“Party! L’arte del divertimento” secondo Elsa Maxwell
Edito per la prima volta in Italia da Elliot, un divertente manuale del 1957 di Elsa Maxwell, considerata l’antesignana dell’organizzazione di eventi, vi svela tutti i segreti per dare feste memorabili o almeno per non risultare degli ospiti indesiderati
Prendete una provinciale dello Iowa all’inizio del secolo scorso con tanta curiosità e voglia di vivere e poche carte nel mazzo – non è ricca, non è bella e pesa cento chili – immaginatela piena d’inventiva e avrete Elsa Maxwell pronta alla scalata sociale verso il gotha di quelli che contano, del resto l’organo più erotico del corpo umano è il cervello e il suo è splendente. La ragazza di Keokuk diventerà la regina della mondanità newyorchese e la confidente degli Happy Few del suo tempo, come Cole Porter, Clarke Gable, Marilyn Monroe, i duchi di Windsor, Somerset Maugham, Cecil Beaton, la lista è lunghissima tra attori di Hollywood, teste coronate, politici, capi di stato, musicisti, intellettuali.
Giornalista di gossip, combinatrice di matrimoni, come quello tra Maria Callas (di cui era innamorata) con Aristotele Onassis, o di incontri fortunati, come quello tra l’Aga Khan e Rita Hayworth, la Maxwell fu una influencer ante litteram: la sua capacità di sancire quello che era socialmente accettabile le permise di avere una tale influenza sociale che il Waldorf Astoria, celebre hotel di lusso di Manhattan, quando aprì i battenti nel 1931 le offrì di soggiornare gratuitamente in una delle suite sperando di attrarre i suoi celebri e ricchi amici, cosa che naturalmente accadde.
È la stessa Maxwell che si interroga sui motivi del suo successo, “Come ha fatto Elsie, figlia di un modesto assicuratore, a diventare una pubblica necessità del Gran Mondo? Mi sono guadagnata il mio titolo per mancanza di concorrenti…Qualunque persona dotata di sufficiente energia e immaginazione avrebbe sviluppato il mio medesimo potere sui ricchi.”
A beneficio di tutti la volitiva Elsa riversa sulla pagina i trucchi e i segreti di una vita vissuta tra ricchezza e jet-set.
Il suo segreto? Offrire dei momenti di evasione e di divertente stupore a persone che vivevano in ostaggio del proprio status, il tutto innaffiato da tanto champagne. Alle sue serate e ai suoi eventi la spontaneità e il gusto della sorpresa prendono il sopravvento sulle stantie regole del bon ton e sul galateo, senza però rinunciare al buon gusto.
Alla base del Maxwell-pensiero c’è l’idea che non ci vogliano molti soldi per una festa memorabile, ma tanta creatività, far lavorare l’immaginazione e mescolare con intelligenza persone diverse per estrazione e temperamento. L’organizzazione di ogni evento deve ovviamente essere curata nei minimi dettagli, nulla deve essere lasciato al caso, per questo deve essere bandita la frase “Porta chi vuoi”, allo stesso tempo tutto deve risultare naturale e fluido.
Come in ogni manuale, ci sono consigli puntuali su tutte le fasi e gli elementi che compongono l’organizzazione di una festa, seccature incluse. Si impara a gestire un ospite che ha bevuto troppo, ad allontanare qualcuno che si è imbucato, a trattare seccatori, criticoni e marpioni. Interessanti sono i suggerimenti per comportarsi come dei buoni ospiti. Requisito fondamentale per esserlo è avere una personalità, “Voi che valore aggiunto avete da offrire a chi vi invita?”.
Si tratta di essere persone curiose, con degli interessi e degli aneddoti da sfoggiare durante una conversazione, perché fare scena muta è la più letale delle gaffe. Se siete a corto di argomenti la classica triade Sesso, Amore e Chi-Odia-Chi è sempre efficace.
Sono bandite le domande su temi davvero seri, perché il rischio è quello di ricevere risposte altrettanto serie che affosserebbero la spensieratezza della festa. I consigli sono anche feroci, come quando “Elsie” invita le donne a moderare lo sfoggio di cultura per non incrinare il fragile ego maschile.
La lista dei Do&Donts prosegue suggerendo di ridere quando qualcuno fa una battuta anche se poco felice, di non monopolizzare la conversazione, di non raccontare battute se non si è in grado di farlo con brio, di ascoltare per davvero il proprio interlocutore, di mangiare quello che viene preparato per cena senza annoiare con le fisime sulla dieta. Soprattutto, se non si è in vena bisogna restare a casa, invece di andare immusoniti a rovinare la serata a tutti. Consigli ascrivibili al più ampio e generale tatto che si dovrebbe avere nei rapporti con gli altri in qualsiasi circostanza.
Molto divertente è la carrellata delle feste e del Who’s who presente. Su duemila eventi, fu memorabile la festa a tema bucolico nella Sala della Giada del Waldorf Astoria che venne trasformata in un angolo di campagna, con tanto di maiali e mucche veri, balle di fieno, carretti, alberi di melo e di pero, un pozzo da cui attingere birra e una mucca-bar da cui mungere whisky o champagne.
Non mancano anche gli scivoloni, come una festa in Riviera organizzata da Pablo Picasso e Jean Cocteau a tema la corrida, inspiegabilmente naufragata nella noia più totale, perché un party ben riuscito non è una formula matematica, ma alchemica.
Dall’aneddotica sul suo giro di amici si scopre come Diana Vreeland, che dettava il gusto del tempo dalle pagine di Harpers Bazaare Vogue America, amava dare cene sontuose per massimo otto persone; che il borsh migliore si consumava a casa del celebre pianista Arthur Rubinstein, e via di seguito.
A coloro che potrebbero obiettare che non c’è motivo di darsi tanta pena per un qualcosa di (apparentemente) futile come una festa, dovrebbero ricredersi, perché essere dei buoni ospiti è un riflesso dell’arte di stare al mondo. Come amava ripetere la Maxwell “L’impressione che fate a una festa è in buona sostanza il riflesso fedele dell’impressione che fate nel mondo“. Del resto la vita stessa può essere paragonata a una festa alla quale si arriva che è già iniziata e la si lascia che non è ancora finita e per questo bisogna prendere a piene mani il senso di leggerezza e di gioia di vivere che l’autrice dispensa in queste pagine.
Se siete desiderosi di misurarvi con la vostra capacità organizzativa e volete innaffiare con un po’ di piacere le vostre vite e quelle dei vostri cari, prendete spunto dal ricettario d’autore a fine libro, e invitate i vostri amici a una cena da jet-set.
Se avete seguito i suggerimenti della Maxwell fin qui, avrete capito che l’unico vero ostacolo alla buona riuscita di una festa è la paura di fallire, che si combatte con il sempiterno consiglio che le diede Winston Churchill durante una partita a bridge: “Puntare sempre una cifra superiore a quella che ci si può permettere di perdere. Solo così si impara“.
Party! L’arte del divertimento
Elsa Maxwell
2014, Elliot
pp. 266