Gli Of Monsters and Men incantano Roma
Il “Luglio suona bene” dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato gli Of Monsters and Men. La band islandese, formata da cinque componenti, è tornata in Italia dopo due anni, con un nuovo album (Beneath the Skin). Il loro folk indie-rock convince ed esalta, regalando agli spettatori quasi due ore di pura magia nordica
Islanda, terra di ghiaccio, di mistero e di purezza, o almeno queste le caratteristiche che incarna nell’immaginario comune. Una lontana e meravigliosa landa con tanti alberi e ben pochi uomini, per giunta strani e selvaggi. In questa piccola porzione di umanità, trovano casa i componenti della band Of Monsters and Men, cinque giovani talentuosi, che da tre anni hanno lasciato la loro isola e girano il mondo osannati per il loro strano folk.
In contrapposizione perfetta con un luglio assolutamente bollente, lo scorso 8 luglio si sono esibiti sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma nello splendido scenario della Cavea all’interno della rassegna “Luglio suona bene”. Festival molto eterogeneo, che vede partecipazioni dall’universo metal, come da quello nazional-popolare, cerca (e probabilmente riesce) di accontentare tutti. Tra i selezionati, gli Of Monsters and Men sventolano orgogliosi la bandiera dell’indie-rock e offrono uno spettacolo psichedelico.
Il parterre è al completo, così come le tribune centrali, l’aria afosa quasi clemente ed il pubblico in trepidante attesa. Puntuali, alle 21, le luci si abbassano e si diffonde un fumo violaceo, accompagnato da note delicate, Thousand Eyes comincia lenta e riempie gli spalti. Nanna e Ragnar, i due cantanti/chitarristi svolazzano letteralmente sul palco, sussurrano le strofe e poi come per magia, con l’aumentare della musica, si trasfigurano anche le loro voci e il pubblico è catturato.
Insieme dal 2008, per un’idea della cantante Nanna, i cinque ragazzi islandesi hanno all’attivo ben tre album, Into the Woods, My Head is an Animal e Beneath the Skin, quest’ultimo, uscito lo scorso giugno, li riconferma puri e con un chiaro progetto musicale. Il successo era arrivato con Little Talks, una canzone duetto che analizzava in modo molto fantasioso la depressione. Nel resto dell’album altri splendidi successi ispirati a leggende islandesi e misteriose creature perse tra quei ghiacci.
E proprio grazie ad un successo confermato come King and Lionheart, il pubblico dell’Auditorium si solleva dalle comode sedie e si piazza sotto il palco. Rapiti, gli spettatori non si muoveranno più e sarà la cantante a dire “Very close, I like it!”. Con Empire, I of The Storm ed Hunger finalmente ci confrontiamo con il meglio del nuovo album, reso perfettamente anche grazie alle luci infuocate. La voce di Nanna racconta di un impero in costruzione, squarciato mattone dopo mattone, da un amore folle; di una persona tra le braccia della morte, in una tremenda tempesta, che scrive la sua ultima lettera a chi ama: “avrai bisogno di me quando sarò andato? Temo di no”. Infine una dedica al personaggio di Katniss (dalla serie Hunger Games) che esamina il disastro ed il dolore del non sentire nulla.
I testi, interamente composti dalla cantante, sono metodicamente curati e perfettamente adatti alla musica: inscindibili sono le parole dal ritmo dolce ed incalzante, pronunciate in quello strano inglese, in un’atmosfera lontana dal mondo reale.
Crystals, primo singolo uscito dal nuovo album, movimenta il pubblico, qualche coraggioso si lancia in un ballo saltellato e compiaciuto. Prima dell’encore, un tuffo nel passato, grazie a Mountain Sound, Little Talks, Lakehouse e Six Weeks, scelte dal loro secondo album e cantate con sicurezza dal pubblico, felice di ritrovare le sonorità del primo amore. Una perfetta esecuzione, unita al trasporto totale degli spettatori, incorona Wolves without Teeth canzone più bella della serata: ritmo flessibile, bassi convinti, note originali e la storia di un amore sentito dal corpo, fatto di sangue e spina dorsale e dolore fisico.
L’encore di tre canzoni, chiude con la bella We Sink, che facilita ed accompagna il lungo applauso conseguente e meritato. Gli Of Monsters and Men si inchinano, come nei teatri, come da loro abitudine sin dai piccoli palchi d’Islanda. Un’esibizione di profonda validità, un concerto godibile con nessuna differenza tra fan ed occasionali. Questa piccola band è geniale e trainante, promette originalità e magia e, dopo anni, non delude.