DEF, buona la seconda
Dopo un rinvio inaspettato, il Documento di Economia e Finanza sembra prendere corpo. Così, tra “tesoretti” e spending rewiev il Governo cercherà di salire sull’ultimo treno per la ripresa economica
di Mattia Bagnato
L’attesa è stata lunga, quasi snervante, alla fine però dalle “segrete” stanze del CdM è emerso l’atteso Documento di Economia e Finanza. 10 ore, tanto è durato l’extra time per i cronisti che, in fila nella sala conferenze di palazzo Chigi, attendevano pazienti di poter ascoltare con le proprie orecchie. Poi, alle 20.00 di venerdì 10 aprile, Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan hanno reso noto le linee guida del prossimo triennio, quello 2016-2018. Vincolo di bilancio, previsioni macroeconomiche e piani di riforma, eccolo il cuore pulsante del nuovo DEF. Ad infiammare il dibattito, però, ci hanno pensato il famigerato “tesoretto” da 1,6 miliardi di euro e gli ulteriori possibili tagli alla spesa pubblica.
Il buongiorno si vede dal mattino – Era atteso come una manna dal cielo, la stella polare chiamata ad indicare il cammino nel mare agitato della ripresa economica. Perché, nonostante non sia altro che un documento programmatico voluto da Bruxelles, in quell’atto c’è l’essenza della exit strategy. Un piano ipotetico certo, modificabile da qui a fine anno ovviamente, ma pur sempre indicativo della strategia scelta dal Governo per ridare impulso ad una crescita che stenta a decollare. Non stupisce, quindi, se ancor prima di arrivare alle Camere il DEF abbia già innescato forti polemiche.
Verba volant, escripta manent – Infatti, anche trattandosi di previsioni appunto, i numeri sembrano parlare chiaro: aumento del PIL di 1,5% punti percentuali nel 2017; riduzione dell’indebitamento netto sino ad un 0,8% alla fine del triennio in questione; estensione delle privatizzazioni che, carte alla mano, porteranno introiti fino all’1,3% del PIL, pronostico forse un “cicinin” ottimistico. Infine, a dar man forte ai piani del Governo ecco arrivare il “salvatore della patria” Mario Draghi. Grazie alle mosse della BCE, infatti, l’esecutivo conta di ridurre gli interessi sui prestiti, garantendosi un risparmio di 6,4 milioni di euro. Un boccata d’aria fresca, che potrebbe scongiurare gli effetti delle clausole di salvaguardia. In questo senso, però, si dovrà attendere la prossima legge di stabilità.
Promesse da marinaio – Quindi, a vederle così le cose sembrano tutte rose e fiori. Balsamiche e profumate, come le dichiarazioni con le quali Renzi ha voluto archiviare per sempre la stagione in cui i sacrifici li facevano solo i cittadini a suon di aumenti della pressione fiscale. Quello stesso cuneo che, sempre secondo il DEF, dovrebbe scendere al 42% nel 2018. Peccato, però, che di simili annunci ad effetto se ne siamo fatti a bizzeffe nel corso del tempo. Deve essere proprio per questo, forse, che dalle opposizioni, Forza Italia in testa, arrivano critiche e inviti alla calma. L’estremo tentativo di placare facili entusiasmi a poco più di un mese da un’importante tornata elettorale. Non sia mai che Matteo “il rottamatore” riesca ad “abbindolare” quel che resta dell’elettorato nemico.
Un decreto ad hoc – Una strategia accuratissima, con la quale Renzi ha sbandierato “timidamente”, in perfetto stile renziano, l’esistenza di un “tesoretto” da 1,6 miliardi, ribattezzato per scaramanzia “BonusDef”. Un gruzzolo niente male, frutto della scelta economica di ritoccare al rialzo le stime dell’andamento del PIL e di congelare, invece, quelle del deficit. Il differenziale di 0,1% (da 2,5 a 2,6) dovrebbe, quindi, favorire la crescita grazie agli incentivi per le imprese sotto forma di sgravi fiscali. Sulla destinazione del bonus, però, aleggia un alone di mistero, un “poi si vedrà” che ha scatenato l’ira del duo Salvini-Camusso. Probabilmente, però, verrà usato per estendere i già “chiacchierati” 80 euro.
Chi di spending ferisce, di spending perisce – Così, mentre Salvini minaccia di andare a prenderlo a palazzo Chigi se non userà il bonus per gli esodati, il “pifferaio magico” rischia di inciampare nella trappola della spending review. Infatti, mentre il Governo si affanna a ricusare aumenti di IVA o di accise varie, oltre l’orizzonte si intravede lo spettro di nuovi tagli alla spesa pubblica per 10 mld. Il tutto, infatti, sarebbe il risultato di una pericolosa gincana tra le clausole di salvaguardia a tutto svantaggio, ovviamente, dei cittadini. Infatti, l’annuncio di eludere le clausole, secondo molti, non sarebbe che un maldestro tentativo per preparare l’opinione pubblica ad ulteriori sacrifici.
Mai fare i conti senza l’oste – Al netto delle dichiarazioni di circostanza, lo scenario sembra farsi piuttosto intrigato per il Governo. Un contesto degno del migliore Kevin Spacey, reso ancora più complesso proprio perché, prima di approdare a Bruxelles, palazzo Chigi dovrà fare i conti con primi decreti fiscali la cui scadenza è prevista per il 21 aprile. Da qui, con tutta probabilità, la posizione attendista manifestata dall’Esecutivo, troppo preoccupato di disattendere le aspettative europee.
Al di là dei contenuti tecnici, di cui si è già lungamento discusso, la maggior parte delle attese sembrano tutte, ovviamente, concentrate sul quel bonus tanto decantato ma altrettanto pericoloso. Infatti, con le elezioni regionali alle porte, appare sempre più chiaro come quel miliardo e sei rischia di rivelarsi un vero e proprio boomerang per il Governo Renzi. Il motivo: la solita vecchia storia sulla politica che promette e non mantiene. Meglio attendere allora, ma non troppo. Sì, perché anche se per il momento dall’Europa arrivano messaggi di distensione, entro fine mese bisognerà, comunque, rendere conto a Bruxelles. Lì, infatti, non tutti vedono di buon occhio i sussidi ai meno abbienti o ulteriori aumenti della spesa pubblica, a maggior ragione se a farli è un paese che non rispetta i vincoli sul deficit. Ecco allora che il sospetto si fa sostanza. La sostanza di chi crede che alla fine dei conti quel “tesoretto” non sarà altro che un paracadute per le riforme già in atto. Quelle richieste in tempi non sospetti da Bruxelles, appunto, e per le quali il Governo si è già compromesso.
(Fonte immagine: http://www.economiaitaliana.it/)