Marco Simoncelli, un angelo dalla chioma bruna
Quattro anni fa ci lasciava Marco Simoncelli, uno dei piloti più amati del paddock della MotoGP. La sua chioma bruna e il suo sorriso erano tratti caratteristici del suo essere, che stridevano con la cattiveria e la determinazione in pista. Ed è così, con rabbia e grinta, che se n’è andato in una giornata malese di fine ottobre
Un corpo esanime sull’asfalto. Un ciuffo riccio di capelli castani che sbuca dal casco, ed una moto, che imbizzarrita è schizzata via. Sembra la scena di uno dei tanti incidenti stradali che può veder coinvolto un motociclista, invece è la fine ingloriosa di un giovane pilota di MotoGP.
Perché in questo modo, alle 10.56 ora italiana del 23 ottobre 2011, sull’asfalto rovente di Sepang a lasciare questo mondo è stato Marco Simoncelli, per tutti il “Sic“.
Quattro anni sono ormai passati dall’incidente, eppure Marco è sempre presente, nei pensieri dei suoi colleghi. Era un pilota coriaceo, il romagnolo. Un pilota dotato di una grinta fuori dall’ordinario. “Vincere sempre e comunque, e non mollare mai!”
Questi i suoi credo.
Un modus vivendi che gli è costato la vita. Perché se in quella curva avesse abbandonato la moto, lasciandola scivolare via, oggi probabilmente il Sic sarebbe ancora in pista a battagliare con gli avversari. Lui era così, un combattente, e come tale se n’è andato. Aggrappato alla sua Honda che ha provato a controllare fino all’ultimo e l’ha catapultato in pista facendolo divenire bersaglio impossibile da evitare per i piloti che correvano dietro di lui.
Il destino ha voluto che il colpo di grazia gli sia stato inflitto dall’amico fidato, Valentino Rossi, ormai non più idolo ma orgogliosamente amico. Tante cose ha vissuto in questo mondo, ma questa, non avrebbe voluto viverla. Ormai il pilota di Coriano era diventato un fratello minore per il campionissimo di Tavullia. Il “Dottore” gli è stato sempre vicino anche quando Jorge Lorenzo, in virtù di certi duelli affrontati con il “Sic”, lo definiva scorretto. Queste parole rivoltegli da un Top Rider ferirono molto il pilota che dopo un successo in pompa magna in 250 sognava di sfondare nella MotoGP.
A frenare l’ascesa del Sic nell’olimpo dei motociclisti, oltre la propria statura, (183 cm sono troppi per delle moto destinate a essere guidate da fantini), il suo carattere. Lottava per vincere il romagnolo, che da Rossi ha preso la propensione alle battaglie e alle “sportellate”. Questo non piaceva ai suoi rivali, che si spaventavano nel dover duellare con questo “armadio”.
Una notizia però lo consolava: le 800 erano finalmente pronte per andare in pensione, sostituite dalle 1000. Con tale cilindrata, Marco diviene consapevole del fatto, di poter dire la sua; talmente galvanizzato, che a Brno prima e a Phillip Island poi, era riuscito ad ottenere i suoi primi due podi con la Honda del Team Gresini.
Questi rimarranno gli unici due grandi risultati nella classe regina del motomondiale per Marco Simoncelli, che una settimana dopo il secondo posto in Australia, come un cavaliere dei tempi moderni, si è purtroppo lasciato sconfiggere dalla voglia di fare.
Lascia tanti ricordi nel paddock, era una persona che il sole l’aveva dentro. Non si negava mai, non rifiutava il contatto col popolo che lo amava. Soprattutto non disdegnava la compagnia di Paolo, un uomo che definire padre sarebbe assolutamente riduttivo. Prosecuzione della vita del Sic, quest’uomo era un’ombra, ancorà di sicurezza per una vita che, certamente, gli avrebbe col tempo portato, un HRC ufficiale e forse un titolo mondiale.
Marco Simoncelli è il chiaro esempio che l’alloro mondiale non sempre porta un pilota nell’eternità, a volte basta un sorriso ed una folta chioma castana.