Il Governo di David Cameron sfida l’Europa

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Nessun rivale per il Partito Conservatore alle elezioni politiche britanniche: nominati i ministri, ora David Cameron pensa a trattare con Bruxelles

di Sara Gullace

david cameron, gran bretanga, elezioni politiche ukLa Gran Bretagna è tutta dei Tories. David Cameron si conferma alla guida del Paese e potrà governare da solo. Il suo primo impegno è stato la formazione del nuovo governo: questa volta, tutto conservatore.

Tra le 27 nomine, quasi un terzo sono di Ministre. Questi gli incarichi chiave: alle Finanze torna George Osborne, che assume anche il ruolo di Segretario di Stato. Agli Esteri e agli Interni confermati Philip Hammond e Theresa May. Hands al Tesoro, Patel all’Occupazione, Morgan per l’Istruzione, Gove per la Giustizia e Hunt per la Salute. Chris Grayling presiederà la Camera dei Comuni mentre Baroness Stowell la Camera dei Lord.

Dopo una campagna elettorale caratterizzata dal testa a testa fino agli ultimi sondaggi, dove sembrava che Liberaldemocratici e Indipendentisti dovessero essere ago della bilancia ed avere un ruolo chiave nelle successive coalizioni, l’elettorato britannico ha sorpreso tutti, confermando nettamente il Partito Conservatore. Senza repliche: oltre 11 milioni e 300 mila voti per 331 seggi su 650, 24 in più rispetto al 2010.

Elementi chiave del successo conservatore sono stati da una parte, la ripresa economica e l’abbassamento della disoccupazione raggiunti durante il mandato uscente e, dall’altro, la questione europea. Buona parte dei voti di Cameron provengono dall’elettorato indipendentista (Ukip): in caso di vittoria laburista sarebbe sfumato il Referendum anti-UE che Cameron, invece, garantisce.

Da subito confermate, infatti, le intenzioni sulla permanenza (o meno) nell’Unione Europea:Possiamo fare della Gran Bretagna un luogo dove il buon vivere è alla portata di chiunque abbia voglia di lavorare e fare le cose in modo giusto – ha detto ancora Cameron – Ma si, ci sarà un referendum sul nostro futuro in Europa”. Il Referendum, quindi, si farà entro il 2017.

A breve inizieranno i negoziati con Bruxelles: vero obiettivo del Premier sarà riconquistare alcune politiche di settore critiche per il consenso britannico e, quindi, la stabilità del governo; senza rischiare, però, una completa uscita di scena che comprometterebbe i rapporti commerciali.

Cameron chiederà a Bruxelles di rivedere i vincoli in termini di politica agricola, politica sociale, giustizia, energia, mercati finanziari e, soprattutto, immigrazione. Su quest’ultimo aspetto, così delicato, il Presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker, si è già espresso definendo “non negoziabili i fondamenti dell’Unione, come la libera circolazione di persone”. Il tavolo delle trattative sarà teso.

Oltre alla questione europea, saranno immediatamente centrali economia e stabilizzazione occupazionale. La prima uscita del confermato Premier è nel nome delle promesse che vorrà mantenere: “Metteremo insieme le varie nazioni del nostro Regno Unito – ha detto Cameron – In questo parlamento rispetterò la mia parola e realizzerò il più velocemente possibile la devolution che tutti i partiti hanno concordato per il Galles, la Scozia e l’Irlanda del nord”.

Dopo il flop delle urne, i partiti concorrenti hanno perso anche i loro rispettivi leader. Ed Miliband e Nick Clegg hanno fatto un passo indietro venerdì scorso. Il laburista Miliband ha riconosciuto quello che è stato il peggiore risultato da 30 anni a questa parte, decidendo di uscire di scena: “Mi assumo la piena e totale responsabilità di questo risultato. Sono profondamente dispiaciuto per tutti i colleghi che hanno perso i loro seggi” è stata l’immediata reazione. Per poi riconoscere la necessità di un cambio: “Il Regno Unito ha bisogno di laburisti forti. E’ tempo ormai che qualcun altro assuma la leadership”.

Chi ha perso voti ma non il suo leader è l’Ukip: anche Farage aveva deciso di lasciare posto ad un successore ma è poi tornato sui suoi passi spinto dalla fiducia del suo gruppo. Gli indipendentisti, così, danno prova di una coerenza e coesione interna tanto forte da superare la sconfitta – elementi di cui avrebbe bisogno la sinistra britannica, per rinascere.

Questo, lo scenario dopo le urne: trionfo con il 36,9% del Tory, ben distanziato il Labour con il 30,4%, l’Ukip ha raggiunto il 12,6%, Liberal Democratici fermi al 7,9%, al 4,7 il SNP mentre i Verdi si sono aggiudicati il 3,8%.

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