Lo stato delle cose nello Yemen diviso a metà
In sole due settimane, la terra yemenita ha subito stravolgimenti interni ed esterni. Scoppio di bombe quotidiane e risoluzione di pace dell’Onu per un futuro ancora invisibile agli occhi. La contesa piu grande pone in sfida due giganti del potere; Iran ed Arabia Saudita
“Restoration of Hope”, questo il nome dell’azione compatta di mano saudita finalizzata alla ricostruzione del Paese Yemen. In soccorso ad una vecchia e mortale campagna militare, la “Decisive Storm”, da poche ore il generale saudita Ahmad Asiri ha annunciato una decisione dalla potente forza mediatica – seppur incerta efficacia terrena. La fine dei raid aerei contro le forze ribelli Houti sembra ora aver davvero inizio. Scelta dovuta dopo le ultime parole del presidente yemenita Abd Rabbo Mansur Hadi.
Mutamenti di elevata proporzione non sono ancora previsti nella storia della crisi yemenita. Le vittime crescono e l’ombra dell’insicurezza non accenna a fermarsi. Un caos, quello dello Yemen, con radici storiche e profonde alimentate negli anni dalle influenti mani sciite Iraniane e dai prorompenti mezzi economici e gestionali della padrona sunnita mediorientale: l’Arabia Saudita.
Su questo duello, il presidente iraniano Hassan Rohani ha soffiato aria incendiata nel giorno della cerimonia militare dell’esercito nazionale iraniano. In quell’occasione Rohani ha indirettamente definito i sauditi dei suoi antagonisti geopolitici, puntando il dito contro tutti i promotori di un governo ancora una volta immagine e somiglianza del Paese che fu di Khomeini.
L’intervento militare a guida saudita nello Yemen porterà soltanto disgrazie agli aggressori. In quegli stessi giorni, l’opinione pubblica ha iniziato a far udire la sua voce su di una possibile presa in considerazione del piano di pace Iraniano. L’Ingerenza di Teheran fa voltare le spalle a molti e questo non sollecita il tentativo di ricongiungimento tra fazioni etniche, religiose e politiche contrastanti.
La risposta yemenita arriva per bocca del ministro degli Esteri iraniano, che aveva presentato una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e al presidente del Consiglio di Sicurezza, che delinea un piano di pace in quattro punti per lo Yemen, dove gli attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno preso di mira le milizie Houthi per oltre tre settimane.
Il piano, che il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha annunciato all’inizio di questo mese, intende lanciare un forte messaggio: attivare un immediato cessate il fuoco e la fine di tutti gli attacchi militari stranieri, l’assistenza umanitaria, la ripresa di dialogo nazionale e la “costituzione di un governo di unità nazionale in Yemen”.
La difficile convivenza tra sciiti e sunniti nel territorio cuscinetto dello Yemen potrebbe però far riflettere sul fatto che, comunque, i due spadaccini statali dall’umore rabioso, sono per prima cosa uomini, semplici e meno semplici nel vivere la propria quotidianità – e a ben vedere il dialogo si costruisce proprio nella quotidiana sfera individuale. Incrociandola con quella degli altri puo prendere vita una qualche forma di compensione e rispetto, in caso contrario può sfociare nell indifferenza e, come in questo caso, nella poca considerazione di molta parte della popolazione, vittima di bombe e di odio.
“Questa è una guerra tra essere umani. Non tra sciiti e sunniti, non tra cristiani e musulmani… sono uomini contro uomini”. A pronunciare queste parole è stata la bocca del premio Nobel per la Pace Tawakkol Karman. Una lucida visione dei fatti la sua, che contrappone il sostegno iraniano agli Houti nel nord – con a fianco anche l’ex presidente deposto Saleh – ed una restante parte molto piu vicina all educazione e ai suoi modi rigidamente formali della ricchissima Arabia Saudita.
Al di là della sfida raccontata dai media internazionali, nello Yemen “Failed State”, vive gente con la luce della paura che fa da cornice ai volti. Questo è frutto di anni di crisi interne dalle quali Karman ne è uscita vincitrice e orgogliosamente attiva per la terra di sua origine ma lascia un messaggio tagliente alla comunità internazionale: tenere sotto stretta attenzione l’agire Iraniano, una “minaccia”, come definisce la stessa Karman, contro la sicurezza di arabi e di cittadini in generale.