OXI! A cosa hanno detto no i greci?
L’esito del referendum greco deve essere interpretato nel più ampio contesto della politica economica europea. La consultazione è divenuta un simbolo, l’occasione per il popolo greco di dire “NO” a questo modello di Europa
di Marco Assab
I mali della Grecia certo, però… – Per giorni i media nazionali ci hanno tormentato con proiezioni fallaci e sondaggini ritoccati, tentando di convincere l’opinione pubblica che il “Si” e il “No”, nel referendum greco, si sarebbero equivalsi. Nemmeno per idea, era nell’aria d’altronde che i greci fossero stufi, così come sono stanche ed esasperate le nuove generazioni europee, e non se ne accorge solo chi non vuol farlo. Stufi di cosa? Domanderà qualcuno. Non sono forse i greci stessi responsabili di una crisi nazionale che va ben oltre quella mondiale e le problematiche dell’area euro? Si, certamente. La Grecia è un Paese mal governato da decenni, dove sprechi e dinamiche molto simili a quelle di casa nostra hanno eroso, anno dopo anno, la fragile economia ellenica. Eppure in molti si sono resi conto che la Grecia è come un moribondo attorno al quale si sono riuniti molti avvoltoi desiderosi di un banchetto facile. Certo, il moribondo si è ridotto così di sua mano, ma gli avvoltoi non sono legittimati a brandirgli le carni.
Quali avvoltoi? – Lo ha spiegato molto chiaramente Massimo D’Alema, alcuni giorni fa, nel corso di un’intervista a RaiNews24. Invitiamo vivamente il lettore a prenderne visione. Ecco dunque configurarsi un circolo vizioso dove, all’interno di una sedicente “unione”, i Paesi più ricchi speculano a danno dei Paesi più poveri. Ecco dunque ergersi a potenze dominanti la Germania e la Francia, il cui parere solo conta, i cui sistemi bancari fanno la voce grossa. I media, dal canto loro, altro non fanno che proporre e riproporre questo modello, trasmettendo h24 dichiarazioni e conferenze stampa dei leader di questi Paesi, ma la domanda è: non siamo forse un’unione di 28 Paesi? Sulla questione greca qual è il parere di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria?
Il vero significato del No – Il risultato di questo referendum è da interpretarsi in un contesto molto più ampio della crisi greca. Non è stato considerato dai greci come un semplice “si” o “no” al memorandum delle istituzioni europee, non era solo quel documento in discussione, bensì molto ma molto di più. Finora i cittadini europei non hanno mai avuto la possibilità di esprimersi, mediante strumenti di democrazia diretta, su temi quali le misure di austerità o la politica economica europea. Questo referendum è stata la prima grande occasione per lanciare un segnale di ampio respiro. I greci, come ormai si è ben compreso, non vogliono uscire dalla zona euro e nemmeno mancano di riconoscere i propri errori. Ma la cura non può essere peggiore della malattia. Dunque il popolo greco, per primo tra i popoli europei, ha detto “NO” a questo modello di Europa.
Quale Europa si vuole? – Di certo non questa. Non quella a guida franco-tedesca, non quella dove i cittadini non eleggono né la commissione né il presidente (stiamo parlando dell’organo esecutivo), non quella dove i trattati (ci riferiamo a quelli di Dublino del 2003) sono più importanti di un’emergenza umanitaria, per cui l’immigrato arriva da “te” e te lo tieni senza se e senza ma. Questa è l’Europa della tecnocrazia, dell’insensibilità, dell’egoismo, dell’economicismo e dei parametri macroeconomici divenuti più importanti dei diritti e della vita stessa delle persone. Questo modello di Europa FA SCHIFO. Il referendum greco è dunque un simbolo, un segnale, la richiesta pressante di una svolta.
Il ruolo dell’Italia – Giungiamo adesso al nocciolo. In tutto questo dove si colloca l’Italia, la terza economia del continente? Nella terra di nessuno. La nostra politica seguita a dare di sé immagini grottesche e ridicole. L’allegra brigata che si è precipitata ad Atene era composta da un leghista che predica l’uscita dall’euro come la soluzione a tutti i mali, ma non considera che Tsipras non ha mai parlato di rinuncia alla moneta unica. Tsipras meglio di chiunque altro sa che il problema non è l’euro in sé. Eppure la politica italiana ridotta a schemini per bambini deficienti, a strumentalizzazioni puerili e banali, di più non riesce a fare. Il fronte del “no euro” si è dunque mosso compatto, non comprendendo che quello non era un referendum sull’euro… Ecco dunque in piazza ad Atene i 5 stelle, che però nel parlamento europeo siedono con Farage (l’indipendentista britannico) dall’altra parte dell’emiciclo rispetto a Syriza (il partito di Tsipras), ma tutto fa brodo… Giungono poi le dichiarazioni sognanti, inneggianti ad una ritrovata democrazia, di Renato Brunetta, il quale però dimentica che il suo partito è nella famiglia del Partito Popolare Europeo, ossia dei promotori dell’austerità… E Renzi? Il Presidente del Consiglio strizza l’occhio a tutti e dispensa strette di mano a destra e a manca. Siamo amici di tutti e di nessuno. Siamo d’accordo con Tsipras quando facciamo la conferenza stampa con lui, poi siamo d’accordo con “Angela” se c’è lei accanto, dipende dalle circostanze… La verità è che manteniamo sempre un piede in due scarpe e siamo incapaci di prese di posizione nette, decise, perentorie. Questo è uno dei motivi per i quali non abbiamo credibilità nel mondo, perché nella maggior parte dei casi la nostra politica estera è degna dei più abili saltimbanchi.
Concludendo… – L’Italia dovrebbe giocare un ruolo determinante al fianco di chi desidera cambiare questo modello d’Europa. Ma, per ora, non si va oltre i proclami. Governo molle, opposizione banale (leggi sopra). Siamo purtroppo sempre e comunque “l’Itaglia”.
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