Lo Ius soli nello sport
Un provvedimento consentirà ai minorenni stranieri residenti in Italia (dai 10 anni di età) di essere tesserati dalle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali. Lo Ius soli nello sport come passo importante per vincere la battaglia per l’integrazione
Integrazione e sport, due parole che per gli stranieri residenti in Italia saranno ancor di più legate tra loro. Stiamo parlando dello “Ius soli sportivo“, un provvedimento che consentirà ai minorenni stranieri che vivono nel nostro Paese di essere tesserati da società sportive a partire dai 10 anni di età.
Facciamo però un piccolo passo indietro: lo scorso 14 aprile la Camera ha approvato con 422 voti a favore, 12 contrari e 6 astenuti la proposta di legge sullo “Ius Soli Sportivo”, che sarà all’esame del Senato per la sua definitiva introduzione.
Ma cos’è lo Ius Soli? È l’acquisizione della cittadinanza in un dato Paese avvenuta per via del fatto di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dal luogo di nascita dei genitori. Questa agevolazione, nel caso dello sport, non consegna però ai giovani atleti la cittadinanza vera e propria. Per avere la cittadinanza vera e propria questi ragazzi dovranno attendere il compimento del 18° anno di età, in quanto in italia vige lo Ius sanguinis, ossia l’acquisizione della cittadinanza grazie alla nazionalità dei genitori.
Dopo l’esame al Senato, la proposta di legge dovrà essere letta e approvata dal Presidente della Repubblica. Il terzo è ultimo passo è l’iscrizione alla Gazzetta Ufficiale, nella quale resta per 14 giorni prima che inizi ad avere efficacia.
“Condivisione piena del governo per proposta di legge su cittadinanza sportiva a minori stranieri in Italia entro i 10 anni“: con questo tweet del 23 marzo 2015 l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e attuale Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha accolto benevolmente l’iniziativa.
È un gran segnale questo, che parte da un mondo nel quale il razzismo è all’ordine del giorno e dove i “buu” purtroppo ormai entrati nella routine del tifo, soprattutto nel calcio. Oltretutto, grazie a questo provvedimento saranno snellite e agevolate molte pratiche in quanto ai figli di la Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio) ha sempre chiesto obbligo di residenza e certificato di frequenza scolastica, documenti che non vengono mai chiesti ai bambini italiani.
Altra gran novità è il fatto che finalmente ci sarà un documento unico per ogni distaccamento della Federazione in quanto per ogni provincia varia la documentazione da presentare. Così che finalmente i figli dei migranti potranno sentirsi integrati con i loro compagni e contemporaneamente integrarsi all’interno della comunità nella quale risiedono.