Queen at the opera, uno spettacolo controcorrente
A Roma un magnifico evento musicale sulle indimenticabili note dei Queen. Quattro cantanti emergenti insieme ad una rock band e a un’orchestra sinfonica di 26 elementi hanno stregato il pubblico dell’Atlantico. Intervista al direttore artistico e arrangiatore Giacomo Vitullo
di Marica Romeo
Regalare emozioni al pubblico sulle note dei Queen pensando al grande Freddie Mercury. Lo scorso 3 e 4 ottobre l’Atlantico di Roma ha ospitato “Queen at the opera”, progetto ideato da Simone Scorcelletti riprendendo il nome dello storico album della band inglese “A night at the Opera”.
Grazie agli arrangiamenti eseguiti con grande maestria da Giacomo Vitullo, direttore artistico dello spettacolo, tutto questo è stato possibile rispettando comunque l’essenza e lo spirito delle musiche originali. La performance dei quattro cantanti, Roberta Orrù, Federica Buda, Luca Marconi e Giordano Petrini, accompagnati dall’orchestra sinfonica diretta dal maestro Aldo Perris, è stata strepitosa, degna di uno show internazionale.
“Queen at the opera” è un vero e proprio talent show pieno di originalità. La scelta dei quattro cantanti, due ragazze e due ragazzi, si è infatti concretizzata attraverso un casting online, mentre per la selezione finale si è riunita una commissione che ha scelto i vincitori. Un’altra nota sui generis è dovuta agli arrangiamenti musicali di Giacomo Vitullo, di cui ci parla in questa breve intervista:
Giacomo, svelaci qualche segreto sugli arrangiamenti orchestrali dei Queen at the opera.
Di fronte alla responsabilità di far convivere gli originali arrangiamenti rock con l’eleganza di un’orchestra sinfonica ho cercato l’approccio del dialogo tra le parti e piuttosto che aggiungere un altro strato ad una torta già consacrata nella comune memoria musicale, ho preferito intendere la scrittura come un duetto. La maggior parte degli interventi orchestrali è stato composto e strutturato indipendentemente come per poter essere ascoltato anche senza gli originali arrangiamenti dei Queen. Quindi, evitando di “spalmare” le parti di chitarra o pianoforte sugli strumenti orchestrali, ho cercato di comporre frasi e movimenti originali che sposassero rispettando l’essenza di ogni brano.
Particolarmente amante della tecnica del Mash-Up (la “miscela” di due o più parti di brani distinti per la creazione di un brano ibrido che in molti casi riesce a svincolarsi dall’originale parentela) ho inoltre sommessamente quanto forzatamente introdotto delle citazioni ardite, spingendomi in alcuni casi ad omaggi spericolati. Da Colazione nel parco dentro Bicycle Race, al Tema della Morte Nera su Innuendo, permettendomi richiami a Vivaldi e Bach per finire con il Requiem di Mozart su The Show Must Go On. Quest’ultimo, a mio modesto parere, tra i miei matrimoni musicali più convincenti per tematica e ispirazione tanto che mi domando, azzardando, se lo stesso Mercury abbia trovato in Mozart una sorta di ispirazione per il suo brano di addio.
Come è stato scelto il cast? Come mai quattro cantanti?
Dopo aver visto e militato per oltre 15 anni in cover e tribute band dei Queen, avevo notato che l’attenzione dello spettatore era troppo spesso concentrata unicamente sulla figura del cantante. Sindrome particolarmente diffusa tra i fan di un gruppo rock, oltre che giustificabile per la figura istrionica di Freddie Mercury. Ma se da un lato la difficoltà dell’emulazione si scontrava spesso con l’impotenza o inadeguatezza, dall’altro non rendeva certo giustizia agli altri membri band ufficiali, quanto eccellenti compositori. Si mal celava costantemente il rischio di un “vorrei ma non posso”, cadendo nel continuo paragone e di fatto non godendo più della musica in quanto tale.
Riflettendo su questo ho proposto alla produzione l’idea di organizzare il canto in quattro performer, quattro cantanti per ricordare il numero originale dei membri, per poter ricoprire tutte le tessiture vocali e per portare l’eroica quanto ingombrante personalità di Mercury da “divisa” a più adeguatamente “condivisa” con un peso distribuito e alleggerito. Dopo un casting molto impegnativo e con grande ricchezza di talenti, abbiamo scelto i migliori rappresentanti e vederli esprimere in scena tutte le loro qualità e la loro passione è stato davvero emozionante.
È anche in lavorazione il progetto di un docu-film per raccontare le emozioni e l’evoluzione di “Queen at the opera”, dal momento delle selezioni dei musicisti, al making of fino alla prima entrata in scena, per promuovere il prossimo tour e farlo decollare nel panorama internazionale. Questo straordinario spettacolo è stato anche patrocinato dall’ufficio per la cultura e lo spettacolo della città di Roma, perché ritenuto “un evento di grande rilevanza e innovazione culturale”.
Ed ora attendiamo con trepidazione che il tour decolli oltreoceano insieme al nuovo anno… The show must go on!