Amianto, la fibra killer uccide ancora
L’Italia è un Paese ancora pieno di amianto, con gravi rischi per la salute dei cittadini. Sul nostro territorio si stimano 32 milioni di tonnellate di amianto da bonificare. Le morti causate da questa fibra pericolosissima sono quattromila ogni anno
L’amianto, il cancerogeno ambientale più diffuso e pericoloso, continua silenziosamente a uccidere. Secondo le stime diffuse da Cnr-Inail in Italia ci sarebbero 32 milioni di tonnellate di amianto da bonificare, 34mila i siti contaminati dalla micidiale fibra. Il Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente calcola 75mila ettari in cui è accertata la presenza di materiale in cemento-amianto.
La fibra cancerogena in Italia è stata largamente utilizzata fino agli anni Ottanta per le sue eccezionali proprietà di resistenza al fuoco, di isolamento termico ed elettrico e per la facilità di lavorazione. L’impiego più ampio è stato per la produzione della miscela cemento-amianto, meglio conosciuto come Eternit.
A 23 anni dal divieto di utilizzo l’amianto è ancora diffusissimo, in diverse forme, sul nostro territorio. Pochissimi gli interventi di bonifica realizzati. Il problema sanitario e ambientale non sembra essersi risolto.
Il Registro Nazionale Mesotelioma calcola, ogni anno, 4mila morti a causa della fibra killer, di cui 1.200 per mesotelioma. L’amianto rappresenta dunque un grave pericolo per la salute dell’uomo. Le fibre, di cui è costituito, possono essere presenti in ambienti di lavoro e di vita, venire inconsciamente inalate ed entrare in profondità negli alveoli polmonari. L’esposizione al minerale può causare carcinomi polmonari, tumori del tratto gastro-intestinale e della laringe. Le malattie possono manifestarsi dopo molti anni, a volte a distanza di 40 anni dalla prima esposizione.
I più grandi produttori mondiali di amianto sono stati Canada, Africa del Sud e Stati Uniti. In Italia l’attività estrattiva era svolta presso la miniera di Balangero in Piemonte. L’impiego è stato poi messo al bando nel 1992 con la legge 257. La normativa, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti l’estrazione e la lavorazione della sostanza nociva, è stata la prima a occuparsi anche dei lavoratori esposti all’amianto.
Le zone con mortalità più elevata sono concentrate a Monfalcone (Gorizia), Trieste, Genova, La Spezia, Taranto. Bari è un’altra delle aree più a rischio perché sede, fino al 1985, dello stabilimento Fibronit, fabbrica di manufatti a base di materiali altamente cancerogeni. Casale Monferrato (Alessandria) èinvece tristemente nota per esser stata sede, per circa 80 anni, della più grande fabbrica di cemento-amianto della Eternit, che ha provocato migliaia di morti.
Ed è proprio la sentenza sul processo Eternit che torna a far discutere e indignare. Il 19 novembre 2014 (qui il nostro articolo) la Corte di Cassazione ha infatti dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato di disastro ambientale, annullando la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Torino al magnate svizzero Stephan Schmidheiny proprietario di Eternit e revocando il risarcimento ai familiari delle 2.191 vittime delle fabbriche di cemento-amianto. La decisione della Consulta travolge dunque il diritto a tutti i risarcimenti. Le migliaia di morti per tumore, provocato dall’inalazione di polveri d’amianto, non avranno alcun risarcimento.
Intanto parte il processo Eternit bis: in questo caso l’accusa per Schmidheiny è di omicidio volontario aggravato per 258 vittime.
In occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, che si celebra ogni anno il 28 aprile, Legambiente è tornata ad esprimersi sulla questione: “Il risanamento ambientale, la bonifica e il corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto devono essere le priorità per portare a zero il rischio“, ha dichiarato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico dell’associazione ambientalista, precisando che “è urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati”. Zampetti ha aggiunto: “È poi necessario promuovere una corretta informazione sul problema amianto, su come comportarsi per eseguire interventi corretti e sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre, dovuta al deterioramento delle strutture, ma anche allo smaltimento illegale dei materiali“.
Nel dossier “Liberi dall’Amianto“, Legambiente ricorda che, sebbene la Legge 257/92, prevedesse Piani Regionali Amianto, redatti entro 180 giorni dalla sua pubblicazione, a oggi Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna non li hanno ancora approvati. Enormi sono poi i ritardi nel censimento, necessario per calcolare le quantità da recuperare. Sono solo 10 le regioni che hanno realizzato la mappatura dell’amianto: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta. Gli interventi di bonifica sono ancora molto indietro su gran parte del territorio e si stima che ci vorranno almeno 85 anni prima di arrivare ad una totale azione di risanamento.
I numeri allarmanti sulle vittime provocate dell’amianto e i dati preoccupanti forniti da Legambiente sul mancato risanamento e bonifica, dovrebbero far riflettere sull’urgenza e la necessità di una soluzione efficace. Prioritario è l’inserimento nel codice penale dei delitti d’inquinamento e disastro ambientale, per evitare nuovi crimini. Il problema è ancora troppo lontano dall’esser risolto, manca la formazione e la corretta informazione dei cittadini, che sempre più spesso sono vittime inconsapevoli di questo killer silenzioso.
Far prescrivere un reato così terribile non è da paese civile!!! Ci siamo indignati tutti… Dico brava a te per averci ricordato che il 28 aprile si celebra la giornata mondiale delle vittime dell’amianto per i 2191 morti, che non hanno avuto giustizia ma saranno ricordati nelle nostre preghiere.