Io non rischio: le buone pratiche della Protezione Civile
Sabato 17 e domenica 18 ottobre in oltre 400 piazze italiane torna Io non rischio, la campagna della Protezione Civile sulle buone pratiche in caso di alluvioni, terremoti e maremoti. Intervista al responsabile Ufficio Stampa del Dipartimento della Protezione Civile
di Graziano Rossi
Francesca Maffini, domani e domenica in 400 piazze italiane torna l’iniziativa “Io non rischio”, focalizzata sulle buone pratiche da adottare in caso di alluvione, terremoto, maremoto. Qual è l’obiettivo della Protezione civile per la campagna 2015?
Il primo obiettivo, quello meramente numerico, è già raggiunto: far crescere la campagna, che è nata nel 2011 partendo da appena nove piazze in sei regioni per informare sul rischio sismico e nel giro di appena quattro anni è arrivata a coinvolgere 400 piazze distribuite su tutte le aree del Paese, grazie all’impegno di moltissime realtà del volontariato di protezione civile che lavorano fianco a fianco con numerosi centri di competenza scientifica, un impegno comune straordinario per promuovere una maggiore informazione e consapevolezza non solo in tema di rischio sismico ma anche sul rischio alluvione, che interessa purtroppo un’altissima percentuale di comuni italiani, e sul rischio maremoto di cui si parla certamente troppo poco.
L’obiettivo fondamentale però rimane quello di “Io non rischio”, che possiamo sintetizzare in uno slogan: volontari più preparati, cittadini più consapevoli, comunità più sicure. Siamo convinti infatti che investire sulla formazione e sull’impegno del volontariato di protezione civile affidandogli il compito di sensibilizzare i propri concittadini rispetto ai rischi del territorio in cui vivono possa portare a una cittadinanza più preparata ad affrontare i rischi e anche più esigente nei confronti dei propri amministratori.
Le statistiche dicono che l’Italia è un Paese ad altro rischio idrogeologico, però non sembra di vedere miglioramenti nell’attuazione delle norme per far diminuire il rischio di catastrofi naturali (e umane). Cosa si dovrebbe e potrebbe fare allora per evitare le numerose tragedie che colpiscono ogni nostra regione?
Le cose da fare sono tante, e spesso non facili né immediate: la prevenzione strutturale, quella che definiamo “messa in sicurezza” richiede oltre che investimenti anche tempi non brevi per progettare e realizzare le opere infrastrutturali, ed è comunque una misura che tende a ridurre, non ad azzerare il rischio. Ma siamo convinti che la sfida di un sistema di protezione civile moderno sia poter contare – accanto alla prevenzione strutturale, che pure è essenziale, anche e soprattutto sulla consapevolezza del rischio da parte dei cittadini, e quindi sulla loro capacità di autotutela. Non possiamo più tollerare casi in cui si perde la vita durante un alluvione scendendo in cantina o in garage, magari per mettere in salvo l’auto.
Ci sono degli esempi di buone pratiche nati grazie a “Io non rischio”?
“Buone pratiche di protezione civile” è il payoff della campagna, ma in un certo senso è “Io non rischio” in sé a rappresentare una buona pratica. Sarebbe forse più giusto dire non che le buone pratiche che i volontari propongono ai cittadini sono nate grazie a “Io non rischio” – anzi si tratta spesso di regole che dovrebbero far parte del nostro patrimonio culturale, legate alla conoscenza del territorio in cui viviamo o addirittura dell’edificio in cui abitiamo –, ma piuttosto che “Io non rischio” è nato per dar loro la più ampia diffusione possibile.