Matrimoni gay: le nozze sono uguali per tutti
Dopo il referendum irlandese, arriva anche la storica sentenza della Corte Suprema Usa: il matrimonio è uguale per tutti
Il 22 maggio scorso, attraverso un referendum popolare – unico strumento in grado di modificare la costituzione del 1937 – l’Irlanda ha legalizzato i matrimoni gay. I sondaggi pubblicati in prossimità del voto davano per scontata la vittoria del “sì”, che alla fine ha trionfato con oltre il 62% dei consensi. A essere modificato è stato l’articolo 41 della carta fondamentale: il matrimonio, adesso, può essere contratto tra due persone “senza distinzione di sesso”.
Dalle parti di Dublino, fino al 1993 (quando sulla questione è intervenuta la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo), le “attività omosessuali” erano illegali. D’altra parte, già nel 2010, erano state legalizzate le unioni civili: il disegno di legge sulla materia è stato ulteriormente allargato nell’aprile 2015 dal Children and Relationships Act che, tra le altre cose, ha permesso alle coppie omosessuali di accedere ad alcuni diritti precedentemente riservati solo alle coppie eterosessuali (per esempio, quello alla separazione giuridica).
D’altra parte, seppur garantite da un riconoscimento legale, prima del referendum le relazioni tra partner omosessuali potevano ancora essere annullate per mezzo della legislazione ordinaria, a differenza del matrimonio che è garantito dalla Costituzione. Questo è il passato: ora l’Irlanda si è unita agli altri 21 paesi del mondo (13 dei quali europei) che nel proprio ordinamento contemplano il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
In questi giorni, appena un mese dopo il referendum tenutosi sull’altra sponda dell’Atlantico, anche gli Stati Uniti hanno “scelto” l’uguaglianza. Diversamente dall’Irlanda, però, a legalizzare i matrimoni gay non è stata una consultazione popolare ma una decisione della Corte Suprema. Tuttavia, stando a un recente sondaggio di Gallup, il 55% degli americani è favorevole al matrimonio omosessuale.
Cinque i giudici favorevoli, 4 contrari: le leggi che vietavano il matrimonio tra persone dello stesso sesso, di colpo, sono diventate illegali – decisivo il voto di Anthony Kennedy, membro conservatore che ha votato spesso insieme ai liberal sui diritti civili. La Corte Suprema ha preso la propria decisione basandosi sul Quattordicesimo emendamento della Costituzione americana, quello che afferma l’uguaglianza tra tutti i cittadini dell’unione.
Proprio il giudice Kennedy, nella sentenza ha scritto: “Nessuna unione è più profonda del matrimonio, dato che contiene gli ideali più alti di amore, fedeltà, devozione, sacrificio e famiglia. Unendosi in matrimonio, due persone diventano qualcosa di più grande rispetto a cos’erano prima, separatamente. Come hanno dimostrato alcuni dei querelanti in questo caso, il matrimonio implica un amore che può durare anche oltre la morte. Affermare che questi uomini e queste donne non rendono onore all’ideale di matrimonio sarebbe irrispettoso. Lo rispettano a tal punto che lo desiderano per sentirsi pienamente realizzati. La loro speranza è quella di non essere condannati a trascorrere la vita in solitudine, esclusi da una delle più antiche istituzioni umane. Chiedono di essere trattati davanti alla legge con la stessa dignità delle altre persone. La Costituzione dà loro questo diritto”.
Tutti gli stati americani adesso non solo dovranno permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso ma dovranno riconoscere quelli già celebrati al di fuori dei loro confini. Già 37 stati americani consentivano ai cittadini di sposarsi con chiunque volessero; tuttavia i matrimoni gay erano espressamente vietati nella legislazione di altri 13 stati.
Il Defense of Marriage Act del 1996 conteneva una definizione di matrimonio limitata a quello eterosessuale (sempre secondo le rilevazioni di Gallup, all’epoca, solo il 27% della popolazione Usa era favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso): lo stesso provvedimento, nel caso dei matrimoni gay, sospendeva il vincolo di reciprocità tra gli stati (per cui uno stato riconosce le leggi degli altri stati).
Questo significava che se una coppia omosessuale sposatasi, per esempio, in Massachusetts – dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale dal 2004 – si fosse trasferita in uno stato dove invece era illegale, avrebbe perso i 1049 benefit fiscali e pensionistici garantiti dal governo federale. Già nel giugno del 2013 la Corte Suprema era intervenuta a favore del riconoscimento dei matrimoni da parte del governo: molte corti federali minori di conseguenza l’hanno legalizzato nelle rispettive giurisdizioni.
Nel novembre 2014, però, la Corte d’Appello Federale del sesto circuito, con giurisdizione su Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee, ha confermato il diritto di vietare i matrimoni gay da parte degli stati suddetti, al contrario di quanto affermato dalle corti competenti per ciascun singolo stato. Proprio per sanare questa “discrepanza” è stata chiamata in causa la Corte Suprema che ha definitivamente chiuso il caso.