Il blocco degli scrutini è legittimo
Aspettando il 20 maggio, giorno previsto per il voto finale sulla “Buona Scuola, i COBAS convocano il blocco degli scrutini
Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia degli scioperi, ha dichiarato che, in caso di blocco degli scrutini, “il ricorso allo strumento della precettazione sarebbe la via obbligata e doverosa per evitare la paralisi dei cicli conclusivi dei percorsi scolastici”. È giunto il tempo della “responsabilità” ha continuato perentorio Alesse, bisogna evitare che le proteste assumano forme “eclatanti”.
Stando a quanto dichiarato dal garante degli scioperi non sembrano esserci alternative: il blocco degli scrutini non si può fare, gli scrutini (cioè le valutazioni scolastiche di fine anno) al massimo si possono rimandare (basta l’assenza anche di un solo insegnante appartenente al Consiglio di Classe, ndr); questo per via di un accordo sul diritto di sciopero firmato, anche dai maggiori sindacati, nel 1999 che, da allora, è allegato al Contratto Nazionale di Lavoro degli insegnanti.
Il blocco degli scrutini è limitato in particolare dal terzo comma dell’articolo 3: non si possono organizzare scioperi “a tempo indeterminato” o che durino più di due giorni consecutivi, non si possono bloccare gli scrutini delle classi a fine ciclo (esami di terza media, quinta superiore, abilitazione professionale), in più, nello specifico per quanto riguarda le classi che non sono a fine ciclo, non si può rimandare la data di uno scrutinio per più di 5 giorni a causa di uno sciopero.
In ogni caso le “minacce” di Alesse – il suo compito è solo quello di giudicare la congruità degli scioperi convocati con la legge-capestro 146/90; non può “precettare”, tale potere che spetta ai prefetti – non hanno sortito l’effetto voluto.
I COBAS – nonostante non compaiano tra i sindacati firmatari dell’accordo di cui sopra, devono comunque attenervisi – non hanno lasciato spazio alle interpretazioni: convocati “due giorni di sciopero”, cioè quelli consentiti dalla legge, “i primi dopo la fine delle lezioni, articolati regionalmente” si legge in un comunicato. La sfida al governo è aperta e sarà svolta in modo del tutto “legittimo” e “legale”.
Piero Bernocchi, portavoce del sindacato, auspicando l’adesione di tutte le altre sigle al c. d. blocco degli scrutini e la partecipazione del “popolo della scuola pubblica” alla protesta, ha aggiunto: “restiamo in attesa di una nuova convocazione del cattivo maestro Renzi”, alludendo al quantomeno “scenografico” video della lavagna in cui compare il premier per spiegare la “Buona scuola” (omettendo qualche “piccolo” particolare).
Sì, ma per la “precettazione” come la mettiamo? È sempre Bernocchi a parlare: “È stata sbandierata ai quattro venti e ingigantita, con lo scopo di intimorire i lavoratori e le lavoratrici”. In ogni caso, “anche se si dovesse andare oltre i 2 giorni di sciopero, sono previste unicamente sanzioni pecuniari (quale professore rischierebbe, con lo stipendio che si ritrova, una sostanziosa multa?, ndr), non precettazioni” ha inoltre precisato. Lo stesso Renzi ha affermato che il tema delle precettazioni, al momento, è “prematuro”.
Per quanto riguarda gli altri sindacati: Francesco Scrima, segretario della Cisl, ricorda che “abbiamo un confronto in corso”, insomma, “tutto dipende dalle risposte che arriveranno dall’esecutivo”. Massimo Menna della Uil precisa che “se non ci saranno risposte dall’Esecutivo e modifiche in Parlamento continueremo la mobilitazione e andremo a ulteriori scioperi che potrebbero coinvolgere anche scrutini, ma nel pieno rispetto della legge”. Nel frattempo, la “Buona Scuola” continua il suo iter, sono stati approvati i primi 7 articoli (tra di essi anche uno dei più controversi, quello sul preside “manager”).