirà di Chiesa: solo “una scheggia isolata”, un “mariuolo” che getta un’ombra sull’immagine, sulla storia del PSI, insomma una “mela marcia”. Quando riferiscono a Chiesa le parole del segretario del suo partito, lui risponde “Ah si! Mela marcia io? Allora vi racconto tutto il cestino”.
Venne giù tutto. L’Italia scoprì “Tangentopoli” (termine coniato dal giornalista Piero Colaprico, con riferimento ad altri fatti, un anno prima): un sistema corruttivo ramificato a tutti i livelli della società e collaudato sin nei minimi dettagli, di cui nessuno sapeva niente ma che molti conoscevano benissimo.
23 anni dopo non è cambiato niente, o quasi. Secondo Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione, da “Tangentopoli” ai giorni nostri ad essere cambiati “sostanzialmente sono i fenomeni corruttivi”. Allora, prosegue Cantone in un’intervista a Voci del Mattino programma di Radio 1, “la corruzione tendeva a favorire prevalentemente i partiti politici, adesso ha cambiato veste. Dietro al malaffare allignano lobby affaristiche e in questo ambito la parte politica spesso recita un ruolo da comprimario. La vera novità è l’ingresso della criminalità organizzata”.
Perché, dice Cantone, “le mafie hanno bisogno di consenso e questo consenso non necessariamente va acquisito con l’intimidazione anzi, la corruzione è molto più vincolante per i pubblici ufficiali di qualsiasi minaccia. Se un amministratore locale lo minacci, in qualche modo te lo fai nemico; viceversa, se lo compri, se lo porti dalla tua parte, sarà molto più semplice poi attivare il percorso corruttivo”.
Il magistrato ha poi aggiunto che “per quanto riguarda gli strumenti di contrasto al fenomeno corruttivo, credo che nel 2012 sia partita una piccola rivoluzione. E’ stato messo in campo, finalmente, un processo di prevenzione, tale da inserire degli anticorpi e rendere efficiente e trasparente la pubblica amministrazione. E’ una politica nuova, questa che credo possa produrre effetti positivi nel medio-lungo periodo”.
Nonostante le classifiche che vedono l’Italia tra i paesi più “corrotti”, Cantone ha sottolineato “ci sono tante storie pulite, positive che meriterebbero di essere raccontate. Faccio solo un esempio, anche con una punta di orgoglio: i nostri controlli su Expo 2015 sono stati valutati dall’Ocse, l’organismo internazionale che più studia i fenomeni corruttivi, in modo talmente positivo, da fargli affermare che il nostro sistema andrebbe esportato”.
Tuttavia, è innegabile che rispetto alla stagione di “Mani pulite” siano stati fatti dei passi indietro: “su alcune cose, soprattutto in campo repressivo, oserei dire che siamo peggiorati. Basti pensare alla norma sul falso in bilancio (legge del 2003, ndr), oggi molto meno severa ed efficace di allora, e al sistema di prescrizione (legge “ex-Cirielli” del 2005, ndr), che rischia di essere più vantaggioso per i corrotti di quanto non lo fosse allora”.