Ghetto Economy, l’orrore dietro l’etichetta del supermercato
A Roma la presentazione di “Ghetto Economy” di Antonello Mangano: filiera del cibo e nuove schiavitù del lavoro nell’anno dell’Expo di Milano, dedicato all’alimentazione
Lo scorso 26 marzo il Teatro Centrale Preneste di Roma ha ospitato una discussione sul tema della filiera del cibo, organizzata dall’Associazione daSud in collaborazione con Terra! Onlus, utilizzando come punto di partenza il libro di Antonello Mangano “Ghetto Economy“, edito da Terrelibere.org per la collana Praca Da Alegria.
Ad aprire il dibattito è proprio l’autore del libro, che sofferma la sua analisi sul termine “invisibili“, attribuito con troppa facilità ai migranti che giunti in Italia lavorano senza sosta e che invece dovremmo iniziare ad attribuire alle multinazionali, alle parti della filiera a noi sconosciute, perché di questi prodotti una volta che lasciano gli stabilimenti di riferimento non sappiamo più nulla, ignoriamo i giochi di potere insiti dietro questi beni. Altri soggetti invisibili, sono i cosiddetti “padroni” delle serre, che offrono lavoro a prezzo di miseria e che fanno vivere i loro braccianti in condizioni di estremo disagio.
E come verrà poi spiegato meglio grazie ad un video ripreso da Piazza Pulita e fornito da Corrado Formigli, presente alla serata come ospite, il vero problema di questi poveri migranti è lo sfruttamento a cui sono soggetti. La cosa più grave è che le mogli dei braccianti vengono costrette a “donarsi” al datore di lavoro, in caso di rifiuto c’è l’immediato licenziamento del marito.
In tal senso degno di nota è il caso della città siciliana di Vittoria, famosa per la produzione di arance e che vede un gran numero di interruzioni di gravidanza. La cosa triste è che andando ad informare di questa storia le donne della cittadina, rispondono con un secco: “Se lo meritano, sono tutte puttane, tornassero al paese loro“. Questo è lo specchio dell’Italia e come sottolinea Formigli, bisogna uscire dai luoghi comuni sui profughi, perché come si può chiedere di tornare a casa a delle persone che scappano perché nel loro Paese ci sono situazioni di disagio? Come si può dire che i migranti ci rubano il lavoro se si limitano semplicemente a fare cose che noi ci rifiutiamo di fare? Roberto Iovino dell’Osservatorio Placido Rizzotto/Flai Cgil, si sofferma sul problema dei lavoratori e sul rispetto dei loro diritti. Iovino espone il significativo caso scatenatosi a Rignano Garganico in provincia di Foggia, dove nel tentativo di sistemare la situazione è stato fatto scomodare il sindaco, il quale pressato, ha risposto con un secco: “Quelli non portano voti“, chiaro sintomo che per lui non aveva senso risolvere la situazione.
In conclusione Formigli cita un caso molto particolare, quello della Mutti, storica azienda di Parma produttrice di conserve di pomodoro. Il giornalista di La7, avendo avuto la possibilità di intervistare l’AD Francesco Mutti, si è fatto raccontare in che modo la sua azienda si occupa della produzione e di tutta la filiera del suo prodotto, affidandosi ad un metodo efficace, assicurandosi preventivamente della qualità del prodotto esso pagherà il giusto se il prodotto ha una qualità standard, poco se la qualità è bassa ma paga anche più del dovuto se il prodotto è di ottima qualità. Con questo sistema, esso si assicura una buona qualità è la volontà dei propri associati di migliorarsi sempre di più. Mutti ha però confidato al giornalista che sta provando ad aprire una filiera al Sud ma che ha riscontrato un’enorme difficoltà legata al mantenimento della qualità e del trattamento dei lavoratori.
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