Crisi, 7 anni dopo: l’Italia tra “povertà” e “neo-sobrietà”
Il Rapporto Coop 2015 fotografa un Paese sempre più diviso tra nord e sud, ricchi e poveri, giovani e vecchi, italiani e “stranieri”
Tra la spesa media mensile a Trento e quella in Calabria si rilevano ben mille euro di differenza; basterebbe questo dato per capire quanto, a partire dal 2008, il Sud sia diventato sempre più “Sud”. Mentre l’Italia si “allunga”, il divario tra le generazioni si “allarga”: gli over 65 spendono 100 euro di più al mese rispetto agli under 35.
La “grande discriminante” resta il lavoro: un quarto delle famiglie è a rischio povertà o esclusione sociale – dal 2007, esse hanno perso potere d’acquisto per 122 miliardi, 75 dei quali in riduzione del consumi e 47 in taglio dei risparmi; con la crisi abbiamo perso 2.600 euro di reddito disponibile, ma quest’anno ne abbiamo recuperati 220 con una crescita del potere di acquisto dell’1,5%)
Il 52% degli italiani si colloca negli “strati popolari” della società, quando nel 2008 la percentuale non superava il 40%. Una lenta e inesorabile scomparsa della “classe media” che, al momento, colpisce più le donne – un quarto delle donne italiane laureate attualmente non lavora – e gli “stranieri” – che al mese spendono 900 euro in meno rispetto a chi possiede la cittadinanza italiana.
Un paese “contraddittorio” e bipolare, l’Italia fotografata dal Rapporto Coop 2015: da una parte 7 milioni di persone che fanno volontariato, dall’altra 200 miliardi di “evasione fiscale”. Un paese dove solo il 70% delle popolazione ha accesso alla rete (la media europea si aggira intorno al 76%) ma che su internet passa moltissimo tempo (più di 6 ore al giorno).
Anche se ci siamo presi un’infatuazione per il car sharing, continuiamo a viaggiare su gomma e a spendere in carburante. L’auto più acquistata non poteva che essere la “Panda“; tuttavia, rispetto al 2014, la vendita di auto di lusso è aumentata del 60%.
Sempre meno bevitori gli italiani (la percentuale è scesa del 13% dal 2010), ma sempre più acquirenti di champagne (+3%). In Italia fuma solo il 21% della popolazione (meglio solo Finlandia e Svezia), ma oltre il 35% dei cittadini più giovani afferma di aver fumato “erba” almeno una volta nella vita (2,3 milioni i consumatori abituali e occasionali).
Se il 30% degli italiani non pratica alcuno sport, resta il fatto che sul territorio nazionale ci sono 12mila palestre (28mila lavoratori), una ogni 5mila abitanti (la percentuale più alta d’Europa). Contraddizioni su contraddizioni: oltre un bambino su 5 con età inferiore ai 10 anni è in sovrappeso, uno su 10 è obeso, d’altra parte, siamo i più “magri” d’Europa considerando che solo il 10% della nostra popolazione soffre di obesità.
Merito dell’alimentazione: le calorie consumate sono tornate a livelli che non si vedevano dagli anni ’90; anche se la spesa alimentare è diminuita del 14% dal 2007 (prezzi costanti), il cambiamento è stato dettato più da ragioni “culturali” che economiche. Ci piace mangiare “biologico“: il fatturato del settore ha raggiunto quota 2 miliardi e mezzo di euro, sei volte di più rispetto agli anni 2000, e cresce a un ritmo del 20% annuo. Inoltre, il 10% degli italiani è vegetariano (la percentuale più alta d’Europa), il 2% è vegano. Le vendite dei prodotti – dicono gli autori del rapporto – riflettono questo cambiamento: scende sempre più l’acquisto di cole, nettari, thé pronto, sale quello di cibi di soia (62%), prodotti senza glutine (50%) carne di pollo e coniglio (40%).
Insomma, da 7 anni lo stile di vita della maggior parte degli italiani è improntato a una maggiore “sobrietà”: mentre crolla il valore dato al consumo “abbondante, opulente, simboleggiante e inutile”, aumenta esponenzialmente quello di “benessere” e viaggi. In altri tempi si sarebbe detto: più “essere” che “avere”. Oggi diciamo: più “condivisione” che “possesso”.