Renzi: astro nascente o stella cometa di Silvio Berlusconi
Dopo quasi due anni di governo, secondo Davide Vecchi la figura di Renzi rimane un mistero. Diviso tra “rottamazione” e vecchie logiche politiche, Matteo ha conquistare il potere “scacciando” i suoi avversari
di Mattia Bagnato
Mentre il parlamento si appresta a votare la Legge elettorale, dal libro di Davide Vecchi: “L’intoccabile. Matteo Renzi la vera storia”, presentato venerdì 17 aprile al Festival del giornalismo di Perugia, emerge un’immagine del Presidente-segretario sconosciuta ai più. Il ritratto di un leader tutt’altro che estraneo e spaesato dalle logiche politiche. Anzi, quello che più colpisce, è proprio la scaltrezza e la political actitude con cui Renzi è riuscito a scalare le gerarchie di un partito allo sbaraglio. Un’arrampicata che, a detta di Augusto Minzolini, presente al Panel in qualità di uomo vicino a Berlusconi, è stata favorita da una serie di circostanze favorevoli, prima tra tutte la crisi della sinistra post-PCI, ma anche dallo sfacelo di un centro-destra in crisi di identità.
L’avvento del “renzismo” però, secondo Peter Gomez, anche egli ospite all’incontro, sarebbe anche la diretta conseguenza di un “Governo di piccolo cabotaggio”. L’assenza, tutt’altro che casuale, di figure di spicco, non avrebbe fatto altro che farne emergere la figura. Una strategia che lo stesso Gomez ritiene sia stata utilizzata anche all’epoca in cui era Sindaco di Firenze. Alla base del Renzi brand ci sarebbe, quindi, l’idea del nuovo che scalza il vecchio e che da questo cerca, solo all’apparenza, di smarcarsi.
Matteo “il rottamatore” quindi, da quanto si apprende leggendo questo libro, per quanto impegno ci abbia messo, non sembra essere riuscito affatto a prendere veramente le distanze da alcuni poteri forti, venendone inevitabilmente risucchiato. Come quei capitani d’impresa e business men che Matteo non ha saputo, o voluto, mettere all’angolo, finendo invece per accontentare. Il simbolo più evidente di questa supposta debolezza politica sarebbe palesata dalla scelta di abolire l’articolo 18, segno tangibile, a detta di Vecchi, della manifesta incapacità di contrastarli.
La questione dell’articolo 18 però, secondo lo stesso autore, sarebbe anche il leitmotiv che collega la storia politica dell’ex Sindaco di Firenze a quella di Silvio Berlusconi. Un filo conduttore che parte da molto lontano. Da quando, scrive Vecchi, nel 2005 l’ex Cavaliere in visita nel capoluogo toscano entra in contatto con Matteo Renzi. Dal quel momento in poi, infatti, è stato un “amore a prima vista” che dura ancora oggi. Un “sentimento” così forte, da far dire a Minzoli, che se Matteo fosse stato il segretario nazionale di Forza Italia nessuno avrebbe notato la differenza.
Il dualismo Renzi-Berlusconi, però, rivive anche nel rapporto tra potere e relazioni personali. Matteo come Silvio, infatti, ha saputo sfruttare alla perfezione, afferma Marianna Aprile unica rappresentante del gentil sesso al meeting, l’aspetto affettivo che lo lega con il suo entourage politico. Unica distinzione, però, è che mentre Berlusconi privilegiava il politico al personale, finendo per stringere relazioni che durano finché gli interessi politici rimangono solidi. Renzi, invece, sembrerebbe aver optato per la soluzione opposta, privilegiando i rapporti personali. Un dato, questo, che emerge con chiarezza osservando la rete di amicizie che Matteo ha saputo tessere nella sua carriera politica e che il giornalista de Il Fatto quotidiano ha ricostruito nei minimi dettagli.
L’ascesa incontrastata, tuttavia, non è l’unica peculiarità che caratterizza il “fenomeno Renzi”. L’altro elemento, molto più importante, riporta alla mente un tempo che fu. Una fase che, oggi come allora, marca un netta linea di separazione con il passato. Il paragone, uscito con chiarezza dal dibattito, questa volta è con De Mita. Con colui, cioè, che viene considerato l’antidoto alla crisi politica innescata da tangentopoli. Anche Renzi, infatti, ha scelto di puntare tutto sulla leadership per conquistare il successo politico. Non è un caso, infatti, che “l’uomo solo al comando” non abbia voluto lasciare la carica di segretario del partito. Ma soprattutto, secondo Davide Vecchi, ciò che caratterizza la strategia renziana è proprio quella presenza territoriale tipica della DC.
Dalle pagine di questo libro, infine, ciò che salta agli occhi e che lascia quanto meno perplessi è quell’alone di mistero che circonda l’origine di una parte dei finanziamenti ricevuti da Renzi. Infatti, l’autore sembra aver potuto ricostruire solo una piccola parte di qui flussi di denaro. La restante, circa 2 milioni di euro, rimane oscura. Un’ambiguità di cui l’autore non ha voluto “incolpare” il Presidente del Consiglio, perché sarebbe il frutto, usando un termine molto caro a Renzi di questi tempi, di una legislazione particolarmente “flessibile”. Questo aspetto dell’inchiesta di Davide Vecchi ci riporta a quanto detto all’inizio, cioè che dietro a Matteo Renzi ci siano, ancora, quegli stessi poteri forti che non hanno mai smesso di influenzare le scelte politiche dei Governi.
Fonte immagini: http://www.wilditaly.net/;
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