Capitano Ultimo: chiamali se vuoi “eroi”
Il Capitano Ultimo, il carabiniere che ha messo in manette Totò Riina, ancora una volta messo da parte dai suoi superiori. Tanti gli appelli in suo favore, ma siamo sicuri che sia un “eroe”?
Una notizia passata quasi inosservata, “astutamente nascosta nelle pieghe di una calda estate” – come ha scritto l’autorevole Pino Corrias in un suo editoriale. Il colonnello Sergio De Caprio, alias “Capitano Ultimo“, con una lettera recapitatagli il 4 agosto – ma resa nota solo poco più di una settimana fa – ha ricevuto, ancora una volta, un compiaciuto “benservito”.
Il colonnello De Caprio, infatti, è stato esautorato del suo incarico: in pratica non svolgerà più compiti operativi di polizia giudiziaria, pur mantenendo il ruolo di vice-comandante del NOE – il “Nucleo Ecologico dei Carabinieri”, che ha guidato con successo sin dal 2000. Il motivo non è stato specificato a parte l’accenno, fatto dal vertice dell’Arma Tullio De Sette, a un “normale avvicendamento” – o meglio, a un “cambiamento strategico nell’organizzazione dei reparti”.
In realtà, la sensazione è un’altra. Il NOE, a dispetto del nome, non si occupa solo di “ambiente”: a testimonianza di ciò basta chiamare in causa le numerose indagini su corruzione, abusi e traffici di varia natura condotte dai circa 200 uomini dswl Capitano Ultimo in questi anni.
Si va dalla vicenda che ha riguardato l’ex tesoriere leghista Francesco Belsito, conti off-shore in Tanzania e diamanti compresi, all’arresto dell’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi per via di una tangente di 51 miliardi pagata a politici indiani per l’acquisto di 12 elicotteri, senza dimenticare l’arresto di Luigi Bisignani,nel contesto dell’affaire P4, e la scoperta del “tesoro” di Massimo Ciancimino in Romania.
Si può ritenere, con un buon grado di approssimazione al “vero”, che ci sia l’ultima indagine di “Ultimo” dietro il suo sostanziale siluramento. Ci riferiamo naturalmente all’inchiesta sulla Cpl Concordia, “regina” della cooperative rosse e, in particolare, a 2 intercettazioni realizzate nel corso di essa e poi pubblicate in esclusiva dal Fatto Quotidiano.
Nella prima (11 gennaio 2014) l’attuale premier Renzi annunciava al generale della Guardia di Finanza Adinolfi di voler “fare le scarpe” a Enrico Letta; la seconda (5 febbraio), invece, realizzata durante un pranzo – presente lo stesso Adinolfi e il braccio destro di Renzi, ora sindaco di Firenze, Dario Nardella – svelava alcuni ricatti nei confronti dell’ormai ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in riferimento agli “impicci” del figlio Giulio che “a Roma è tutto, o comunque molto”, tanto per usare le parole di Adinolfi.
Il Capitano Ultimo, da parte sua, di “obbedir tacendo” ne vuole sapere fino a un certo punto e al provvedimento ha risposto con una lettera indirizzata a quelli che considererà per sempre i suoi uomini: continuate a lottare contro i “servi sciocchi” dei poteri forti, il messaggio che equivale a una dichiarazione di guerra.
Nel frattempo, gli accorati appelli in suo favore si sono sprecati: “cacciato per invidia”, spiegano in molti, come Rita Dalla Chiesa – d’altronde, gli effetti del fenomeno, altamente diffuso tra le alte sfere della “benemerita”, le sono noti per esperienza diretta – che ha aggiunto “Ultimo è un simbolo. Il carabiniere che sta dalla parte dei deboli”. Lo stesso De Caprio (l’enfasi, quasi “cristologica”, “francescana”, dell’interpretazione di Raoul Bova neanche si avvicina ai toni realmente utilizzati del colonnello “Ultimo“) rivendica a sé tale immagine: ma è davvero così che stanno le cose?
Questo articolo non svela nulla che non sia un “segreto di pulcinella”, è bene chiarirlo. In Italia la retorica dei “buoni contro i cattivi” spesso non permette di gettare un po’ di luce – e sarebbe facile se solo si volesse – su un’immensa “zona grigia”, dove i ruoli sopraccitati si sovrappongo, si uniscono, si mescolano senza soluzione di continuità.
