Atomiche in Italia: come imparammo a non preoccuparcene

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In Italia ci sono 70 bombe atomiche: siamo l’unico Paese europeo che possiede due basi nucleari. E per 25 anni non sono state nemmeno al sicuro

di Guglielmo Sano

atomichePersonaggio più “illustre” che “sconosciuto”, Hans M. Kristiansen è a capo del Nuclear Information Project della Federazione degli Scienziati Americani (FAS). Recentemente, Kristiansen ha pubblicato un rapporto sulla sicurezza delle basi Usa in Europa – ad ogni modo, non si tratta del primo importante studio dell’esperto.

“C’è un angolo della provincia di Brescia dove la guerra fredda non è mai finita” scriveva un anno fa Stefania Maurizi su L’Espresso. In Italia, infatti, viene custodita una buon fetta dell’arsenale atomico americano in Europa: tra la base dell’Aeronautica militare di Ghedi (Brescia) e quella americana di Aviano (Pordenone) fanno in tutto 70 ordigni – su un totale di 180, in Europa.

Nonostante il massimo riserbo sull’argomento da parte delle amministrazioni di Washington e di Roma  (si tratta pur sempre di materia coperta da “segreto militare”), due “dettagli tecnici” già allora indicavano la presenza di ordigni nucleari sul territorio italiano – come notava la Maurizi, basandosi su altro rapporto di Kristiansen.

Innanzitutto, le immagini satellitari prese in esame rivelavano il dispiegamento di alcuni “Nato Weapons Mainteneance Truck” che, come dice il nome, servono alla manutenzione delle armi nucleari. Insomma: non si comprende perché il Pentagono dovrebbe schierare un’unità del 704esimo squadrone munitions support (Munss) nella base di Ghedi, se non vi fossero 20 bombe nucleari B61 al suo interno.

I 134 uomini del Munss dell’Us Air Force, d’altronde, fanno proprio questo: proteggono e mantengono operativo l’arsenale nucleare americano. In tutte e 4 le basi europee (5 considerando anche Incirlik, Turchia) in cui si verifica la presenza di uomini del Munss, ci sono armi atomiche di proprietà americana “pronte” ad essere sganciate da aerei del paese ospitante. Per quanto riguarda l’Italia, in caso di “nuclear strike”, toccherebbe ai piloti del “Sesto Stormo” lanciare delle bombe, di cui le più potenti hanno 11 volte il potenziale di quelle che distrussero Hiroshima.

Quest’ultimo particolare diventa ancora più preoccupante se consideriamo che, sempre Kristiansen, nel suo ultimo studio ha messo in dubbio la sicurezza dello stoccaggio delle armi atomiche presenti nel “Vecchio Continente”. Grazie a nuove immagini satellitari lo studioso ha potuto constatare come ad Aviano si siano svolti dei lavori di ammodernamento strutturale; fin qui tutto bene, se ciò non indicasse che “le armi stoccate in Europa sono state custodite in condizioni non sicure per oltre vent’anni”.

Il problema sulla sicurezza delle basi americane in Europa è stato evidenziato per la prima volta in un rapporto dello stesso Kristiansen, risalente al 2008: negli Usa causò qualche malumore, in Italia è passato praticamente inosservato. Citando uno studio commissionato dagli stessi vertici delle forze armate americane nel 1997, l’esperto ricordava che anche un fulmine, nel caso in cui avesse colpito un deposito nella fase di smantellamento di una testata, avrebbe potuto causare un’esplosione atomica. Eventualità remota, comunque, si corse in fretta ai ripari. Sembra che ad essere messa in dubbio, adesso, sia anche un altro tipo di “sicurezza”.

Sette anni dopo e dopo aver speso 170 milioni di dollari, la costruzione di recinzioni più sicure in corso ad Incirlik e ad Aviano suggerisce che la sicurezza dei caveau in cui sono stoccate le armi nucleari nei paesi europei è stata inadeguata negli ultimi 25 anni” – conclude così il suo rapporto Kristiansen, non potendo evitare di ricordare, però, la vicinanza del sito turco alle zone dove opera l’Isis. Tanto per restare in Italia, lo studioso cita anche il caso di due jihadisti arrestati quest’estate a Milano: prima di partire per la Siria, stavano progettando un attentato alla base di Ghedi.

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