Corruzione: se bastasse solo un DDL…
Il disegno di legge conto la corruzione è stato finalmente approvato dalla commissione giustizia ed ora può essere votato dal Senato. Ma per estirpare un fenomeno come la corruzione non bastano leggi e pene più severe. È un prima di tutto un fenomeno culturale
di Marco Assab
Ci sono voluti 734 giorni. Meglio tardi che mai. Giovedì 19 Marzo la commissione giustizia del Senato ha finalmente dato il via libera al disegno di legge anticorruzione che, finalmente, passa all’esame dell’aula. Ok anche all’emendamento del governo sul falso in bilancio, reato sostanzialmente depenalizzato durante l’era Berlusconi, e per il quale saranno previste pene più severe: da 1 a 5 anni di reclusione per le società normali, da 3 a 8 anni per le quotate in borsa e le banche.
In generale il disegno di legge inasprisce le pene ed allunga i tempi della prescrizione per tutta una fattispecie di reati che riguardano l’annoso problema della corruzione. Un vero cancro nel nostro Paese, con metastasi che raggiungono ogni livello dell’amministrazione pubblica. Si va da fenomeni locali di micro-corruzione, a fiumi di tangenti che alimentano turpi dinamiche su scala nazionale delle quali, con cadenza quasi giornaliera, apprendiamo dai media nazionali.
Questo disegno di legge è senza dubbio un segnale importante. Ma sono altresì un segnale scoraggiante quei 734 giorni di discussioni e “lavori” in commissione giustizia. Perché così tanto tempo? Non è forse un problema evidentissimo quello della corruzione? Non siamo tutti d’accordo nel ritenere che questo fenomeno vada stroncato ricorrendo a misure straordinarie? Evidentemente no. Siamo proprio degli ingenui qui…
Quando si affronta il tema della corruzione lo si può fare da due differenti, ma convergenti, prospettive. La prima è quella economica e politica. Nel 2014 il rapporto annuale dell’organizzazione Transparency International, denominato “Corruption Perception Index 2014”, collocava l’Italia al 69° posto nella classifica mondiale dei paesi corrotti e, in Europa, al primo. Un gravissimo danno all’immagine del nostro Paese, una imbarazzante verità che ci mette in seria difficoltà agli occhi del mondo, in particolare per quanto concerne la nostra capacità di attirare investimenti. È d’altronde risaputo che la corruzione, la lentezza della giustizia e la burocrazia, rappresentano degli spauracchi per qualsiasi investitore estero. Ne risulta fortemente minata anche la nostra credibilità: chi si fida davvero di un partner corrotto?
La seconda prospettiva è, ovviamente, quella culturale ed etica. La corruzione è un fenomeno prima di tutto umano. Lo dimostra la sua ampissima diffusione su scala mondiale. È altresì un fenomeno culturale, perché è evidente che tali dinamiche si manifestano con più forza in certi luoghi piuttosto che in altri dove, al contrario, sono molto più rare (si pensi alla Scandinavia). La corruzione è un qualcosa che riguarda i valori e il modo di pensare delle persone. Dunque ben vengano le leggi che inaspriscono le pene, ma quando si è di fronte a fenomeni di tipo culturale, non si risolve il problema solo ricorrendo alla giurisprudenza. Si pensi alla mafia ad esempio, un fenomeno che non sarà mai sradicato esclusivamente con il 41bis, ma che si estinguerà solo quando si riuscirà a modificare determinate strutture di valori, credenze, abitudini, usi, modi di pensare che alimentano quel fenomeno.
Insomma, volendo coniare una metafora, possiamo dire che la giurisprudenza, l’inasprimento delle pene, sono come un antipiretico somministrato ad un pazienze che ha una forte infezione batterica… La febbre scenderà per un po’ ma poi risalirà. Serve invece un antibiotico, serve andare alle radici del problema e reciderle. Ed è evidente che le radici dell’infezione chiamata “corruzione” sono culturali.
Cosa intendiamo dire in definitiva? Che la lotta alla corruzione va condotta parallelamente sul piano giuridico e sul piano culturale. Pene più severe, pene certe, lotta senza quartiere ai corrotti, a coloro che lo sono già. Ma altresì affrontiamo la questione anche sul terreno dei valori e dell’educazione. Un ruolo determinante qui lo giocano la scuola e le istituzioni educative. È necessario, volendo usare un termine volutamente provocatorio, un “indottrinamento” degli italiani fin da piccoli. È necessario che nell’ora di “educazione civica” (una volta si chiamava così) non si parli ai ragazzini di fanfaronate come la forma delle strisce pedonali o il funzionamento di un semaforo, ma si parli loro di tutti quei fenomeni di “maleducazione civica”, di “criminosità civica”, si parli loro della corruzione, spiegando con termini semplicissimi che NON VA MAI ACCETTATO DENARO DA NESSUNO PER COMPIERE AZIONI CHE VANNO CONTRO LA LEGGE E A DANNO DI ALTRI.
Se un uomo è corrotto che vada in carcere, quindi bene inasprire le pene, ma a noi interessa che i bambini/ragazzi di oggi non diventino i corrotti di domani. A noi interessa che la parola “corruzione” sia immediatamente associata a qualcosa di ripugnante nella mente degli italiani adulti di un domani, si spera, migliore.