M5S, se cambiare è l’unica strada per sopravvivere

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Il M5S lotta per uscire dall’irrilevanza: in una settimana apre al Pd e lancia il mega-spot del microcredito alle PMI. Basterà per contrastare l’avanzata di Matteo Salvini?

di Ivana Giannone

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(fonte immagine: qn.quotidiano.net)

Di avvicinamento non può si ancora parlare. Certo è, però, che la settimana appena trascorsa ha segnato una prima fase, seppure primordiale, di disgelo fra il M5S e il Partito Democratico.
L’apertura arriva dall’insospettabile Beppe Grillo che, durante un’intervista al Corriere della Sera, si dice disposto a riformare la Rai e discutere di reddito di cittadinanza insieme all’antagonista di sempre.

Le reazioni non si fanno attendere. Da Sel Nichi Vendola immagina già una convergenza con i pentastellati, mentre il leader di minoranza Pd Giuseppe Civati parla di un’intervista che gli è piaciuta molto e auspica “tutte le alleanze del mondo“.
Decisamente più cauto Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, che si dice pronto al confronto a patto che “Grillo cambi rotta” e “le parole del leader cinque stelle non siano mera propaganda”.

Ma si sa, il comico genovese non gradisce aut aut e rilancia con un post caustico sul suo blog: “Forse è il Pd che deve cambiare rotta, dritto verso la democrazia“. E ancora: “Rassicuro Speranza su due temi. Il primo è che non c’è nessuna inversione di linea da parte del M5S. Quello che abbiamo detto lo abbiamo sempre fatto, a partire dalla restituzione dei finanziamenti pubblici ai partiti, al contrario dei Pd. Il secondo è che il M5S ha sempre accolto suggerimenti e miglioramenti sulle proprie proposte in Parlamento, che però è stato espropriato dal governo Renzie della sua centralità con una raffica di decreti legge. Quindi confidiamo in un dibattito parlamentare pubblico e aperto su riforma Rai e reddito di cittadinanza“.

Che il leader M5S lasciasse l’ultima parola ad un avversario e rinunciasse al profilo di duro e puro era ovviamente fuori discussione.
Ma il dato politico che a questo punto diventa impossibile ignorare è la mano tesa, seppure con riserva, verso Renzi e compagni.
Un gesto inaspettato, ma non troppo. Figlio di quella che sembra la nuova strategia del M5S per uscire dal pantano dell’irrilevanza politica.

Appena martedì scorso infatti, per bocca del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, il Movimento annunciava alle telecamere di “DiMartedì” l’istituzione di un fondo per il microcredito alle piccole imprese, finanziato con i tagli agli stipendi dei parlamentari a 5 stelle.
In realtà le cose non stanno esattamente così.
Il fondo è stato istituito dal Ministero Economia e Finanze e ha un attivo di 40 milioni di euro. Di questi 30 milioni sono stati stanziati dal governo. I restanti 10 sono una donazione del gruppo parlamentare grillino.
Un contributo generoso, non imitato dagli altri partiti, ma pur sempre un contributo. Non è escluso, anzi è auspicabile, che da oggi in poi il fondo venga ingrassato da enti di ogni natura, senza dimenticare che la gran parte dei fondi sono stanziati dallo stesso governo Renzi.
Potrebbe risultare allora un po’ forzato lo slogan che apre il sito pentastellato dedicato all’iniziativa:
Adesso c’è il microcredito5stelle: un prestito che puoi ottenere subito, grazie al fondo creato dai parlamentari 5 Stelle con il taglio del loro stipendio”.

Eppure di una vittoria da sventolare sotto il naso del cittadino adesso c’è un bisogno disperato. Di dire che il Movimento conta, che è un interlocutore e che fa, oltre che guardare, Grillo e compagni hanno bisogno come il pane.
E il perché forse va cercato a Piazza del Popolo.
La Lega di Matteo Salvini, un partito che di certo dà più ascolto alla pancia che alla rete, continua a guadagnare punti nei sondaggi ed è legittimo pensare che sia proprio il movimento di Grillo e Casaleggio a rischiare maggiormente l’erosione dei propri voti.
Non è una novità che l’elettorato a 5 stelle sia eterogeneo e che una delle sue anime non disdegni la lotta all’immigrazione, l’uscita dall’euro e un certo pragmatismo anti istituzionale.
Si aggiunga a questo un leader con pochi e diretti slogan e una chiara volontà di allearsi (anche se ancora non si sa con chi), e quindi di contare qualcosa.
Che Grillo si sia accorto di quanto è pericoloso il canto delle sirene leghiste?

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