Il Labour Party di Jeremy Corbyn
Il nuovo leader laburista Jeremy Corbyn prepara la strategia più a sinistra della storia del partito, già distante su interventismo e nucleare
di Sara Gullace
Il Labour Party si sposta a sinistra. Le primarie del 12 Settembre hanno definito Jeremy Corbyn nuovo leader del partito che siede all’opposizione nel parlamento britannico. Lo ha preferito il 59,5%, degli elettori – ovvero 251.417 di essi – scegliendo così il più a sinistra tra i candidati concorrenti.
Socialista e pacifista, come lui stesso si definisce, Corbyn ha superato Andy Burnham, Yvette Cooper e Liz Kendall. Distante dalle politiche recentemente seguite dal Labour, la sua vittoria sembra spaccare il Partito al suo stesso interno. Subentrato a Herriet Harman, ad interim dopo le dimissioni di Ed Miliband nel post elezioni dello scorso Maggio, Corbyn ha già tracciato le linee della sua svolta. “Una politica più onesta e inclusiva” e “un cambiamento che possiamo e dobbiamo fare” – questo è stato l’incipit del suo futuro percorso, presentato la scorsa settimana al Congresso.
Quali saranno i punti fermi della nuova politica laburista? La lotta all’austerità e un’ analisi degli impegni militari sono, probabilmente, gli spartiacque.
In primo luogo, Corbyn definisce fallimentare la strategia economica di Cameron, accusato di aver creato diseguaglianze nella società britannica e di aver messo sul lastrico intere famiglie a causa di salari congelati e lavoro precario. “Un’economia utile a pochi, non alle masse” è stato il commento sulla linea dei tories. L’alternativa del Labour, sarà investimento nella sfera pubblica e nelle infrastrutture.
Per quanto riguarda il lavoro, Corbyn ha teso una mano agli autonomi, in numero crescente in Gran Bretagna. Ad essi ha promesso l’accesso alla maternità e alla paternità, previsti per i lavoratori dipendenti, impegnandosi ad assottigliare diseguaglianze e insicurezze del settore.
In ambito sanitario, il suo obiettivo sarà tutelare le malattie mentali rendendo paritari gli accessi assistenziali al sistema nazionale. La ripresa economica degli elettori e l’assottigliarsi delle diseguaglianze dovranno passare anche per la disponibilità di alloggi popolari: per le previsioni di Corbyn dovranno essere almeno 100 mila le nuove abitazioni da mettere a disposizione. Nel settore trasporti si parla della nazionalizzazione di una nuova rete ferroviaria, che sarà pubblica: quest’obiettivo è stato ampiamente appoggiato anche dal Congresso.
Temi molto caldi, invece, l’interventismo militare e il riarmo nucleare. Corbyn conferma la sua fama di attivista anti nucleare, dichiarandosi contrario al rinforzo di questo tipo di armi per la Difesa britannica sia per questioni etiche che economiche: “Non credo che spendere 100 milioni di sterline, un quarto del budget, in armi nucleari sia, al momento, la scelta giusta” – ha chiosato al riguardo. La sua fermezza dovrà presto fare i conti con quella di un’altra parte del Labour che, invece, si dice intenzionata ad appoggiare il rinnovo dei sottomarini nucleari: la votazione al Parlamento è prevista il prossimo anno.
E delicato sarà anche il dibattito per l’interventismo in Siria: il nuovo leader, che ha sempre sottolineato il rispetto dei diritti umani in politica estera, vorrebbe un ruolo attivo per la Gran Bretagna, ma in termini diplomatici. Tuttavia, la sua prima posizione a seguito dell’elezione sembra non escludere un intervento spalleggiato dall’Onu – dimostrandosi, su quest’aspetto, più vicino ai suoi colleghi di partito.
Per quanto riguarda la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione, il nuovo leader ha sfumato le sue resistenze: si dovesse votare domani, appoggerebbe le scelte di Cameron ma il suo obiettivo dichiarato è quello di muoversi in una Comunità “sociale, solidale e unita”. Una prospettiva alquanto diversa, quindi.
Un argomento che Corbyn ha soltanto sfiorato è l’immigrazione: “La peggior crisi di rifugiati della storia. L’intervento del nostro Governo e dell’Europa non si sta rivelando sufficiente”. La soluzione? “Tendere la mano dell’amicizia e dell’umanità”. Ovvero, prese di posizione all’attivo: nessuna.
Le forti differenze all’interno del Labour saranno sicuramente protagoniste da qui al 2020, quando si tornerà alle urne per le politiche. Il suo nuovo leader cerca di calmare la acque da subito: “Tutti abbiamo idee diverse, e tutte possono essere migliori di altre. Voglio un dibattito aperto al nostro interno. Ascolterò la voce di tutti, perché la leadership significa saper ascoltare”.