Quando la mafia si combatte d’estate. E non solo
L’esperienza in un campo di volontariato organizzato dall’associazione anti mafia “Libera” di Don Ciotti è un’iniezione di attivismo concreto. Quel tipo di attivismo che non è mai fine a se stesso perché è per qualcun altro: è di tutti
“Non siamo eroi. Non lo erano neppure loro, le idee di Falcone e Borsellino erano le loro idee. A noi, il solo compito di rispettarle.” Giovanni Paparcuri è un sopravvissuto degli anni della mattanza, e queste parole le ha ripetute più volte in uno degli incontri che costantemente porta avanti con ragazzi e ragazze che hanno preso parte al campo internazionale di E!State Liberi – l’iniziativa dei campi di volontariato estivo di Libera, associazione contro le Mafie.
Gli anni ’80 italiani, siciliani nello specifico, che segnarono di sangue le strade di Palermo, sono e saranno sempre la ferita dello Stato Italiano. Paparcuri faceva parte della scorta del magistrato Rocco Chinnici. Il 29 luglio 1983, una Fiat imbottita di esplosivo venne parcheggiata davanti alla sua casa in via Pipitone Federico a Palermo. Quel giorno morirono, insieme al magistrato Chinnici, il maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta, e anche il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.
Le parole di Giovanni Paparcuri gelano il respiro e sgranano gli occhi. Noi, che in quei roventi giorni d’agosto abbiamo scelto di immergerci nella realtà di Libera contro le Mafie, restiamo in silenzio assorti da un racconto che è verità e storia di una città, di una regione, di uno Stato. Parlare di Mafia, in Sicilia, ad oggi è ancora un’ ardua azione sociale che scuote menti e coscienze e che talvolta turba le anime dell’omertà e di una cultura mafiosa radicata da decenni nel nostro Paese.
La testimonianza di chi ha vissuto quegli anni di stragi è essenziale per chi crede che la criminalità organizzata sia distante ed astratta alla realtà di tutti i giorni. Non c’è cosa di più falso. Perpetuare la memoria è un dovere morale e, Libera, l’associazione contro le Mafie, lo fa da vent’anni. Nella sua campagna di sensibilizzazione e di educazione, un’idea ed una conquista che merita di essere raccontata: sono i campi di volontariato su beni confiscati alla Mafia.
Il 7 marzo 1996 l’Italia si fa grande, ogni tanto accade anche questo. Entra in vigore la legge n. 109 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, una svolta epocale nel contrasto alle mafie nel nostro Paese. Un grido di vittoria e di rivalsa per un intera popolazione che ha pianto le vittime di Mafia e per la rete di Libera e per tutti i cittadini che avevano sostenuto con un milione di firme la petizione popolare a sostegno della proposta di legge.
Il lieto fine non è mai abbastanza, fortunatamente. Ed ecco, che centinaia di ettari di terreni, ville, appartamenti e altri beni immobili si sono trasformati in cooperative sociali, sedi di associazioni, comunità di accoglienza, centri culturali, grazie all’impegno di Istituzioni, Enti Locali e della società responsabile.
Mario ha 15 anni e questa estate ha scelto di essere un volontario per la Cooperativa Liberamente Onlus, presso il bene confiscato all’“imprenditore” della Mafia, tale Vincenzo Piazza, detentore di un vasto terreno situato a Marina di Cinisi (PA) preso in mano dallo Stato, nel non troppo distante 1993. Oggi quell’ex casa mafiosa, ha cambiato identità e le sue radici prendono ora il nome di “Fiori di Campo”, un eco-villaggio che verrà inaugurato il prossimo 18 settembre, dopo anni di lavoro degli appartenenti alla cooperativa e dei volontari che ogni estate hanno fatto crescere vita e speranza su terra morta.
Ogni qual volta lo Stato interviene confiscando un bene di proprietà mafiosa, loro, gli adepti del malaffare, distruggono ciò che prima era in loro possesso. Bruciano tutto, riducono in frantumi strutture basilari per la conduzione dell’acqua, fognature, muri e la terra stessa. Non bisogna lasciare nulla allo Stato. Non si deve lasciare traccia della Mafia alla comunità. Quello che è stato calpestato dai loro piedi, non deve essere calpestato dai piedi di chi sta fuori dalla loro ideologia criminale ed educazione clanica.
Tutto questo rende il lavoro delle cooperative ed associazioni molto più arduo e lungo del normale. Nessuno di loro, nonostante tutto e nonostante il timore di agire in nome della società e soprattutto della legalità, si è mai arreso gettando guanti da lavoro e volgendo le spalle alla rinascita di un bene.
Mario avrebbe potuto fare l’alba questa estate, in spiaggia, tutte le sere che agosto regala, con i suoi amici, a godersi quelle ultime settimane in totale spensieratezza prima del ritorno sui banchi di scuola. Siciliano, di Mazara del Vallo, con il consiglio dei suoi genitori, si è tatuato addosso un’esperienza totalizzante che, di certo, non gli farà rimpiangere falò sulla sabbia e cornetti a mezzanotte.
