Shakespeare, il sogno immortale al Globe Theatre di Roma

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Fino a domenica 11 ottobre il Silvano Toti Globe Theatre di Roma offre agli spettatori l’eterea dolcezza di “Sogno di una notte di mezza estate”. Lo spettacolo, diretto da Riccardo Cavallo, si mostra impeccabile in ogni aspetto e riconsegna intatta la volontà di Shakespeare: divertire e sognare

di Gloria Frezza

(fonte immagine: facebook.com)

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Scenari più favolistici ed incantati del Silvano Toti Globe Theatre, nel mezzo della splendida Villa Borghese, Roma può vantarne pochi. Il legno incorniciato dagli alberi in notturna, le luci soffuse ed il vento che gioca con gli infissi sembrano motivi sufficienti per lasciarsi cullare da uno spettacolo serale di metà autunno. Se poi questo spettacolo è anche di penna shakespeariana, il piacere multisensoriale potrebbe dirsi completo.

Non fingiamo che il lavoro del Globe Theatre e del suo direttore artistico, Gigi Proietti, non sia noto al pubblico romano, né che la riscoperta e la riproposizione dei capolavori di William Shakespeare non sia uno dei fiori all’occhiello dell’estate capitolina; tuttavia il lavoro degli attori e la qualità delle pièce meritano una lode sentita e più di uno sguardo ammirato.

Per gli ultimi accenni d’estate, almeno quella figurata, fino a domenica 11 ottobre il Globe è in scena Sogno di una notte di mezza estate con la regia di Riccardo Cavallo (tradotto da Simonetta Traversetti). Sul palco di nuovo i sandali alati di Puck, i passi felpati della regina delle fate e le tragiche disavventure dei quattro giovani innamorati. Una storia avvolta dal sogno, che del sogno è parte e trascina con sé, con pochi semplici espedienti, lo spettatore nella propria dimensione onirica.

Quello di Sogno di una notte di mezza estate è un miracolo che si ripete, senza perdere minimamente il luccichio dell’impresa o la dolcezza del racconto. Shakespeare è più di un autore, più d’un compositore: è un tessitore di miti, un cantore alla greca, con la medesima parola fine e misteriosa virtù del cieco Omero. In questo senso, la traduzione italiana non molesta ma arricchisce l’atmosfera richiesta dall’autore e le voci, sapientemente modulate, degli attori accarezzano l’orecchio e la fantasia.

Le piccole candele ingabbiate sul palco, il grande ombrello bianco di Titania, le piume spostate dal vento, sono solo alcuni degli accorgimenti azzeccati nella scena eterea del Globe Theatre: l’effetto finale è un’inafferrabile melodia lontana, le immagini offuscate che si vedono prima di addormentarsi, un vero e proprio sogno. Nonché i costumi di Manola Romagnoli: svolazzanti, minimali, senza orpelli ma ectoplasmatici a sufficienza per arricchire ulteriormente il quadro.

(fonte immagine: facebook.com)

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Arriviamo infine agli attori, coinvolti sapientemente in una performance senza sbavature, sempre ritmata, sempre coinvolta e credibile. Voci conosciute, tutti veterani coinvolti nel mondo del doppiaggio e della recitazione da tempo, sono in grado di immedesimarsi nei panni del perentorio Re degli elfi, come in quelli dell’ingenuo Tassello. A tal proposito, infatti, la storia parallela dei quattro cittadini ateniesi impegnati nella realizzazione di uno spettacolo per il matrimonio di Teseo ed Ippolita, viene immensamente valorizzata dalla bravura degli attori. Roberto Stocchi, Marco Simeoli, Gerolamo Alchieri e Claudio Pallottini divertono in ogni scena, senza sacrificio di naturalezza. Talmente interessanti e gradevoli, che la loro storia passa spesso in primo piano nello svolgersi della lunga notte fiabesca.

D’altro canto Fabio Grossi (Puck) e Claudia Balboni (Titania) sono altrettanto preziosi ed interpretano la volontà shakespeariana del “divertire con eleganza”. Si giunge a perdonare bonariamente il primo, parteggiando spassionatamente per le sue malefatte, e a provare tenerezza per la seconda, intrappolata per il più antico degli incantamenti, l’amore.

Non rinunciate agli ultimi regali del Silvano Toti Globe Theatre, con la più dolce delle commedie di Shakespeare, anche solo per poter risentire, appagati e pronti all’applauso, quei versi familiari: “Se noi, ombre, vi abbiamo scontentato, pensate allora – e tutto è accomodato – che avete qui soltanto sonnecchiato mentre queste visioni sono apparse”.

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