Piazza della Loggia: giustizia tardiva?
Ci sono voluti 41 anni per avere dei punti fermi sulla strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974: la sentenza dei giudici della Corte d’Assise di Milano impone una profonda riflessione sulla “notte della Repubblica”
Due ergastoli, “fine pena mai” per il mandante e per uno degli esecutori della Strage di Piazza della Loggia – che, 41 anni fa, uccideva 8 persone e ne feriva almeno 100, nel centro di Brescia. Il terribile episodio della “strategia della tensione”, inaugurata dall’attentato di Piazza Fontana del 1969, è da attribuire alla formazione eversiva di estrema destra Ordine Nuovo – questo è il primo punto fermo stabilito dai giudici della Corte di Assise d’Appello di Milano.
La Strage di Piazza della Loggia, dicono sempre i giudici, venne ispirata dal medico Carlo Maria Maggi – ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto. Insieme a lui è stato condannato Maurizio Tramonte che, oltre a essere un ordinovista, collaborava con il SID (i servizi segreti di allora), nome in codice “Tritone”. Tramonte ha partecipato a tutte le fasi di preparazione dell’attentato, questa la linea d’accusa: le informazioni che passava ai servizi sono state fondamentali per la riapertura del processo che lo ha poi visto imputato.
Sono passati 41 anni da quella mattina di maggio, l’Italia era molto diversa, l’instabilità del paese era tangibile. La fase dei governi di centro-sinistra stava per volgere al termine, di lì a poco sarebbe cominciata la stagione degli esecutivi di solidarietà nazionale con un sempre maggiore coinvolgimento del PCI da parte delle maggioranze parlamentari. Il 12 maggio ’74, due settimane prima di Piazza della Loggia, c’era stato il “no” al referendum abrogativo della legge sul divorzio.
Erano anni di tentati golpe (quello della “Rosa dei Venti” risale a un anno prima, del 71′ il “golpe bianco” di Edgardo Sogno). Il 4 agosto del 1974, l’Italia si sarebbe di nuovo insanguinata sul treno Italicus. Quel 28 maggio alle istanze sindacali si mescolava l’indignazione scatenata da un’ondata di attentati di matrice neofascista culminata nella morte del giovane terrorista Silvio Ferrari, causata dalla stessa bomba che stava trasportando nel centro di Brescia a Piazza del Mercato.
La vicenda gudiziaria riguardante Piazza della Loggia è cominciata nel 1979: nonostante i tentativi di ostacolare le indagini (i vigili del fuoco “ripulirono” con getti d’acqua la piazza poco dopo l’attentato, le schegge ritrovate nei cadaveri non vennero mai consegnate alla magistratura dopo essere state ritirate da un “misterioso” funzionario del ministero degli Interni), alcuni esponenti dell’estrema destra vennero condannati come responsabili della strage.
Mentre aspettavano il processo di appello, uno di loro, Ermanno Buzzi (ergastolo), venne ucciso da due “camerati” – tra i quali Pierluigi Concutelli – non appena trasferito al carcere di Novara. Nel 1982 i giudici della Corte di Appello di Brescia assolsero tutti gli imputati, un anno dopo la Cassazione annullò le assoluzioni. Il processo ricominciò da capo. Nel 1985, la Cassazione confermò il verdetto assolutorio per tutti gli imputati.
Le rivelazioni di alcuni pentiti diedero vita a un altro processo: sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati finì Ordine Nuovo, organizzazione ritenuta responsabile di aver compiuto anche l’attentato di Piazza Fontana a Milano, anche se inizialmente l’imputato principale era solo Cesare Ferri. Il militante ordinovista verrà assolto in Cassazione con formula piena nel 1989.
L’ultimo processo è cominciato nel 1993 ma il primo verdetto è arrivato solo nel 2010. Gli imputati erano oltre a Maggi e Tramonte, erano Francesco Delfino, generale dei carabinieri che aveva condotto le prime indagini, Giovanni Maifredi, collaboratore del ministro degli Interni Taviani ai tempi della strage, e Pino Rauti, fondatore di ON, per cui venne chiesta l’assoluzione – per tutti gli altri, invece, si chiedeva l’ergastolo per “concorso in strage”.
Vennero tutti assolti per “insufficienza di prove”, anche perché nel frattempo era morto Carlo Digilio, uno dei pentiti sulle cui rivelazioni si era basato l’impianto accusatorio. Per arrivare alle condanne odierne: l’assoluzione venne confermata in appello nel 2012 ma, due anni dopo, la Cassazione ha annullato le assoluzioni di Maggi e Tramonte invitando ad approfondirne le rispettive posizioni.
Molto probabile un ricorso contro la sentenza della Cassazione da parte dei condannati, d’altronde, Tramonte – ancora a piede libero, dato che la condanna non è definitiva – continua a professarsi innocente: “io sono innocente, quindi chi ha organizzato la strage, chi ha messo la bomba è ancora in circolazione”.
Per lui, che ha 61 anni, c’è una remota possibilità di finire in carcere nel caso venisse confermata la condanna “a vita”. In galera sicuramente non ci finirà Maggi, che ha vent’anni in più di Tramonte e non sta neanche tanto bene. I giudici di Milano hanno anche imposto agli imputati di risarcire (provvisionali e liquidazioni integrali dei danni) le parti civili e i loro legali con la cifra “record” di 6 milioni e 180 mila euro: appare scontato che non vedranno neanche un soldo.
Manlio Milani, Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Piazza della Loggia, adesso invita a “riflettere profondamente su una parte di storia di questo Paese che si è consumata tra il 1969 e il 1974. Mi riferisco alle stragi e alla strategia della tensione“. Non è mai troppo tardi. Forse.