Elezioni Gran Bretagna, per Cameron e Miliband sarà testa a testa
A due settimane dalle politiche in Gran Bretagna i programmi sono pubblici e si preparano le intese
di Sara Gullace
Avanza il dibattito elettorale per le politiche del 7 Maggio in Gran Bretagna. La scorsa settimana i leader di Laburisti, Conservatori, Liberal Democratici e Partito per l’Indipendenza (Ukip) hanno svelato il rispettivo programma politico.
Quando mancano quindici giorni per il voto che eleggerà il nuovo Primo Ministro e rinnoverà la Camera dei Comuni del regno, gli sfidanti sono, ancora una volta, a capo del Labour Part, Ed Miliband, e del Partito Conservatore, David Cameron – quest’ultimo, Prime Minister in carica dal 2010. La maggioranza assoluta è lontana per entrambi i concorrenti: i Libdem di Nick Clegg e il nazionalista Ukip di Nigel Farage saranno i primi candidati per l’alleanza di governo.
E mentre Miliband ha scelto la strada della responsabilità fiscale per ridurre il deficit senza gravare sul debito pubblico, facendosi “protettore delle finanze del Paese” e cercando di invertire le precedenti politiche no-budget del Labour, Cameron punta tutto sulla classe lavoratrice, mettendola al centro delle politiche sulle case di proprietà e cercando, in questo modo, di cancellare la figura di “partito dei ricchi”.
Entrambi i leader sembrano essere coscienti della necessità di dover cambiare l’immagine propria e dei rispettivi partiti che guidano, se vorranno guadagnare la stima degli elettori.
Per riconfermarsi, Cameron cerca di toccare il cuore dell’elettorato con un volto nuovo: “Siamo il partito dei lavoratori. Se volete un futuro migliore per voi e per i vostri figli – ha chiesto – lasciateci continuare il lavoro e finire ciò che abbiamo iniziato”.
Il suo impegno si delinea su finanza pubblica, ampliamento degli accessi alle case popolari e Unione Europea. Punti chiave del suo manifesto, infatti, sono l’eliminazione del deficit nel prossimo mandato, estendere il diritto di acquisto d’abitazione popolare (per aumentare a 500 mila gli aventi diritto), il congelamento delle tasse per i salari minimi e l’ampliamento delle ore di estensione dal lavoro per genitori con figli piccoli. Maggiore investimento per il sistema sanitario ed un referendum sull’uscita dall’Unione.
Più volte, nel corso della campagna elettorale, Cameron ed i conservatori hanno sottolineato la ripresa economica e la diminuzione della disoccupazione degli ultimi mesi: trend opposto “all’eredità lasciata dai laburisti Blair e Brown”.
Se il Primo Ministro in carica punta su un maggiore sforzo, il suo diretto avversario Miliband ha scelto la strada della prudenza: riduzione progressiva del deficit entro il 2020; investimento di 2500 milioni (di sterline) nella sanità pubblica. Uscita compensata con la Tax Mansion: la tassazione degli immobili oltre i 2 milioni. Congelamento delle fatture di alcuni consumi fino al 2017 e riduzione delle tasse universitarie sarebbero compensati da nuove imposizioni sui redditi più alti.
Il programma per una “politica più equa” del Labour ha basi ragionate: “Posso assicurare alla gente britannica che tutto quanto contenuto in questo programma ha una copertura – ha assicurato il leader nel presentare il manifesto di partito – I conti saranno equilibrati e il debito si ridurrà. Con me come premier non ci saranno interessi che si contrappongano a quelli dei lavoratori di questo paese. Sarà questa la mia missione”.
Una delle forze di “appoggio” saranno i liberaldemocratici. Il loro leder, Nick Clegg, ha promesso “un’ alleanza con coscienza”, dove dovrà esserci spazio per i cardini della sua politica relativamente a sanità, fisco, ambiente e deficit.
Aumento dell’indennità fiscale, ridefinire la tassazione su criteri di equità rispetto alle entrate dei contribuenti, investimento di 8 miliardi sulla spesa sanitaria senza distinguo tra comparto fisico e psichiatrico, nuove leggi per combattere il cambio climatico. “Votare per noi – ha dichiarato Clegg– vorrà dire votare per un’economia più forte ed una società più equa. Daremo – ha continuato – un cuore ad un governo conservatore, ed un cervello ad un esecutivo laburista”. Con una parte o l’altra, Clegg si vede protagonista del futuro politico britannico.
Gli indipendentisti di Nigel Farage perseguono l’uscita dalla Comunità Europea. “Possiamo riavere il nostro Paese” è stato l’esordio del leader nazionalista, che ha poi proseguito: ‘‘Si ad un accordo commerciale con l’Europa, si ad un buon rapporto di vicinato; ma vogliamo disperatamente un referendum per poter liberare questo Paese dall’unione politica’‘, ha detto il leader di Ukip.
Taglio drastico all’immigrazione, introduzione di livello soglia per gli stranieri in ingresso (con un massimo di entrata di 300 mila annui), la sistematizzazione dell’espulsione di quelli non professionalmente specializzati ed il referendum per lasciare l’Unione sono i punti chiave del manifesto degli euroscettici. Con l’Ukip nella maggioranza, la Difesa riceverebbe il 2% del Pil e i salari minimi non avrebbero aumenti di imposte. Anche l’Ukip, comunque, dovrà accontentarsi di avere un ruolo nel gioco delle alleanze: dopo l’exploit elle europee di un anno fa, infatti, fatica ad affermarsi come forza individuale.
Gli ultimi sondaggi nazionali descrivono una lotta pari passo: Conservatori e Labour a braccetto con il 34%, seguiti da Ukip, 13%, Liberal Democratici con 9% e, un gradino più in basso, i Verdi della Bennet che, con l’attuale 5%, completano il quadro delle possibili intese.