Politici e social network: dilettanti allo sbaraglio…
I social network hanno rivoluzionato il mondo della comunicazione politica. Dalla televisione, con il suo messaggio unidirezionale e senza possibilità di risposta da parte del pubblico, i politici sono passati a Twitter e Facebook, piazze virtuali dove tutti sono emittenti e tutti destinatari. Non sempre ne escono bene…
di Marco Assab
C’era una volta il politico. Quello che si affidava alle “colonne” dei quotidiani cartacei per le sue invettive, quello che utilizzava il classico “comunicato stampa”, quello per cui radio e televisione erano l’apice della comunicazione di massa, la meta più ambita, gli strumenti di propaganda migliori.
J.B. Thompson nel suo “Mezzi di comunicazione e modernità”, suddivide il mondo della comunicazione in tre tipologie.
- Interazione “face to face” ossia “faccia a faccia”, dove l’emittente ed il ricevente condividono la stessa dimensione spazio temporale, ed hanno la possibilità di scambiarsi i ruoli. Si tratta dell’interazione più “democratica” possibile, perché presuppone la possibilità di un feedback da parte di chi ascolta.
- Interazione mediata, ovvero quella che si realizza mediante strumenti come telefono o lettera. Anche qui i due “attori” possono scambiarsi i ruoli di emittente e ricevente, dando vita, seppur non condividendo la stessa dimensione spazio-temporale, ad un “dialogo”.
- Quasi interazione mediata, cioè quella che si realizza nella fruizione dei mass media tradizionali (televisione e radio).
Ed è di questa terza tipologia che dobbiamo discutere, prima di rivolgerci al mondo dei nuovi media e dei social network, per comprendere meglio come questi ultimi abbiano rivoluzionato il mondo della comunicazione politica.
La “Quasi interazione mediata” altro non è che la comunicazione massmediale classica, quella di radio e televisione. È la comunicazione di pochi i quali, organizzando l’emissione del messaggio, si rivolgono a molti dispersi nello spazio e senza la possibilità di organizzare un feedback. Il messaggio è dunque “unidirezionale”, non c’è ritorno, parte dal vertice di una immaginaria piramide e si irradia verso il basso. La mancanza di una condivisione spazio-temporale tra emittente e ricevente, l’unidirezionalità del messaggio (da pochi a molti e non viceversa), la capacità di imporre anche il contenuto del messaggio, fa si che la “quasi interazione mediata” sia la più classica delle comunicazioni di potere. I mass media, a ragione, sono stati definiti “il quarto potere”, dopo quello legislativo, giudiziario ed esecutivo.
Fino a pochi anni fa la politica ha sfruttato abilmente (e continua ovviamente a farlo), in ogni parte del mondo, questo potere. Ma cosa accade quando le nuove tecnologie si evolvono e nuovi strumenti, quali i social network, si configurano come piazze virtuali dove è possibile ritrovare le caratteristiche della comunicazione “face to face”? Il risultato è davvero interessante.
Nelle agorà virtuali come Facebook o Twitter, tutti gli utenti condividono lo stesso spazio-tempo. Si tratta di uno spazio virtuale, non fisico, ma è comunque uno “stare insieme” nello stesso “posto” e nello stesso momento. Il messaggio qui non è unidirezionale (dal vertice della piramide verso il basso), bensì multidirezionale, tutti hanno la possibilità di parlare potenzialmente con tutti, allo stesso livello, scambiarsi il ruolo di emittente e ricevente. Si configura una comunicazione di tipo dialogico, si ritrovano qui più o meno le stesse caratteristiche della comunicazione “faccia a faccia”.
Ebbene, nessun politico ha resistito alla tentazione di scendere in singolar tenzone con il “popolo della rete”. Tutti hanno ormai un proprio profilo Facebook e Twitter. Le conseguenze, spesso, sono al limite del disastroso. Calarsi in queste piazze virtuali è un grande rischio per un politico abituato alla comunicazione massmediale classica. In questi spazi virtuali si affronta quasi sempre un contraddittorio il quale, incoraggiato dall’anonimato, non lesina il ricorso al turpiloquio ed alle offese di ogni genere. Spesso è come andare alla gogna.
Molti politici si affidano ad esperti della comunicazione, a spin doctor professionisti. Renzi stesso ha puntato molto sulla comunicazione in rete, con eccellenti risultati, prima di diventare Presidente del Consiglio e, quindi, diventare automaticamente uno della “kasta” agli occhi dei rivoluzionari da tastiera. Berlusconi ha scelto di restare ancorato alle vecchie buone maniere, puntando tutto sulle televisioni anche in occasione della campagna elettorale del 2013. Il Movimento 5 Stelle poi, indipendentemente dal sentimento galoppante di anti-politica diffuso nel paese, ha dato piena dimostrazione di come la comunicazione massmediale tradizionale sia superata o, per lo meno, non più sufficiente da sola a garantire ampi consensi.
I pentastellati hanno fatto dei social network i loro fortini propagandistici, hanno soprattutto incoraggiato l’idea che nuove forme di democrazia e partecipazione siano possibili in queste piazze. Errato. Le rivoluzioni non si fanno dietro uno schermo, e le dinamiche di funzionamento di certi siti internet non sono quasi mai pienamente trasparenti. Un sondaggio in rete, ad esempio, non potrà mai essere totalmente limpido, perché non si conosceranno mai le dinamiche e le regole che sovrintendono ad esso: una scheda nell’urna la puoi vedere, toccare, leggere, un click sullo schermo non puoi mai sapere che fine farà realmente.
Facebook e Twitter sono due social network molto diversi tra loro. Facebook è più adatto alla creazione di un gruppo, allo “stare insieme”, all’interazione tra i membri, alla condivisione anche di materiali multimediali. I post di facebook non hanno limiti di lunghezza, per cui c’è la possibilità anche di approfondire certe tematiche e dilungarsi. Twitter invece, con il suo limite di 140 caratteri per “cinguettio”, è adattissimo agli operatori dell’informazione (agenzie in primis) e si configura come un nuovo strumento di emissione dei vecchi comunicati stampa. Twitter è molto più immediato, i suoi messaggi brevi fanno presa subito, è il social network perfetto per il politico che punta sugli slogan. Inutile dire che questo causa anche un profondo impoverimento del dibattito politico.
La comunicazione mass mediale tradizionale si adegua, utilizza Twitter come fonte. I “tweet” dei politici sono ormai uno dei piatti forti dell’informazione televisiva. I “tweet” sono i nuovi comunicati stampa. Ma quello che il politico di oggi non ha ancora compreso è che non si tratta di comunicati stampa tradizionali, si tratta altresì di scintille che possono dar fuoco ad interi pagliai! Perché il twittatore maldestro si trasforma rapidamente da emittente a ricevente, con le conseguenze che potete benissimo immaginare…
Alcuni esempi:
In definitiva: nessun politico può oramai sottrarsi al mondo dei social network ed ai nuovi modi di comunicare. Si tratta però di strumenti da utilizzare con competenza e cautela, pena gravi ripercussioni sulla propria immagine e credibilità. Un consiglio: prima di utilizzare facebook e twitter leggete il foglietto illustrativo, dice: l’uso scorretto può essere nocivo, maneggiare con cura, tenere fuori dalla portata dei bambini (e dei dilettanti).
(fonte immagine: http://walkerslegacy.com/)