Azerbaijan, il Paese dalle strategie europee
Ci sono almeno tre buoni motivi per capire da quando e per quanto l’Europa stringerà sempre di più la mano all’Azerbaijan: cultura e religione, energia e sport
Il suo nome risuona a molti fin troppo poco musicale, con una cadenza e affiancamento di lettere il cui suono sucita spesso un irrefrenabile inarcamento delle sopracciglia con tanto di grandi e spalancati occhi increduli – il tutto completato dal comune e oramai banale commento “ma quel posto è sicuro?”. Ebbene, l’Azerbaijan è molto più di un “posto”: è uno Stato, una forma di governo repubblicana bagnata dal ricco Mar Caspio e vicina terra dell’Iran sciita, della sempre più europeista Georgia, della grande Russia ed il suo cugino nemico – l’Armenia, Paese col quale da anni si combatte una guerra congelata a tratti infuocata, per la rivendicazione del Nagorno Karabakh.
Baku è la capitale di questo che è oggi un Paese ed una realtà a noi sempre più vicina e necessaria, nonostante i racconti e la Storia non diano giustizia a esistenze statali ex sovietiche ora in forte accelerazione per consenso internazionale.
La ricchezza della città, la grande città con quasi 2 milioni di abitanti, è violenta nel suo imponente modo di manifestarsi, il suo prendere forma con strutture, edifici, parchi geometricamente curati, grattacieli così specchiati da vederci dentro cieli riflessi con nuvole annesse. Un lungomare che sembra proteggere e accogliere le varie piattaforme di estrazione di petrolio, la cantieristica incessante per l’avvio del Tanap e del Tap (di cui abbiamo parlato tempo fa in questo articolo), gasdotto che approderà direttamente sulle coste salentine per soddisfare gli affamati di gas e allontanare il vizio di fumo di dipendenza chiamato Russia.
Tuttavia Baku non è soltanto modernità portata all estremo, vie lussuose per chi ama passeggiare, cordialità straniera per lo straniero di turno in patria. Baku è volutamente in gara per sentirsi nominare principale referente dello scambio di saluti e affinità, mani che si salutano e discorsi preimpostati sul tema della globalità e diversità al tempo stesso, da tutelare e da rispettare.
In uno di questi fatiscenti e futuristici edifici, il centro culturale Heydar Aliyev Center, si è svolto nelle giornate del 18 e 19 maggio, Il 3° “World Forum of intercultural dialogue”. Grande cerimonia di apertura, con annesso coro al femminile di bimbe patriottiche, per un evento di richiamo internazionale promosso dall’UNESCO, dall’Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite, dall’Organizzazione mondiale del Turismo, dal Consiglio d’Europa, dall’ISESCO e dal Centro Nord-Sud del Consiglio d’Europa. Il tema di questa terza edizione è stata la cooperazione e la sostenibilità per l’agenda post 2015. Centro Paesi rappresentati da alte cariche ministeriali e diplomatiche, incroci di culture, religioni e modi di pensare.
Ad aprire le danze, le parole di immediata esaltazione e vanto del proprio Paese pronunciate dal presidente Ilham Aliyev: “L’Azerbaijan, paese di convivenza culturale, religiosa, un orgoglio reale dove Chiese, Moschee, Sinagoghe condividono lo stesso territorio. Azerbaijan simbolo di multireligiosità”.
Questa gioviale condivisione si respira davvero tra le strade di Baku, nonostante la sua posizione geografica collochi il Paese in un area ora di grande frammentazione e rivalità che sfocia sempre più spesso in odio religioso. Alla Baylar Mosque, uno dei principali luoghi di culto musulmani situato nella Old City (la vecchia città circondata dalle mura storiche), fa da cornice e rifugio ogni giorno a sunniti e sciiti che pregano insieme, inginocchiati uno a fianco all’altro. Con estrema naturalità ed umanità onorano lo stesso Dio e non si curano delle rivalità estremiste che macchiano la loro fede.
Il presidente Aliyev tiene mano ferma sui saldi e conquistati rapporti con l’Europa. Tiene a confermarlo ancora una volta dal grande palco dell auditorium dell’Aliyev Center: “Forte è la connessione con l’Europa, un’identità, quella azera, che non nasconde influenze europee”. Passeggiando per le vie del centro, stradine alberate pulite e ben aslfaltate, nel pieno del camminare osserverete quella stessa Europa e, per diretta derivazione, quell’ inmancabile Occidente, prendere vita nelle boutique dai marchi di alta moda – Bulgari che sovrasta un angolo di strada, affiancato dalle vetrine di Dolce e Gabbana, e poi ancora Versace, Burberry fino allo stordimento che porta a credere di passeggiare in via Monte Napoleone a Milano.
Questo è il magico e irruento effetto del petrolio e del gas naturale, del prezzo che ne consegue e del suo perenne potere attrattivo per chi in casa sua non ne ha mai sentito l’odore ed è costretto a giocare di ruolo nella caccia al tesoro nero.
Nei due giorni di seminari, tavole rotonde, dibattiti e scambi di opinioni, il Forum Mondiale sul dialogo interculturale ha raccolto in breve tempo diverse sfumature di pensiero e nazionalità su come deve essere applicato il concetto di interculturalità nella comunità internazionale. Si è parlato di Africa, un continente stanco di vivere guerre interne e che proprio nell’ ultimo periodo, per accumulo di diffidenza e incitamento all’odio razziale, sta toccando con mano la lama della xenofobia e della violenza nel Sud Africa.
Irina Bokova, rappresentante UNESCO, ha implorato vicinanza tra i Paesi: “Ora più che mai assistiamo alla distruzione di Chiese. Estremismi, violenze, città serrate e imprigionate. Questa visione del Mondo è quotidianamente combattuta dall’UNESCO attraverso il più forte strumento possibile: l’educazione per i giovani”.
Tanti i relatori presenti che si sono susseguiti nel girotondo degli interventi, molti i concetti sinonimi tra loro per contenuto e messaggio morale. Pace, cooperazione, integrazione, dialogo e via continuando nella sfera dell’amore incondizionato. Crudo ma estremamente più reale è stato invece il quarto d’ora concesso alla senatrice francese dell Unione Democratici e Indipendentisti, Nathalie Goulet. Le sue battaglie per i diritti umani scaldan,o e ribadisce la responsabilità europea più volte: “Chiediamoci il perché di questa guerra culturale. Il terrorismo, gli estremismi e la nostra incapacità di agire. Noi abbiamo sbagliato”.
Infine, l’influente presidente Aliyev nell’ultima parte del suo discorso ha incalzato l’onda europeista e sportiva che investirà l’Azerbaijan nei prossimi Giochi Europei: “Perché si è scelto il nostro Paese? Perché l’Europa ha fatto una scelta selvaggia ma giusta e per noi questi giochi rappresentano una grande opportunità”.
Baku 2015 sarà infatti la prima edizione dei Giochi Europei, che avranno luogo nella capitale azera dal 12 al 18 giugno per un totale di 17 giorni di competizione. Quasi seimila atleti provenienti da 50 Comitati Nazionali Olimpici Europei per un totale di 20 sport tra i quali nuove discipline come il basketball 3×3, il beach soccer, karate e sambo. Il direttore generale degli European Games, Simon Clegg, ci ha rilasciato un’intervista che potete leggere qui.
ottimo articolo!=)
Grazie per il supporto