Dossieraggio, Renzi conferma il segreto di stato
Il Presidente del Consiglio ha confermato il segreto di stato sul caso che ha come protagonisti l‘ex capo del Sismi Nicolò Pollari e il suo collaboratore Pio Pompa
I “fatti di Via Nazionale”, una delle pagine più oscure della storia della Repubblica, sono ancora coperti dal “segreto di Stato”; l’ha confermato anche il Presidente del Consiglio Renzi. Prima di lui stessa cosa avevano fatto i precedenti primi ministri Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Mario Monti ed Enrico Letta. Le indagini dei magistrati di Perugia, competenti sul caso che vede protagonisti Nicolò Pollari, ex capo del SISMI, e il suo collaboratore Pio Pompa, subiscono dunque una battuta d’arresto.
Pollari, infatti, dopo essere stato prosciolto dalle accuse sul sequestro dell’imam egiziano Abu Omar (sempre in virtù dell’apposizione del segreto di stato), qualche mese fa si è dovuto presentare nuovamente di fronte ai giudici del capoluogo umbro: l’accusa che pesava sul generale e sul suo collaboratore Pompa era quella di “peculato” e, nello specifico, di aver utilizzato informazioni, denaro e uomini dei servizi segreti “per scopi palesemente diversi” da quelli assegnati all’istituzione. Dopo una breve speranza, quindi, anche il gup Andrea Claudiani si dovrà arrendere al “non luogo a procedere”?
Il caso Pollari-Pompa è esploso nel 2006, quando i magistrati milanesi Armando Spataro e Nicola Piacente, mentre investigavano sulla ’“extraordinary rendition” di Abu Omar (rapito da uomini della CIA nel 2003), si sono imbattuti in una stazione del SISMI in Via Nazionale 230, a Roma. Il capo di “Via Nazionale” era Pio Pompa, collaboratore dell’intelligence sin dal 2001 e da, molto più tempo, “intimo” di Don Verzè – fedelissimo berlusconiano. Pompa aveva il compito di produrre e custodire dei dossier sui “nemici” dell’allora Presidente del Consiglio: si parla di oltre 200 magistrati di Milano, Roma, Palermo, Torino, più decine di giornalisti, politici, intellettuali.
Un primo processo su questi fatti era già finito nel nulla nel 2013, tra le altre cose perché in Italia non esiste il reato di dossieraggio, ma soprattutto perché Pollari e Pompa riuscirono a bloccare il procedimento invocando il segreto di stato: Carla Giangamboni, gup di Perugia, decretò il “non luogo a procedere”. Tuttavia, nel novembre 2014, la Cassazione ha dato ragione ad alcune vittime che avevano presentato ricorso. Il processo poteva ripartire. Ma come si è accennato prima, all’udienza del 29 aprile, Pollari ha opposto preventivamente il segreto di Stato a tutte le domande che Claudiani avrebbe voluto porre.
Le domande di Claudiani sono le stesse contenute nella lettera inviata al primo ministro per chiedere “conferma” sul segreto di Stato; Pollari si è ancora una volta trincerato dietro una lettera inviatagli da Giampiero Massolo, capo del DIS, il dipartimento informazioni per la sicurezza di Palazzo Chigi.
Il gup di Perugia si chiede per esempio “se le somme asseritamente erogate da Pompa Pio a Farina Renato (“agente Betulla”, nda) fossero di origine pubblica o privata o connesse ad operazioni di intelligence autorizzate dal Governo” e, quindi, oltre a quale fosse il nome del soggetto erogatore e titolare delle somme versate al Farina, si domanda chi le abbia materialmente consegnate, chi ne sia “il destinatario finale”; quale fosse la “finalità sottesa a tali erogazioni”.
Il 4 giugno, Renzi ha risposto al magistrato perugino: i “fatti di Via Nazionale” sono ancora compresi nella sfera di efficacia di segreti di Stato già vigenti. Renzi ne cita diversi: si va dal rapimento in Iraq di Agliana, Stefio, Cupertino e Quattrocchi al rapimento di Simona Pari e Simona Torretta e a quello di Giuliana Sgrena, fino alle attività di contrasto al terrorismo dopo i fatti dell’11 settembre. Renzi, insomma, ha semplicemente proseguito la linea degli altri prima di lui. D’altra parte, i casi citati non hanno niente a che vedere con il caso Pollari-Pompa; come già aveva detto la Cassazione, ai fini della prosecuzione del processo, l’apposizione del segreto di stato è irrilevante. Tocca al gup di Perugia scegliere se il materiale agli atti è sufficiente per andare fino in fondo. Lo sapremo il 16 luglio.