M5S, cronaca di una crisi già annunciata
Tra espulsioni e dimissioni, ad un anno dal successo elettorale il M5S sembra la brutta copia di se stesso
di Mattia Bagnato
Per anni era stato il più visitato, una sorta di “Pravda pentastella”. Un punto di riferimento politico imprescindibile per migliaia di attivisti, secondo solo a pochi mostri sacri della comunicazione come: Bbc, Cnn e Usa Today. Oggi, però, a poco più di dieci anni dalla sua nascita, Beppegrillo.it sembra vivere una preoccupante crisi di visualizzazioni. Un calo di utenti improvviso, che ha trascinato la storica piattaforma on-line del M5S agli ultimi posti della classifica dei blog più cliccati. A certificarne l’inaspettato declino è stata Alexa, azienda statunitense leader nel campo delle statistiche sul traffico in internet. Una doccia fredda, che conferma il difficile momento che sta attraversano il Movimento, spaccato al suo interno e sempre più distante dai suoi “internauti”.
Quando, nel 2003, decise di prendere in mano il destino dell’Italia, togliendolo dalle grinfie di una classe politica troppo avvezza al compromesso e ai giochi di potere, Beppe Grillo decise di puntare tutto sul power of web. Una scelta, quella del comico genovese, che presto di rivelò azzeccatissima e che seppe scompaginare per sempre le “vecchie” regole non scritte della politica tradizionale. Dal quel momento in poi, i cittadini sarebbero entrati di diritto all’interno dei meccanismi che determinano le scelte politiche di un paese. Una innovazione senza precedenti, che indicò il cammino a tutti quei movimenti politici che sarebbero nati di lì a poco.
Da quel lontano 2003, però, troppo tempo è passato ma, soprattutto, troppi errori sono stati commessi. Sono lontani, infatti, i tempi in cui quasi tre milioni di lettori affollavano il primo blog in Italia e nel mondo per numero di visualizzazioni. Tant’è vero che, in poco meno di un anno, quei milioni sono diventi qualche centinaia di migliaia, finendo per spingere il portale grillino al 171° posto nel bel paese e al 7495° in world. Un crollo, questo, che secondo Calcusat.com è costato il declassamento del portale, “accusato” di perdere contatti al vertiginoso ritmo del 55% ogni mese.
Un deficit di partecipazione come non si era mai visto prima, sintomo che qualcosa è sfuggito di mano al “duopolio” Grillo-Casaleggio. Una dato incontrovertibile e che dovrebbe far riflettere, confermato dal fatto che i 43.000 utenti pentastellati che aveva partecipato alla votazione per l’espulsione di quattro Senatori, qualche mese più tardi, sono diventati 27.000. Così, mentre il suo leader e mentore si affanna a smentire tutto, ingaggiando uno scontro all’ultimo sangue con La Repubblica, il M5S si trova a fare i conti con un gruppo parlamentare in subbuglio. Una “guerra tra bande”, che rischia di rovinare i sogni di gloria di un movimento nato per cambiare il paese.
Da mesi, infatti, si assiste ad uno scontro all’arma bianca, una resa dei conti voluta dai vertici di un movimento troppo fragile per permettersi voci fuori dal coro. Fino ad oggi, chiunque si fosse macchiato di “alto tradimento”, contestando la linea politica calata dall’alto, non aveva altra scelta che ritirarsi a vita privata, pena una sequela interminabile di offese ed insulti. Adesso, però, le cose sembrano aver preso una piega diversa, inaspettata. Scelgono di andarsene, abbandonando la barca prima che affondi. Non ne possono più i parlamentari grillini, vogliono raggiungere terre più fertili dove esiste la libertà d’opinione, come quel gruppo misto pronto ad accoglierli a braccia aperte.
La crisi in cui versa il M5S, però, non è solo il frutto di una “dittatura” d’opinione. Ad aver reso vano il progetto politico pentastellato, infatti, è stata la perdita di “appeal territoriale”. Quella stessa attrazione che aveva trasformato un piccolo soggetto politico in una valanga inarrestabile. Tutto merito di quei meet-up che, adesso, sembrano poter distruggere quanto di buono fatto fin qui. Così, il grimaldello per scardinare un’inespugnabile sistema politico, si stanno rivelando un vero e proprio boomerang per il movimento. Perché dei 90 testi dibattuti solo 7 sono arrivati in parlamento, sintomo del fallimento di quella democrazia dal basso tanto sbandierata ma mai realmente praticata.
Ecco allora, che al suo deus ex machina non resta che rivestire i panni del leader populista e popolare, rimettendo in marcia la carovana pentastella per quello che è già stato definito il #tourdeicomuni. L’occasione potrebbe essere l’ultima, dopo la quale potrebbe non restare altra soluzione che resettare tutto, ricominciando da capo, magari con un nuovo leader. Si parte da Livorno, ultima conquista grillina in ordine di tempo. Potrebbe non bastare però, perché lo spettro di una profonda disillusione sembra serpeggiare già da un po’.
Al netto di percentuali e statistiche che, ovviamente, lasciano il tempo che trovano, la crisi che sta attraversando il M5S sembra essere sempre di più il prodotto di una mala gestione. Una conduzione “bicefala” che ha finito per privare il Movimento di quella inestimabile risorsa costituita dalla sua base. L’idea che “uno vale uno”, infatti, al di là del motto accattivante, poteva davvero essere una strategia rivoluzionaria, coinvolgendo finalmente gli elettori nelle scelte dei partiti. La ditta Grillo-Casaleggio, però, ha preferito tenere per se il bastone del comando, escludendo tutti gli altri: parlamentari ed elettori.
Così, quello che doveva essere il primo prototipo di democrazia partecipativa, ha finito per trasformarsi in una “dittatura esclusiva”. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: un Movimento che perde consensi e che fatica a rispondere alla domanda di cambiamento che aveva spinto milioni di persone ad abbracciare il progetto pentastellato. Nulla è perduto, però, c’è ancora tempo: infatti si può e si deve riprendere la retta via, mandando in pensione i “vecchi” leader che hanno già manifestato qualche sintomo di stanchezza, riconsegnando il potere nelle mani di chi non lo ha ancora mai avuto, gli elettori.