Gorgona, molto più che un penitenziario
Gorgona, punta nord dell’Arcipelago Toscano, è l’ultima isola-carcere italiana. Tra terra, piante e animali 70 detenuti scontano la loro pena. Un modello di detenzione che rende il penitenziario un esempio a livello nazionale e non solo, per il raggiungimento dell’obiettivo più importante: il recupero della persona
“Restituire persone migliori“: è la frase che appare sull’insegna all’ingresso di Gorgona, ultima isola-penitenziario d’Italia, la minore del comprensorio del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Lunga tre chilometri, larga due e distante 18 miglia dalla costa livornese, è sede di una colonia penale, nata come succursale di quella di Pianosa nel 1869.
Gorgona è molto di più che un penitenziario, per i suoi aspetti morfologici e per le caratteristiche delle attività che vi si svolgono. È un carcere “all’aperto”, dove non esistono sbarre. Sull’isola i detenuti lavorano nei campi, oppure sono impiegati nella cura degli animali. Producono pane e formaggi, hanno un allevamento di pesce e curano un vigneto.
Gorgona è un autentico laboratorio sperimentale dove le persone scontano la loro pena imparando un mestiere, coltivando la terra nel rispetto delle sue dinamiche e occupandosi degli animali. È uno dei pochi luoghi di detenzione che applica lo spirito della Costituzione in tema di reinserimento dei detenuti.
Nata come colonia agricola, l’istituto di Gorgona è suddiviso in diramazioni. Ci sono un refettorio, una cucina, una sala hobby, una di musica, un campetto di bocce e uno da tennis. A Gorgona manca quel senso di oppressione, tipico di strutture carcerarie, non esistono celle e non vi sono imponenti mura di recinzione.
I detenuti attualmente presenti sono 70 e vengono assegnati all’istituto seguendo criteri particolari. Come primo requisito devono avere una condanna definitiva, e il residuo di pena non deve essere superiore a dieci anni. Per motivi di sicurezza, non possono essere ospitati i condannati per reati di tipo mafioso e neppure chi abbia compiuto reati sessuali. È richiesta, inoltre, la buona condotta durante il periodo di detenzione precedente.
La giornata dei detenuti è regolata in base alle esigenze lavorative. La sveglia suona alle 6.30 e, dopo la colazione, alle 7.30 inizia il turno lavorativo fino a mezzogiorno. Nel pomeriggio si lavora dalle 14 alle 16. La restante parte della giornata è impiegata in attività scolastica oppure nel tempo libero.
Il lavoro, regolarmente retribuito, riguarda prevalentemente l’agricoltura e l’allevamento di tutte le specie domestiche, si producono e trasformano prodotti di origine animale e vegetale. E’ inoltre presente un impianto di acquacoltura. Molte altre attività sono svolte per garantire la manutenzione di strutture e impianti per la gestione dell’isola.
Tra le iniziative sviluppate nell’istituto di pena una nota d’eccellenza va al vigneto, gestito in cultura biologica, che vede coinvolta l’azienda Frescobaldi, che produce il vino bianco “Gorgona”. La qualità della vita sull’isola è molto alta e rappresenta, dunque, una delle realtà detentive più significative e interessanti a livello nazionale.
L’obiettivo, spiega il direttore del penitenziario Carlo Mazzerbo, è fare di Gorgona “un’isola dei diritti, dello Stato, dei detenuti e anche degli animali”, che, al pari degli uomini, aggiunge Marco Verdone, veterinario che ha introdotto sull’isola l’omeopatia, “devono avere una vita e una fine degna”. Mazzerbo aggiunge: “Abbiamo riscontrato concretamente che tutti coloro che si prendono cura degli animali hanno un’evoluzione molto più positiva, si registrano cambiamenti importanti, soprattutto per chi non ha mai lavorato o avuto a che fare con gli animali. Sono proprio loro, infatti, a “insegnare” il senso di responsabilizzazione, l’importanza dell’accudimento e del rispetto reciproco”.
Per questo, anche ai fini del percorso rieducativo, si punta a eliminare la macellazione. Intanto Valentina, mucca di 13 anni, e Bruna, scrofa salva grazie ai bimbi di una scuola, hanno ricevuto la “grazia” e vivono felicemente sull’isola.
“La pena, secondo il nostro punto di vista – aggiunge il direttore Mazzerbo – deve essere anche un progetto di vita per chi deve tornare in società: questa è la vera scommessa. Oltre ad aprire le celle, come ha imposto l’Europa, si vuole dare un contenuto alle giornate detentive, cambiare la prospettiva di chi è dentro: non più subire il carcere, ma diventare parte attiva di un progetto, responsabilizzando i detenuti”.
Un modello, dunque, quello di Gorgona, cui anche i dati danno ragione. Se le statistiche parlano di una recidiva stimata intorno all´80% tra i detenuti che non lavorano, a Gorgona si attesta sul 20%.
Terra, piante e animali sono considerati, dunque, i primi educatori per i detenuti, rappresentano il mezzo di recupero, di crescita culturale e di reinserimento sociale. Se dal carcere devono uscire persone rigenerate, Gorgona sicuramente ha le caratteristiche per soddisfare questo compito. L’istituto Gorgona è una realtà d’eccellenza, un faro verso il quale poter guardare. È il penitenziario dei diritti di tutti.
W il penitenziario di Gorgona !!! Avevo sentito qualcosa in tv, ma ora ne so senz’altro molto di più con quest’articolo. Bravi i Frescobaldi e il direttore Mazzerbo
che hanno dato fiducia ai detenuti. Recupero, crescita e reinserimento.. questo è ciò che auspichiamo con gioia.