Al Maxxi di Roma una mostra “Bellissima”
La creatività italiana dell’Alta Moda dal 1945 al 1968 raccontata nella mostra “Bellissima”, un raffinato e spettacolare allestimento al Maxxi fino al 3 maggio
Se esistesse l’equivalente della Sindrome di Stendhal applicata alla moda, un luogo dove sperimentarne i sintomi sarebbe al terzo piano del Maxxi, sede dell’apprezzata mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945 – 1968. Una mostra che dal titolo enuncia una full immersion nella bellezza, con echi sia al celebre film di Luchino Visconti con Anna Magnani, sia al termine noto in tutto il mondo come sinonimo di femminilità che risplende di joie de vivre.
Moda, arte, cinema e fotografia si sono dati appuntamento al Maxxi per celebrare un’epoca ricca di vitalità culturale, che inizia a muovere i primi timidi passi nel secondo dopoguerra, quando era forte il bisgono di ricostruire e di lasciarsi alle spalle le miserie del Secondo Conflitto Mondiale, e si protrae fino alle soglie del rivoluzionario 1968, anno-cesura che rimetterà usi e costumi sottosopra. Un arco temporale di poco più di vent’anni dove prende forma e identità una via italiana al glamour e allo stile.
Sono anni vivaci, il fermento creativo dei couturier e degli atelier nostrani e il meglio del gusto italiano danno vita, definendolo, a uno stile di vita apprezzato in tutto il mondo, l’Italian style. Sono i tempi in cui prende il via il Made in Italy, sinonimo di lusso ed eccellenza artigianale, che diventa il biglietto da visita del nostro Paese sulla scena internazionale.
Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 non è una mostra storica, ma vuole raccontare il connubio tra “alta” sartorialità, industrie tessili e artisti e di come queste componenti hanno dato vita al comparto della moda italiana – che inizia con l’alta moda e poi inanella l’alta moda pronta e infine il prêt-à-porter – e di come si sono intrecciate con il jet-set, tra famiglie della grande nobiltà e dive del cinema di Cinecittà e della Hollywood sul Tevere, quando Roma era il centro del mondo e la dolce vita un modo di stare al mondo. Questo l’intento dei curatori della mostra Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo e Stefano Tonchi.
Lo spettacolare allestimento pensato dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo vede lo spazio scenico allestito come una passerella, dove 80 abiti raccontano un percorso declinato in otto tematiche: Arty, Giorno, Bianco e Nero, Cinema, Gran Sera, Cocktail, Esotismi e Space, evidenziando l’affermarsi di tendenze e affinità creative e stilistiche tra le grandi sartorie del tempo. Ci sono le creazioni della Sorelle Fontana, gli abiti-scultura di Roberto Capucci, i pigiama-palazzo inventati dalla principessa russa Irene Galitzine, e poi gli abiti di Fernanda Gattinoni, Delia Biagiotti, Emilio Schubert, Germana Maruccelli, gli abiti che Fausto Sarli disegnò per Mina per il programma tv Studio Uno, Fendi con un abito-pantalone in lapin nero, alcuni Valentino tra i quali un celebre abito da sera in raso, strass e paillettes indossato da Jacqueline Kennedy.
L’esposizione fa “dialogare” gli abiti con opere d’arte di Fontana, di Burri, ma anche Accardi, Capogrossi, per citarne alcuni, perchè nell’età dell’oro che segnò la nascita dell’Alta Moda italiana, gli artisti intrecciavano un dialogo continuo con i designer, o ideale come pura ispirazione o pratico come collaborazione fattiva. Roberto Capucci crea un cappotto dall’esplicito titolo di Omaggio a Burri, Mila Schön si ispira alle opere di Lucio Fontana, che rievoca in un cappotto con intarsio che rieccheggia i famosi tagli.
Puntellano la narrazione visiva proposta dall’allestimento degli elementi altrettanto importanti per definire un look: cappelli, meravigliose scarpe di Ferragamo – come il modello Madonna creato per Sophia Loren e il sandalo Ranina creato per Anna Magnani-, borse-icona come la Bamboo Bag di Gucci e preziose creazioni d’epoca di Bulgari, main partner della mostra, pezzi unici di alta gioielleria che sono indicativi della sperimentazione nel design perseguita dalla Casa, come dimostra la collezione Serpenti in oro, diamanti e smalti, dove il colore rende ancora più sontuosa la parure di collana e orecchini.
A corredo della mostra ci sono video e pubblicazioni editoriali d’epoca, che svelano i retroscena della macchina della moda italiana e del tentativo, ben riuscito, di rendere gli Stati Uniti il suo palcoscenico. Tra i tanti documenti spicca la chicca di un’opera inaspettata di Fernanda Pivano Le favole del ferro da stiro.
Come totem alle pareti ci sono le gigantografie di foto iconiche di Ugo Mulas e di Federico Garolla insieme agli scatti di Pasquale De Antonis con le “sue” modelle che irrompono tra le rovine della Roma antica.
Un mostra-antidoto alla volgarità, attraverso un viaggio nel costume e nel lusso.