L’estate che uccisi mio nonno, l’anti-thriller di Luana Vergari
Il 25 febbraio alla Hop & Book di Roma la presentazione del libro “L’estate che uccisi mio nonno” dell’autrice italiana naturalizzata francese Luana Vergari, interrogata da Manfredi Giffoni
Di tanto in tanto capita, solo ai veri ammiratori dell’ignoto, di non saper resistere alla tentazione e, in barba agli impegni, recarsi trafelati in libreria per impossessarsi dell’ultimo “mistero dell’assassino misterioso”. È così, fin dalla notte dei tempi: l’uomo è un indagatore, la sua curiosità è stata miracolo e rovina. C’è però una buona notizia, per tutti i rinnovati Poirot, il vento del Nord ha portato con sé un “anti-thriller” decisamente imperdibile, che vi fornirà un’emozione nuova.
Lo scorso 25 febbraio, tra gli scaffali di legno e le pareti azzurrine della Hop & Book di Roma (via dell’Amba Aradam) si è svolta la particolarissima presentazione dell’ultimo libro di Luana Vergari, “L’estate che uccisi mio nonno”. La stimolante discussione si è animata anche grazie al contributo dello scrittore Manfredi Giffone (“Un fatto umano”, Einaudi), che ha dialogato con l’autrice e guidato, come novello Virgilio, tutti gli ascoltatori attraverso i misteri ed i segreti del volume.
Voce narrante e, è proprio il caso di dirlo, eroe della faccenda è un bambino di 6 anni, di madre francese e padre italiano, che il giorno del suo compleanno si trova a doversi confrontare con due eventi abbastanza traumatici: la morte di suo nonno e l’avvento dei suoi Super Poteri. Proprio a causa di essi, con un solo colpo della sua pistola a Raggi Alfa sembra sia riuscito ad uccidere suo nonno. Il lettore segue il suo fantasioso narratore attraverso un onirico viaggio verso il sud Italia (per il funerale, appunto) ricco di rocambolesche avventure (alcune vere, altre meno) in cui il sangue freddo del bambino-supereroe è quasi sempre risolutivo.
A questo viaggio se ne associa un altro: quello attraverso i pensieri e gli arditi collegamenti mentali che solo un seienne può regalare: bambino che, per giunta, si sforza di scrivere e pensare in una lingua che non è la propria (l’italiano, lui in casa parla francese), la qual cosa genera buffi qui pro quo e sensazionali storie. Un lingua estranea che trasforma le vecchie donne siciliane in alieni, il padre che parla in dialetto in un estraneo ed i proverbi italiani in tristi vicende feline.
Luana Vergari, autrice e madre virtuale di questo piccolo eroe, ha molto in comune con il suo beniamino: nata italiana, vive da anni in Francia e tutti i giorni ha a che fare con bambini bilingui. Ha avuto modo di studiare da vicino il loro metodo di apprendimento, la facilità con cui passano da una lingua all’altra, nonché quella con cui reinventano la “lingua degli affetti”, cioè quella che parlano solamente in casa. Si è chiesta se fosse possibile costruire un “mistery infantile” che avesse come fondo principalmente i tranelli della lingua e l’immaginazione del bambino, e si è risposta un risoluto sì, dando vita ad un libro assolutamente unico.
Un libro per adulti scritto da un bambino, volto anche ad aiutare il mondo dei “disincantati” a capire, con profondità, con quali mezzi e metodi i più piccoli si approcciano a concetti di dolorosa comprensione come la Morte. Il rapporto conflittuale che il protagonista ha con la madre, donna severa ed apprensiva, ci confessa l’autrice, non solo serve da monito a tutte quelle donne che impongono sulla vita dei propri figli un controllo eccessivo, ma anche e soprattutto a dissacrare la figura angelica del bambino. Anche i piccoli, sebbene innocenti, possono pensare e fare cose terribili, il nostro protagonista è qui proprio a dimostrarlo: in ogni supereroe c’è sempre un super-cattivo inespresso.
“L’estate che uccisi mio nonno” è la rivincita dei bambini “strani”, quelli che lasciano sempre qualche perplessità ai loro genitori nei loro giochi e che invece, con tutta probabilità, svilupperanno solo una gran bella immaginazione. “Ero anch’io strana da piccola, e difendo a testa alta la categoria” ci racconta la Vergari, per cui adesso bolle in pentola anche un progetto d’animazione. Scrivere per bambini dunque, vuol dire studiarli come persone da interpretare, non da crescere. Il vero mistero che sarà svelato, riguarderà voi stessi.