Geoblocking, l’autunno caldo del diritto d’autore
Le restrizioni all’accesso di contenuti online per questioni di copyright sollevano i malumori dei consumatori. L’Europa guarda alla riforma del diritto d’autore
Se l’estate è stata torrida, l’autunno non scherza, almeno per il diritto d’autore.
Il 2015, un anno ricco di spunti per la proprietà intellettuale, continua a riservarci sorprese: pare, infatti, che la parola d’ordine di fine agosto sia geoblocking o, se preferite, #geoblocking, per tutti i lettori emotivamente connessi con le questioni digitali.
Cosa si nasconde dietro questa parola è facilmente intuibile: stiamo parlando, per l’accezione che qui interessa, di restrizioni geografiche all’accesso di determinati contenuti multimediali fruibili in rete, generalmente individuati in quelli offerti da aziende di servizi di media audiovisivi.
Tali restrizioni, basate giuridicamente su motivi di copyright e licenze, dettate dalla norme del Paese in “cui ci si connette”, inevitabilmente, rappresentano una pesante ipoteca per il consumatore (che, guarda caso, ha sottoscritto un contratto per poter usufruire di contenuti con qualcosa in più).
Tutto ciò, già di per sé complesso, collochiamolo dentro qualcosa di estremamente indefinito che risponde al nome di Digital Single Market, ossia la nuova frontiera degli scambi, ambizione di un’economia che vuole crescere.
Colpa delle aziende? Delle tante regole con le quali ci scontriamo? Delle clausole contrattuali poco chiare?
Don’t panic.
Avevamo già parlato, in occasione del discusso caso sulla libertà di panorama, della riforma europea sul diritto d’autore; revisione che, fra i diversi punti, tocca anche il geoblocking.
Le volontà dell’Europa sembrano chiare.
Stando al pensiero della Commissione, infatti, la necessità di rivedere la disciplina della Direttiva 93/83/CEE, in termini di estensione verso programmi televisivi e radiofonici che fanno dell’offerta online il punto di forza, si regge su un assunto di base che, in linea di principio, è condiviso e condivisibile da tutti: “Il significato della tecnologia e di internet sta nella possibilità di accesso a contenuti da dispositivi diversi della semplice TV o radio; ad esempio cellulari, tablets e tutti gli altri smart devices”.
Più garanzie, dunque, per il consumatore sempre più connesso; tutele necessarie dove le norme sulla protezione autoriale dovrebbero essere orientate ad una sinergia funzionale nella salvaguardia dei diversi interessi coinvolti.
Per quanto riguarda la voce del popolo, l’impossibilità di accesso a contenuti di servizi online a pagamento, nel caso di spostamento all’interno dell’UE, è particolarmente sentita dai giovanissimi, i quali, come mostra un sondaggio dell’Eurobarometro, vorrebbero chiaramente usufruirne.
La questione dell’uso senza limiti è, chiaramente, un nodo non solamente per il diritto d’autore. Quella identità, ormai, tra rete e accesso ai contenuti, obbliga al ripensamento di categorie giuridiche e non che, nel web, assumono un altro contorno e che, spesso, la legge non riesce a riempire. Ma, forse, qualcosa da sistemare c’è anche nei rapporti business to consumer, affinché la connessione (e non solo tra sistemi) non sia solo un paradigma digitale, ma sia un modus operandi dell’universo delle regole.
Tornando a noi, la presenza dell’Europa si fa sentire. L’appuntamento, per il momento è fissato per il prossimo 8 settembre, a Strasburgo, occasione di incontro tra i diversi commissari UE in vista delle prime linee legislative, tra cui, ovviamente, quelle sulla protezione autorale, attese per il mese di dicembre.
E allora, buon lavoro.