Rom, l’integrazione è possibile
Salvini: “Radere al suolo i campi rom”, ennesima provocazione del leader padano. Ma è necessaria una seria riflessione sul tema scevra da ogni ipocrisia. Integrarli è possibile, ma serve uno Stato che usi mano ferma
di Marco Assab
Non riusciamo proprio a comprendere lo stupore per l’ennesima “salvinata”. Anche agli osservatori politici meno attenti non sarà sfuggito che da quando il Matteo padano ha preso le redini della Lega si è contrapposto al Matteo fiorentino, spostando il proprio partito sempre più verso destra. La Lega è oggi un partito di destra, che ha abbandonato la sua vocazione indipendentista/nordista, a favore di un nazionalismo esasperato, infarcito di populismo, razzismo e xenofobia. Per farla breve: la versione italiana del “Front National” di Marine Le Pen.
Che Salvini voglia radere al suolo i campi rom lo sapevamo già. Così come sapevamo che in visita ad uno di questi campi s’è ritrovato la macchina assaltata e sfondata da un gruppo di violenti. Però, indipendentemente da questi toni intolleranti e pericolosi, da condannare senza alcun dubbio, è necessaria una seria riflessione su questi “campi” che sia scevra da qualsiasi forma di ipocrisia e da ogni falso pietismo.
Le condizioni di vita delle persone che vivono in queste baraccopoli sono indegne di un Paese che si definisce “civile”. Questi campi spesso proliferano nell’incuria e nell’indifferenza delle istituzioni, si trasformano in bidonville con condizioni igienico-sanitarie precarie. Non può un Paese come l’Italia permettere simili scenari che mortificano l’uomo nella sua dignità. Non può nemmeno l’uomo di sinistra difendere un simile stato di cose, perché proteggere le minoranze, lottare contro il razzismo e la xenofobia, significa proprio fare in modo che simili ghetti non esistano, perché i campi rom sono una vera e propria politica di separazione dal resto della società. Questo è l’esatto opposto della tanto sbandierata integrazione, parola della quale molti politici sinistroidi abusano senza nemmeno conoscerne l’intimo significato.
Abbiamo più volte discusso in questa sede in merito al tema dell’integrazione. È un concetto molto ampio, che racchiude in sé tutta una serie di svariati elementi: casa, istruzione, lavoro… Nel caso dei rom la questione è assai più complessa. Il lettore sa chi sono i rom? Proviamo a fare chiarezza.
“Zingari” è il termine utilizzato per identificare genericamente un insieme di svariate etnie, tutte comunque originarie dell’India del nord e dedite al nomadismo fino al Medioevo, epoca nella quale si stabilirono in larga parte in Europa. Oggi la maggior parte dei popoli “zingari” (termine che, purtroppo, nei decenni ha assunto una inaccettabile connotazione dispregiativa) vive non più in condizioni di nomadismo, bensì stanziali. I rom, così come i sinti, sono una specifica etnia, precisamente la più numerosa. Non vengono dalla Romania, come taluni ignoranti pensano, ma sono distribuiti in tutta Europa, ed hanno svariate cittadinanze, ovviamente in base al Paese dove si sono stanziati (da secoli). Circa 650 mila vivono in Spagna, 500 mila in Francia, 800 mila in Brasile, un milione negli Stati Uniti… e in Italia? Nel nostro Paese vivono circa 130 mila persone di etnia rom, lo 0,22% della popolazione. Già questi numeri dovrebbero far sorridere il lettore: si tratta di un “problema” irrisorio per un grande Paese come dovrebbe essere l’Italia.
Ma se invece parliamo di una Repubblica delle Banane dove:
1) il sistema di assegnazione degli alloggi popolari non funziona;
2) la scuola pubblica……. vabbè andiamo al punto successivo;
3) i centri di collocamento non si capisce bene quali misteriose entità siano;
4) i campi rom sono un business, un’emergenza continua per la quale vengono erogati soldi pubblici a valanga che finiscono nelle tasche di affaristi senza scrupoli (abbiamo finalmente capito come funzionava a seguito dello scandalo denominato “Mafia capitale”);
appare evidente come integrare nel tessuto sociale un popolo molto peculiare come quello dei rom sia un miraggio.
Va poi osservato che accanto alle deficienze delle istituzioni, vi sono alcune specificità culturali, se così possiamo definirle, che non aiutano certamente i rom ad integrarsi. Alcune condotte potrebbero essere tollerate o quantomeno comprese, se praticate occasionalmente per reale bisogno, ma il problema è che oramai sono divenute parte integrante del loro stile di vita. Il mendicare ad esempio, ricorrendo anche all’uso dei bambini. Pur facendo ricorso a tutta la tolleranza possibile, non si possono accettare bambini rom mendicanti al mattino sulla metropolitana, orario in cui dovrebbero essere a scuola. Si tratta, con ogni evidenza, di un inaccettabile sfruttamento di questi piccoli.
Sarebbero poi da chiarire alcune palesi incongruenze, come ad esempio le macchine di grossa cilindrata parcheggiate in prossimità di campi e roulotte… Se sei povero quelle macchine non te le potresti permettere. Questo non è populismo, non è razzismo, è un domandarsi il perché di alcune evidenze che nessuno può negare.
Nei decenni, a causa di queste condotte, sui rom si sono addensate le nubi del sospetto e della diffidenza. Si è dunque innescato un circolo vizioso per il quale una persona di etnia rom, se volesse trovare un lavoro e vivere onestamente (e ce ne sono tanti) avrebbe grossissime difficoltà. Il pregiudizio sbarra la strada alla maggioranza di rom onesti che vorrebbero integrarsi. Dunque una comunità che vive ai margini (a volte anche volontariamente, qui non siamo ingenui), che non si integra nel tessuto sociale, non può far altro che vivere secondo canoni “non convenzionali”. Se cerco il lavoro e nessuno me lo offre, come faccio a vivere? Semplicemente delinquo. Vado a rubare e mangio. L’equazione è quanto mai elementare nella sua drammaticità.
Non vogliamo in questa sede discutere delle organizzazioni criminali di etnia rom, perché altrimenti si dovrebbe discutere anche della mafia, che non ha origini straniere, ma italianissime. Si vuole qui fotografare una situazione, dove le deficienze dello stato italiano, i pregiudizi, ma anche le condotte di vita scorrette e ormai croniche di certi rom, fanno si che un’integrazione vera di queste persone sia al momento davvero impossibile.
Il 95% dei lettori sicuramente obietterà: casa e lavoro non ci sono nemmeno per gli italiani, e dovremmo darli ai rom? La risposta è semplicissima. Nella sola Roma ci sono circa 200 mila alloggi sfitti. La casa ci sarebbe PER TUTTI, italiani, rom, egiziani, bengalesi e chi più ne ha più ne metta. Il lavoro? I centri di collocamento (collocamento un corno) trovano lavoro a circa il 4-5% del totale degli assunti. Non aggiungiamo altro.
Casa, lavoro, contrasto delle attività criminali, obbligo di frequenza nelle scuole per i bambini rom e lotta al loro sfruttamento con pene esemplari per gli sfruttatori.
Così si fa integrazione. Non siamo noi di Ghigliottina.it a dover trovare l’alchimia su come rendere possibile tutto questo. Compito del giornalismo è illuminare con la luce della verità un problema, segnalarlo, richiamare l’attenzione su di esso. Risolvere i problemi spetta alla politica.
In definitiva: i campi rom non devono esistere, perché ledono la dignità dell’uomo e ghettizzano un popolo che deve integrarsi, volente o nolente.