Il Capitano Ultimo non è né bianco né nero, è grigio. Intendiamoci, resterà sempre un grande investigatore, ma al di là dei giustamente riconosciuti meriti, oltre che dei propositi, – per cui ha pagato con superiori e potenti e continua a pagare, visto che una “condanna a morte” di Cosa Nostra ti accompagna per la vita – nella sua carriera c’è più di un aspetto che non torna.
Ci sarebbero almeno 3 motivi – come si evidenzia sul sito 19luglio1992.com – per dubitare dell’eroismo di De Caprio: 1) la mancata perquisizione del “covo” di Riina 2) la sparatoria di Terme Vigliatore 3) le critiche a chi indaga sulla “Trattativa Stato Mafia“:
1) l’arresto di Totò Riina risale al 15 gennaio 1993 – preso il boss, la procura di Palermo era pronta a far perquisire la case del latitante in via Bernini 52/54: entrano in scena, a questo punto, Mario Mori, a capo del Ros, e naturalmente De Caprio, che aveva condotto l’operazione.
I due convinsero i magistrati a ritardare la perquisizione, in modo da “tendere un agguato” ad altri mafiosi (anche se i giornali avrebbero presto riferito l’indirizzo, dunque, il sito poteva tranquillamente considerarsi “bruciato”) promettendo una vigilanza continuativa che, d’altra parte, verrà sospesa proprio per ordine del Capitano Ultimo, permettendo così ai sodali di Riina di far sparire tutto ciò che di compromettente ci si poteva aspettare di trovare nel “covo” del capo dei Corleonesi. Solo 15 giorni dopo, Mario Mori comunicò l’avvenuto agli inquirenti: perché non prima? Sostanzialmente, perché era una decisione che riteneva poter prendere a propria discrezione.
In seguito, i due ufficiali vennero imputati per “favoreggiamento” a Cosa Nostra. Da notare che tra le condotte sotto accusa c’era quella di aver reiterato le rassicurazioni ai magistrati nonostante sapessero che il “covo” di Riina non era sotto osservazione. Sia Mori, sia De Caprio sono stati assolti perché “il fatto non costituisce reato”; ufficialmente rimane un “grande errore di valutazione”.
2) De Caprio fu protagonista anche di un’altro, a dir poco, “strano” episodio avvenuto nel messinese, più precisamente a Terme Vigliatore: dopo un lungo inseguimento (è probabile che i carabinieri non si siano identificati al momento dell’imposizione dell’alt, apparendo, dunque, alla stregua di malintenzionati, per giunta, armati) – sparò, mancandolo, a un giovane di nome Fortunato Imbesi, scambiato per un mafioso, tale Pietro Aglieri (somiglianza fisica pari a zero, secondo quanto scrivono i magistrati che hanno chiesto la riapertura del processo Mori-Obinu).
L’episodio deve essere visto alla luce di quanto accaduto il giorno prima. Il 5 aprile 1993 gli uomini del Ros di Messina – stavano indagando sul caso dei mandanti occulti dell’omicidio di Beppe Alfano – grazie a un’intercettazione ambientale avevano individuato il boss latitante Benedetto “Nitto” Santapaola – a quei tempi il numero 2 della Cupola – proprio nella località suddetta. Il 6 aprile mentre De Caprio quasi uccideva Fortunato Imbesi, uomini che si ritiene appartenessero ai Ros (praticamente non c’è traccia dell’operazione negli atti ufficiali, si ipotizza perfino che alcuni documenti siano stati falsificati), “logica impone” su ordine di Mori, perquisivano la casa del padre di quest’ultimo.
Niente di strano fin qui, se non che la casa degli Imbesi si trovava a pochi metri di distanza dal locale dove era stato individuato il giorno prima Santapaola, il quale, visto il “trambusto”, fece in modo di non tornare più da quelle parti.
3) “Chi parla di stragi di stato (Capaci/Falcone e Via D’Amelio/Borsellino, ndr) è un vile criminale”: il “Capitano Ultimo” non ha mai nascosto la sua opinione sulla “Trattativa Stato-Mafia“. Parole simili sono state rivolte a più riprese anche a Salvatore Borsellino, Sonia Alfano, Alfonso Sabella accusati di “delegittimare lo Stato e legittimare Cosa Nostra” portando avanti la “tesi di Riina” (sic!?).
Tuttavia, è facile rispondere a De Caprio: la “Trattativa” non solo c’è stata – come risulta da una sentenza della Corte d’Assise di Firenze risalente al 1998 – ma è stata proposta a Cosa Nostra proprio dal Ros di cui faceva parte “il carabiniere che sta dalla parte dei deboli”. Chiamali se vuoi “eroi”.