Storia e vita vissuta: Carla Magnani racconta il suo “Acuto”

Tempo di lettura 5 minuti

Il Sessantotto, gli amori, le delusioni e le illusioni di una falsa felicità. Questo è “Acuto”, romanzo d’esordio di Carla Magnani. Ne abbiamo parlato con l’autrice in questa intervista

di Giulia Ciarapica

Carla Magnani

Carla Magnani

È una vita apparentemente piatta e priva di stimoli quella che Carla Magnani presenta al pubblico dei lettori, una vita vissuta in sordina, in modo sommesso e rinunciatario, una vita che Elisa, la protagonista di Acuto (Gilgamesh edizioni, 2015, recensione di Ghigliottina.it), sembra essersi cucita addosso senza rimorsi né rimpianti.

Eppure in questo primo romanzo della Magnani – toscana trapiantata in Lombardia e già vincitrice di alcuni premi di poesia – c’è molto di più di una semplice storia individuale, perché ad accompagnare le vicende di Elisa, di Marco e della sua famiglia, c’è la Storia, dura e fragile come la vita dei suoi protagonisti.

Abbiamo parlato di questo e di molto altro nell’intervista all’autrice di Acuto.

Carla Magnani, una laurea in Lettere Moderne, sceglie nella vita di insegnare e lo fa in diversi istituti superiori e nelle scuole medie della provincia di Milano e Brescia. Ma, sebbene Acuto sia il tuo primo romanzo, non sei nuova al mondo della letteratura e della poesia. Da dove nasce l’esigenza di scrivere ora un primo romanzo come questo?
La vicinanza alla letteratura e alla poesia si deve alla professione di docente di lettere che ho svolto per anni e all’eterno amore per la lettura. Riguardo al tardivo approdo alla scrittura  di un romanzo, devo ammettere che è stata una scelta rimandata molte volte. Da tempo una storia premeva nella mia mente, ma io puntualmente la ricacciavo. Solo la sua insistenza mi ha fatto decidere a darle lo spazio che pretendeva e devo ringraziarla.

La protagonista, Elisa, è una donna molto remissiva, che ama la pace e la tranquillità, anche a scapito della propria vita: lei non sceglie, non si impone e odia i cambiamenti. C’è qualcosa di autobiografico nella scelta di delineare una protagonista così “immobile”, costretta però, ad un certo punto, a sporcarsi le mani con i ricordi e con un passato che voleva dimenticare?
Se per autobiografico s’intende riconoscersi in quel tipo di immobilismo, no, non credo di essere una persona che evita le scelte e i cambiamenti. I ricordi e il passato, invece, si fanno sempre più presenti con il trascorrere degli anni senza, però, avvertire il bisogno di rimuoverli.

Il Sessantotto è stato un anno importante, un anno fatto di tante emozioni, di tanti sconvolgimenti, di ribellioni e anche, soprattutto, di grandi speranze. Tu ce lo racconti in modo poetico e al contempo realista, narrando i fatti, ma riuscendo ad intrecciarli sapientemente con la storia e con i sentimenti dei personaggi del romanzo. Quali strumenti letterari (o non) hai scelto per riuscire in un’operazione così delicata, senza, quindi, risultare accademica o retorica? Ed inoltre, per narrare i fatti del ’68, hai raccolto più testimonianze o ti sei basata solo su ricordi, impressioni personali?
Ammetto che la difficoltà maggiore incontrata nella stesura del romanzo è stata quella di raccontare i fatti storici senza cadere in un eccesso didascalico che avrebbe appesantito il flusso narrativo. Sono quindi ricorsa all’alternarsi di piani temporali, di  presente e flashback, cercando di non far apparire le descrizioni di quegli anni fredde, generiche e superficiali. Pur trattandosi di una storia e di personaggi non reali, la parte riguardante gli avvenimenti di quel periodo ha necessitato di una documentazione basata su libri, interviste, filmati, articoli vari.

(fonte immagine: bresciatoday.it)

(fonte immagine: bresciatoday.it)

Marco è la figura maschile più bella e sincera di tutto il romanzo. Cosa rappresenta per Elisa? Potremmo anche definirlo, all’interno della storia stessa, incarnazione della passione autentica, quasi personificazione della vita, di come andrebbe realmente vissuta?
Marco è il puro, l’idealista che combatte per le idee in cui crede. Il leader che incanta gli altri, i coetanei, in quegli anni così improntati al cambiamento; colui che abbandonerà il Movimento Studentesco non appena si accorgerà che la Storia sta prendendo una piega imprevista che non lo rappresenta più ma che continuerà a mettersi al servizio dei più deboli attraverso la sua attività di medico in missione in Africa.

Il romanzo ruota molto attorno ai ricordi, alla forza che questi hanno su di noi. Cosa sono per Carla Magnani i ricordi? Che rapporto hai con il passato?
I ricordi, ovvero la memoria, costituiscono un elemento essenziale della mia vita. Più passano gli anni, più occupano uno spazio vitale a cui non potrei rinunciare. Non rinnego il mio trascorso, neppure quegli sbagli che son serviti a una crescita personale altrimenti impossibile, o comunque più lenta, da raggiungere. Vivo nel presente ma sono grata al passato.

Leggendo Acuto confesso che mi è tornata in mente, in riferimento alla protagonista, un’espressione utilizzata da Freud: “Sacrifichiamo tanta felicità per un po’ di sicurezza”. Cosa avrebbe detto Elisa a proposito di questa affermazione?
La “vecchia” Elisa avrebbe sicuramente concordato, forse cambiando la frase in “Sacrifichiamo la felicità  per una totale sicurezza”.

“Così come giorno dopo giorno impariamo a vivere, dovremmo anche imparare a morire”. Come commenteresti questa frase del romanzo?
Sono parole di Marco, di colui che troppe volte si è trovato a contatto con la morte e che ha avuto quindi l’opportunità di apprezzare la vita nella sua interezza ma anche di riflettere sulla  necessità  di abituarci a vederne la fine come passaggio obbligato spogliandolo della componente terrificante. Un  percorso e un approdo non certo facili, ma necessari.

Concludiamo con una domanda che accarezzerà il tuo animo di professoressa. Tu sei lettrice e sei stata, fino ad oggi, a stretto contatto con i ragazzi a cui hai insegnato. Quali sono le letture che consiglieresti ai giovani di oggi? Di cosa, secondo te, avrebbero bisogno?
Si dice spesso che i giovani non amano leggere e, in parte, è vero. Tutto oggi si è velocizzato e in particolar modo la comunicazione. La lettura ha i suoi ritmi che non corrispondono a quelli di molti adolescenti, bisogna quindi avvicinarli a quel mondo non imponendo titoli di libri, ma assecondandoli nel genere letterario che sentono più vicino, che possa destare in loro un minimo di interesse e che non sia solo fonte di divertimento, ma, possibilmente, anche strumento di riflessione. Sicuramente sono avvantaggiati quei giovani che fin da piccoli sono cresciuti in ambienti dove la lettura non era bandita e quindi hanno potuto familiarizzare con i libri. L’importante è riuscire a far scoprire la magia dei libri, solo allora diventeranno dei lettori a vita.

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