#YouStink: c’è del marcio, in Libano
Mobilitati dall’hashtag #YouStink, migliaia di libanesi sono scesi in piazza per protestare contro la gestione della crisi della spazzatura che ha invaso Beirut. La protesta denuncia la debolezza e la corruzione dell’intera classe politica
Immobile. Bloccato. Silente. Ecco, come poteva apparire il Libano, piccolo paese incastrato tra Israele, Siria e Giordania che si affaccia sempre sul Mediterraneo. Poteva, giusto, poteva fino a qualche mese fa. Una storia peculiare fatta di convivenza e divisioni settarie su base religiosa, immobilità politica ed elezioni, guerre civili e accoglienza di centinaia di migliaia di migranti dalla Palestina, prima, e dalla Siria negli ultimi quattro anni.
Già da tempo, gli osservatori avevano puntato lo sguardo su Beirut. Da più di un anno si è concluso il mandato del Presidente della Repubblica che, secondo la Costituzione, deve essere parte della comunità cristiana. Dopo Suleiman, il Parlamento ha provato più volte a raggiungere il quorum necessario per scegliere il suo successore; ma le divisioni tra il movimento del 14 Marzo, prevalentemente composto da musulmani sunniti, e quello dell’8 Marzo, a maggioranza sciita, hanno spaccato ulteriormente una società civile già messa a dura prova da 15 anni di guerra civile, tra il 1975 e il 1990, dall’occupazione israeliana, conclusasi nel 2000, dal conflitto tra Hezbollah e Israele nel 2006 e dal forte indebolimento del regime di Assad che ha sempre avuto una forte influenza sul paese.
Eppure non sono state queste le motivazioni che hanno portato nelle piazze della capitale migliaia di persone durante l’estate appena conclusa: è toccato invece alla chiusura della principale discarica della città e alla conseguente invasione della spazzatura il compito di risvegliare le coscienze della popolazione che si è riscoperta unita da un obiettivo comune.
Mobilitati anche grazie ai social media e all’hashtag #YouStink (tu puzzi), più di 20mila persone si sono riversate per le strade di Beirut portando con sé la bandiera bianco/rosso/verde del paese dei cedri. Differenze sociali e religiose hanno perso la loro capacità divisive, mentre le manifestazioni sono diventate un’espressione di cittadinanza e partecipazione politica. Il passaggio, poi, da una crisi della spazzatura alla “spazzatura politica” è stato breve.
Il movimento #YouStink chiede una gestione della crisi della spazzatura che rispetti l’ambiente e che sia sostenibile, un repulisti della città e di una classe politica percepita come vetusta, corrotta e incollata alla propria poltrona. All’inizio del mese un gruppo di manifestanti è entrato al Ministero dell’Ambiente per chiedere le dimissioni del titolare del dicastero. Tuttavia è l’intero governo, guidato dal sunnita Tammam Salam, e l’opposizione ad essere ormai considerati come merce “puzzolente”. Basti pensare a a Nabih Berri, presidente del Parlamento libanese, ininterrottamente, dal 1992.
Ai tentativi delle forze politiche di infiltrarsi nella protesta strumentalizzandola e alla reazione violenza delle forze dell’ordine che hanno ferito decine di manifestanti, #YouStink ha risposto con creatività. Tra le bandiere libanesi, sono infatti comparsi cartelli con slogan ironici e fotomontaggi che evidenziano l’inadeguatezza e la “sporcizia” della classe politica.
Nonostante siano passati ormai due mesi dalla chiusura della discarica che ha dato avvio alle contestazioni, migliaia di persone si sono radunate fuori dal Parlamento nell’ultima settimana. Studenti, professionisti, pensionati chiedono, tutti insieme, il rispetto dei criteri minimi di igiene e, di conseguenza, una risposta efficace da parte delle forze politiche nel loro insieme agli effettivi bisogni del paese.
Un paese, il Libano, che conta 4 milioni di abitanti, accoglie 1 milione e mezzo di rifugiati siriani e un numero indefinito di Palestinesi. Un paese che non ha più nulla da perdere. L’ampiezza della mobilitazione dimostra che proprio non si tratta di un movimento superficiale. Si è aperta una frattura che non si sanerà in fretta, difficile immaginare le conseguenze. Le certezze sono poche, ma tra esse è sicuro che un’aggregazione così trasversale e capace di coinvolgere la società civile libanese in quanto tale e non su base religiosa non si era mai vista. E, come tutti i movimenti di tale portata, non può spegnersi in breve tempo.