“Si combatteva qui!”: cent’anni di montagne dimenticate
Fino al 22 novembre in mostra a Milano “Si combatteva qui”, reportage tra le cime inaccessibili teatro dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale. Nella nostra intervista al fotografo Alessio Franconi, il racconto del suo cammino attraverso le immagini che hanno cancellato i confini tra i racconti di nonni e zii, tra paesi e schieramenti, e che permettono di “ricordare per non ripetere”
“Mi sono trovato davanti ad un precipizio oltre i 2.000 metri e ho pensato con un certo orrore «si combatteva qui!»”.
Un’esclamazione muta durante una delle sue prime escursioni sui campi di battaglia in quota, identifica oggi, a due anni di distanza, il progetto di Alessio Franconi: 55 scatti in bianco e nero, che ci accompagnano per luoghi angusti e freddi, dalla Slovenia all’Italia, fino alla Lombardia.
L’origine profonda della sua passione per la fotografia risiede nelle ore passate assieme al nonno, sempre con “il viaggio nel sangue e la macchina fotografica a tracolla”, a sfogliare le riviste del National Geographic.
La genesi del lavoro in mostra a Milano a Palazzo Moriggia è invece permeata della “memoria dei bisnonni e del sacrificio” pagato dalla sua così come da migliaia di altre famiglie durante la Prima Guerra Mondiale.
“Mi ha sempre colpito il ricordo che mia nonna ha di suo padre, Tenente di Fanteria: lei abbracciata allo stivale militare il giorno della sua partenza. L’unico ricordo che conservi, il resto è sempre stata una triste ammirazione per quella medaglia d’argento guadagnata con la morte in combattimento”.
Tutto inizia per un bisogno personale di “esplorare per comprendere meglio”, accompagnando alcuni amici. Più le parole finora ascoltate passavano allora attraverso i suoi stessi occhi, diventando nuovi racconti, più si accorgeva “di quanto quei nomi che campeggiano nelle strade di tutta Italia – Pasubio, Ortigara, Adamello, etc. – non dicessero nulla a molti”.
Si sviluppa così la motivazione per realizzare un lavoro autonomo molto più ampio, collaborando con Club Alpino Italiano – Sezione di Milano e Associazione Nazionale Alpini – Sezione di Milano Gruppo Milano Centro, di cui è membro, che hanno patrocinato e promosso l’iniziativa. Sapete, “qui tra Alpini si lavora «in cordata»”.
A cent’anni di distanza, il primo conflitto mondiale riecheggia ancora attraverso i suoi segni. Pezzi di scarpe, schegge di granata, shrapnel, bossoli e, talvolta, silenziose e bianche compaiono tra le stelle alpine le ossa dei caduti. “Le schegge di bomba sono onnipresenti per chilometri e chilometri di cammino rendendo perfettamente l’idea dell’orrore che passò lassù. Non mi sarei aspettato di trovare ancora ossa qua e là tra le trincee” racconta Alessio.
Nell’esposizione, le immagini della galleria di mina e del “Dente Italiano” sul Pasubio mostrano secondo due prospettive “l’assurdità dei conflitti, […] le difficoltà palesi ed obiettive legate a terreni impervi e inaccessibili”. Una scattata dal ventre della montagna, l’altra dall’esterno. “Lì, italiani e austriaci costruivano gallerie da riempire di esplosivo in modo da far esplodere le trincee dal basso. Gli austriaci arrivarono a far brillare la montagna prima degli italiani, esattamente sotto il «dente italiano»”. Continua: “Io so solo che entrando nel tunnel ho rinvenuto un pezzo di osso di mano tra il pietrisco. Non penso di dover aggiungere altro per descrivere la commozione”.
Lo stesso sentimento di commozione e memoria si avverte tra le persone che scorrono davanti alle fotografie, molti riconoscenti perché vedono finalmente i luoghi in cui combatterono i loro nonni, molti impressionati dalle storie che si celano dietro a quei massicci.
Quella cresta ancora oggi è squarciata, i soldati caduti che scavavano la galleria mai trovati. “Quella montagna”, ci dice, “ha un suo canto Alpino che narra esattamente la vicenda di quei tunnel: ‘Su la cima del Monte Pasubio, soto i denti ghè ze ‘na miniera, bomborombom bom bomborombom. Zè i alpini che scava e spera de ritornare a trovar l’amor’”.
Italiani, Francesi, Austriaci, Tedeschi, Sloveni, Ungheresi. Per ogni uomo che ha combattuto lì con tenacia e determinazione, con lo spirito di servire il proprio Paese, “ognuno ha posto a memoria il proprio dolore, le proprie vallate di origine”.
Tra le numerose tracce rinvenute, “nella zona dell’Ortigara ci sono i resti dei baraccamenti degli Sloveni che combattevano sotto l’impero austroungarico. […] una targa invoca alla loro montagna più cara: il Triglav”.
In mezzo a trincee e bunker distrutti, altri momenti e altre testimonianze segnano il passo, tra cui quella dello scambio avvenuto tra soldati italiani ed austriaci durante una tregua, determinata da una grande nevicata: “si scambiarono pane e sigarette, e alcuni di loro si ritrovarono a guerra finita e posero la targa”.
Grazie al Comitato per il Centenario Gruppo Alpini Milano Centro “Giulio Bedeschi” , che ha curato la mostra e promuove anche “la possibilità di visionare giorno per giorno i bollettini di guerra diramati cento anni fa”, lo spazio espositivo amplifica la sua eco in una seconda sala con “un percorso che ripercorre le tappe fondamentali del conflitto, illustra le difficoltà della guerra in montagna, le battaglie principali”. Dodici roll up didattici allestiti dal Centro Studi dell’Associazione Nazionale Alpini, insieme a cimeli appartenenti alle Civiche Raccolte Milanesi, quali ad esempio l’elmetto di Cadorna e la divisa della Medaglia d’Oro Alpina Francesco Barbieri, un giovane che diede la sua vita per il suo Paese cadendo in giovanissima età.
Dedicata ai suoi “bisnonni, ai loro fratelli ed ai loro zii, molti dei quali partiti e mai più tornati”, “Si combatteva qui!” racconta una vicenda personale e allo stesso tempo collettiva, che Alessio si augura arrivi in altre città d’Italia, fino a poter annunciare un’esposizione anche a Roma.
Nonostante la tragicità di quest’esperienza disumana, a noi lontana, che non può e non deve essere dimenticata, questi luoghi inaccessibili sono una concreta e viva esperienza per chi li percorre.
“Vuole essere un modo per far comprendere quanto possano essere atroci le conseguenze delle divisioni e dei conflitti. Vuole essere un tributo a quanti combatterono su ogni fronte perdendo affetti e vita. Vuole essere un inno alla pace e all’Europa, nata e cresciuta proprio sulle ceneri di due conflitti mondiali con un scopo preciso: non ripetere!”.
SI COMBATTEVA QUI 1915-18. Sulle orme degli Alpini nella Grande Guerra
Palazzo Moriggia | Museo del Risorgimento
Via Borgonuovo, 23 – Milano
Ingresso Libero
Orari di apertura:
Martedì – Domenica
4 settembre – 31 ottobre, ore 9 – 13 / 14 – 19.30
1 – 22 novembre, ore 9 -13 / 14 – 17.30