Giulia e Matteo sono una bellissima coppia di Roma, lei antropologa e lui attore di teatro e logopedista convinto. Sono arrivati a Marina di Cinisi, con una carica ed una forza di volontà da lasciare il segno, capaci di amalgamarsi in un gruppo di persone delle età piu disparate senza mai, neppure una volta, sentirsi in disparte o isolati per futili questioni anagrafiche. Quando si lavora su di un bene confiscato alla criminalità organizzata, la fatica e la determinazione nel fare del proprio sudore un credo ed un obiettivo comune supera qualsiasi ostacolo generazionale e culturale.
Benazir, per noi tutti Ben, è una ragazza turca di 26 anni volata in Italia per fare volontariato e godersi un po’ le bellezze che solo l’Italia sa offrire. Tra queste, di bellezze, c’è stata anche l’esperienza a Fiori di Campo, e lei ne ha preso parte come se la Mafia fosse anche un problema suo, della sua città, della sua Turchia. Il suo entusiasmo nel ripulire il campo o nel tagliare legno utile alla costruzione di mobili, non aveva un colore di pelle, una lingua diversa o una fede religiosa differente. Era puro e mero entusiasmo di partecipazione.
Come tutti loro, anche il resto del gruppo di ragazzi e ragazze, provenienti da tutta Italia e che ogni giorno per dieci giorni si sono svegliati alle 7.30 del mattino per portare avanti un progetto condiviso ed annaffiare le idee del cambiamento, hanno portato con sé la convinzione che davvero qualcosa si può fare. Che non è solo compito delle istituzioni agire per combattere la Mafia e tutto ciò che riempie quel mondo parallelo fatto di corruzione, di ricatto, di morte di ostruzionismo.
Molto spesso l’azione collettiva è più forte di qualsiasi retata delle forze dell’ordine contro personaggi di spicco dei clan mafiosi. La formazione che affianca il lavoro, in questi campi di volontariato firmati Libera, è cibo fondamentale e vitale per permettere un agire consapevole e per svegliare quelle menti giovani e meno giovani sull’esistenza sempre attuale della criminalità organizzata. In Sicilia, in Calabria, in Campania così come in Lombardia, in Emilia Romagna, nel Lazio e non solo. L’agire mafioso va al di la dei confini nazionali e si trasforma in sistemi potenti e corruttivi dei mercati internazionali che vedono droga e traffico di essere umani come principali fonti di guadagno.
E!state Liberi organizza campi in quasi tutte le regioni italiane. La mia esperienza a Marina di Cinisi è una rarità, una perla dell’organizzazione che vanta natura internazionale. Non solo studio e formazione su come la Mafia agisce in terra italica, ma le conoscenze acquisite e le ore trascorse insieme ai ragazzi e ragazze formatori di Libera si trasformano in vere e proprie lezioni sull’attuale geopolitica della criminalità organizzata attraverso le quali è possibile osservare come la ‘ndrangheta si nutra di traffici illegali internazionali, concentrando le proprie azioni nel sud America facendo affari loschi con i cartelli criminali e narcotrafficanti strangolatori di ogni possibilità di crescita sociale nei quartieri marginali messicani, equadoriani, colombiani.
Marina di Cinisi è lungomare della località sicula di Cinisi, nota per essere luogo di nascita, vita e morte di Peppino Impastato. La storia di Peppino viene raccontata ai ragazzi che prendono parte al campo da colui che oggi porta il suo nome e i suoi ideali in giro per il Mondo. Giovanni Impastato è il fratello di Peppino e non si stanca mai di rendere memoria a quei cento passi ed a quella radio di coraggio e ribellione, disobbedienza e giustizia.
Tante le testimonianze che ogni giorno giungono a Fiori di Campo per raccontare storie vere di chi la Mafia l’ha conosciuta guardandola negli occhi. Antonio Zangara è figlio di Salvatore Zangara, cittadino di Cinisi vittima innocente di Mafia in un tranquillo 8 ottobre 1983. Salvatore si trovava nella piazza della cittadina quando una raffica di proiettili lo colpirono in pieno in mezzo alla folla. Una vittima di Mafia, si, perché in realtà quei colpi erano indirizzati al boss Procopio Di Maggio, per una contesa tra clan mafiosi. Di Maggio rimase illeso all’attentato, ed oggi si aggira ancora per le stradine di Cinisi. Ci vollero anni prima che l’amministrazione comunale, sotto commissariamento, appese una targa in ricordo ed in onore di Salvatore Zangara, sotto il silenzio di tutti.
Ognuna di queste vite, ogni singola storia ci è stata raccontata con l’umiltà di chi intende soltanto far sapere e diffondere la verità.
E!State Liberi, non è semplicemente volontariato su dei beni confiscati alle mafie, E!State Liberi è qualcosa di molto ma molto più umano. È condivisione, è saper far squadra anche quando non conosci chi ti è seduto accanto, è diffusione di una cultura che fa della legalità un’arma vincente e della cittadinanza attiva un diritto reale e fattibile oltre che un dovere morale ed etico per chi crede che la Mafia d’estate non uccide più perché è già stata sconfitta prima.