Restart daSud: l’importanza delle parole
Durante il “Festival della Creatività Antimafia e dei Diritti”, organizzato dall’Associazione daSud, premiate le studentesse vincitrici del contest “Le mafie sulla mia città”. L’occasione è stata utile per una riflessione sull’importanza delle “buone parole” nel giornalismo, nell’informazione e (anche) nella finzione
di Gaia Cacace
Federico Pace, giornalista per Repubblica, ha parlato del contest, cui hanno partecipato studenti e studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado di tutta Italia, che hanno scritto storie reali di mafia nelle loro città. Per il giornalista, è “importante una visibilità collettiva” di tutti gli articoli pubblicati, non solo dei vincitori, perché tutte le storie devono essere conosciute, “tutti gli avvenimenti – ha affermato Pace – sono una ricchezza comune”.
Giovanna Boda del Ministero dell’Istruzione ha invece posto l’attenzione sulle “mafie” di ogni giorno: “Ovunque può esserci uno stile di vita mafioso, ovunque può esserci omertà”. Anche nelle scuole, dove i professori hanno un compito fondamentale, perché sanno e devono parlare contro gli atti di bullismo, una delle tante forme che assume la delinquenza.
Secondo la giornalista Raffaella Maria Cosentino “la parola «legalità» è un termine complesso, perché ci possono essere leggi ingiuste. Io mi occupo di diritti umani, dell’emigrazione. Sono arrivata a specializzarmi in un ambito in cui si raccontano le minoranze nei media. Come li chiamiamo influenza le cose. Anche nelle scuole, nei libri di testo, andrebbe fatta una riflessione sulle parole che ci sono: clandestino, per esempio. La parola deriva dal latino e significa «colui che si nasconde dalla luce del sole»: qualcuno che sta facendo qualcosa di sbagliato, mentre chiamiamo così chi sta scappando dalle guerre, dalla povertà, dalla fame. Io non capisco perché dovrebbero vedere la fame come qualcosa di scarsa importanza, come se noi al loro posto non faremmo lo stesso. Viviamo in un’epoca in cui volendo si può sapere tutto. Dipende da noi informarci e cercare di cambiare un pochino la nostra realtà”. Raffaella Cosentino è anche co-autrice di un documentario sui centri di identificazione (se ne parla qui).
La conferenza è proseguita con l’intervento di Stefano Bises, sceneggiatore della serie tv “Gomorra”. Bises ha cominciato come giornalista, “ma pensavo che l’uso delle parole nella finzione comportasse meno responsabilità – ha detto-. Invece ne comporta di più, forse, ma in maniera diversa”. Nella finzione, ha continuato lo sceneggiatore “si lavora sulla coscienza, sui sogni, che sono cose importanti, soprattutto per i giovani”. Purtroppo bisogna riconoscere che l’Italia “è un paese in cui trionfa molto, ma molto più spesso il male. È potente, ha duemila forme. Si avvantaggia di una cosa: perlopiù cerca di operare clandestinamente. Bisogna costringerlo a venire in superficie, riconoscerlo per battersi contro di lui”.
Per Jean René Bilongo, responsabile dell’immigrazione per la Flai – Cgil, dovremmo immaginare “un futuro multietnico con genti diverse provenienti da nazionalità diverse, con credi diversi, accenti diversi”. Nel suo intervento ha ricordato il lavoro contadino, che oggi, purtroppo, vede lo “sfruttamento delle persone, ridotte a oggetto, utilitarismo becero”, per cui lui si batte. Ha immaginato un “futuro comune che avrà sicuramente debellato questi flagelli”.
Infine, a RestartdaSud è arrivato anche Giorgio Minisini, due volte bronzo ai recenti Mondiali di nuoto di Kazan nel nuoto sincronizzato misto. Secondo l’atleta classe 1996 “il migrante è una persona con tanti sogni, disposta a fare tanti sacrifici ma senza opportunità. La vita facile non esiste per nessuno” – ha detto Minisini, che poi ha concluso: “gli italiani devono tornare ad avere la voglia di sacrificarsi”.