Roma e la meraviglia del Barocco
Fino al prossimo 26 luglio la Capitale celebra con un evento culturale multiforme il suo periodo (forse) migliore, il Barocco. Ricordandosi e rispecchiandosi nel secolo che è stato sia “d’oro” che “di ferro”
Dal e al Barocco non si sfugge; soprattutto non qui, in Italia, e, in particolare a Roma. Perché ci si accorge che, alla fine, il Barocco, a ben guardare, se ci si lascia travolgere travolgere – più che avvolgere – dalle sue elucubrazioni architettoniche e dalle sue ombre luminescenti che sulla tela si affiancano a proto “conversation pieces” (che troveranno terreno fertile nel secolo successivo, il XVIII, quello del barocchetto, del Rococò, momento di transizione prima lezioso e poi rivoluzionariamente proietatto verso il romanticismo degli inizi, lo Sturm und Drang delle inquietudini e dei pensieri lividi), il Barocco, dicevo, non è tanto, o meglio, solo la grande metafora della grande Roma dei Papi della Controriforma, ma lo è di se stesso.
Forse, proprio per questo suo oscillare tra la carne più tenera delle cortigiane più sacre, e l’orrore più abietto delle esecuzioni in piazza (il Seicento è, allo stesso tempo “Secolo d’Oro” e “Secolo di Ferro”; da un lato, le arti esplodono, spogliandosi gagliardamente delle sottigliezze Rinascimentali e ricucendosele addosso trapunte di stravaganze, dall’altro lo spettacolo della Morte è all’ordine del giorno), il Barocco avvince e non lo si può ignorare.
Pervasivo, mistico all’eccesso, fanatico e scandaloso, malinconico e sguaiato, Roma lo celebra con una mostra (dopo quella dedicata alla Roma del Seicento più cencioso, “I bassifondi del Barocco – La Roma del vizio e della miseria”, conclusasi a gennaio e ora al Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris fino al 24 maggio), che, in realtà, è una grande festa, un evento fatto di incontri, dibattiti, visite guidate, un percorso espositivo ospitato a Palazzo Cipolla, promosso dalla Fondazione Roma Museo, affiancato da eventi satellite che trovano il loro spazio vitale in altri palazzi illustri di Roma.
“Barocco a Roma – La meraviglia delle arti”, curata da Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli, con il supporto di un illustre comitato scientifico, si muove non solo tra le opere d’arte del Guercino, dell’immancabile Bernini (Gian Lorenzo), di Guido Reni, di Simon Vouet, tra affrante e svuotate Maddalene penitenti curvate sulla loro umanità ed ambigui San Sebastiano belli come ragazzi di vita, ma si insinua, si avvolge, si stringe e si dilata sulle conturbanti estasi mistiche di beate di marmo sottile come il confine tra sublime e grottesco, sulle architetture massicciamente spinte verso l’alto, celebrative di una Roma in cui il potere papale scopre le carte e si mostra per quel che è, in quel momento storico più forte che mai, mentre convive con superstizioni popolari e convenienti eresie.
Il clima della Roma del Barocco è quello della Controriforma, degli esiti del concilio di Trento. Gli echi del papato violento, folle e visionario di Alessandro VI Borgia sono, oramai, solo sussurri fantasmatici. La Roma del Seicento è la Roma di Urbano VIII, che sale al soglio pontificio quando l’Europa è stravolta dalla Guerra dei Trent’anni, verso la fine di quella fase definita Boemo-Palatina, mentre, in Francia, regna conto di Luigi XIII, tormentato erede di quell’Enrico IV di Borbone per il quale Parigi valeva bene una messa, in alleanza con l’audace Armand-Jean Du Plessis, che passerà alla storia come il ferreo e spregiudicato Cardinale Richelieu (diffidate dei moschettieri di Dumas, che di storico hanno, tutto sommato, ben poco); in Inghilterra, di lì ad alcuni anni, cominceranno a farsi strada le terribili lacerazioni tra corona e parlamento, che porteranno ad una serie ravvicinata di guerre civili, all’esecuzione, nel 1649, di re Carlo I e all’avvento del puritanissimo, miserabilissimo e pericolosissimo “regno” di Oliver Cromwell (ma, alla sua morte, sarà proprio il figlio di quel re giustiziato a tornare, dopo anni d’esilio, sul trono, richiamato dallo stesso popolo, con il nome di Carlo II).
Intorno a Roma, insomma, la storia ribolle e la Città Eterna, porta aperta sul mondo e sulla storia sin dalla sua creazione, ribolle a sua volta di Barocco che di questa storia interna ed esterna si alimenta e la rende ancora più immensa, in lei si specchiandosi, trasfigurandola e, di contro, trasfigurandosi in questo riflesso.
Quel “meraviglia”, nel titolo di questa mostra, che sarà vivibile (perché dire “visitabile”, per un evento tale, sarebbe mancare completamente il bersaglio) fino al prossimo 26 luglio, racchiude in sé l’anima del Barocco, di un’epoca riccamente schizofrenica, fatta di fasti inimmaginabili e di mostruosità uniche, di violenze mascherate da giustizia e di spinte orgogliosamente ribalde verso la conoscenza, verso la diffusione del pensiero, in lotta contro censure e repressioni.
Il Barocco di Roma racconta la meraviglia dell’umanità, caduta nella sua stessa trappola fatta di divino e di miserie abiette, di spinte verso il Cielo e di danze gioiose nel fango, di pietà tenerissima e di disgustosa violenza.
Non si sfugge facilmente alla meraviglia del Barocco romano.
Fondazione Roma Museo Palazzo Cipolla presenta:
Barocco a Roma – La Meraviglia delle Arti
fino al 26 luglio 2015
www.mostrabaroccoroma.it