Rugby, gli All Blacks calano il tris
La Nuova Zelanda batte 34-17 in finale l’Australia e si aggiudica la seconda Coppa del Mondo consecutiva e prima nazionale a conquistare tre titoli. Daniel Carter miglior giocatore dell’incontro. I numeri di un Inghilterra 2015 da record
Il colore del rugby è il nero. La Nuova Zelanda si laurea campione a Twickenham e per gli All Blacks è la terza Coppa del mondo sollevata al cielo, la seconda consecutiva. Nessuno ha mai fatto lo stesso. Il 34-17 inflitto ai cugini dell’Australia può essere spiegato da alcune cifre.
Zero. Sono le volte in cui i “kiwi” non siano arrivati tra le prime quattro squadre nella World Cup. Tanti erano anche i precedenti all’ultimo atto di Coppa del Mondo tra le due squadre.
Uno. Il quarto posto, ottenuto nel 1999 in Galles. Allora i “Tutti neri” persero 22-18 contrro il Sudafrica. Vinsero il titolo i “Wallabies” (35-12 alla Francia). Quest’anno c’è stata anche una “prima” triste per i padroni di casa. L’Inghilterra è stata eliminata nella fase a gironi. Decisive le due sconfitte contro Galles (28-25) e Australia (33-13). Non era mai successo che un Paese ospitante facesse così poca strada.
Due. Le finali di World Cup perse. Oltre all’edizione del 1999, le “felci d’argento” cedettero 15-12 al Sudafrica nel terzo appuntamento della manifestazione. Fu il trionfo dei padroni di casa in un Paese appena liberato dall’apartheid. Due sono anche i bronzi, conquistati in Inghilterra nell 1991 (13-6 alla Scozia) e in Australia (40-14 alla Francia).
Tre. I titoli conquistati dalla Nuova Zelanda. Prima della finale di Londra l’avversaria “preferita” era la Francia. Nell’edizione del 1987, la prima disputata, i transalpini persero 29-9. Nel 2011 il risultato fu meno rotondo (8-7). Entrambe le edizioni si disputarono in Nuova Zelanda. Tre sono anche le gare perse dagli All Blacks tra un “sollevamento coppe” e l’altro. In quanti incontri? Cinquantaquattro.
Cinque. Le mete nella finale per il titolo. Tre portano la firma neozelandese (Nonu, Barrett e Milner-Skudder), due quella dei “canguri” (Pocock e Kuridrani). Foley è stato perfetto nelle trasformazioni, Carter non ha centrato i pali una volta.
Otto. Le mete del neozelandese Julian Savea durante tutta la manifestazione. Dietro di lui il connazionale Nehe Milner-Skudder (sei) e il sudafricano Bryan Habana (cinque).
Tredici. Sono le mete realizzate in Coppa del Mondo dal sudafricano Bryan Habana. Raggiunto (ma non superato) il neozelandese Jonah Lomu.
Quindici. I punti tra le due squadre all’intervallo. Nuova Zelanda e Australia erano andate negli spogliatoi sul punteggio di 16-3.
Diciannove. I punti segnati da Daniel Carter, miglior giocatore della finale. In pratica, il numero 10 ha realizzato più punti di quelli siglati dai gialloverdi. Per l’atleta trentatreenne due trasformazioni, quattro punizioni e un drop che ha drasticamente ridotto le speranze di rimonta dell’Australia. Carter è sulla soglia dei 1.600 punti (1.598 per l’esattezza), di cui 82 messi a segno durante Inghilterra 2015 (33 su 41 ai calci, 80,5%).
Ventitre. Inteso come 2023. È l’anno in cui l’Italia potrebbe ospitare la rassegna iridata. Gli Azzurri sono stati eliminati nella fase a gironi del gruppo D: terzo posto per la squadra di Brunel dietro Irlanda (16-9 all’Italia) e Francia (vittoriosa 32-10 in avvio) e davanti Romania (battuta 32-22) e Canada (23-18).
Trentaquattro. I punti inflitti dal Giappone al Sudafrica nella storica vittoria di due punti in apertura di girone B. Il XV del Sol Levante non riuscirà però a qualificarsi, perdendo 45-10 dalla Scozia la gara successiva. Per i biancorossi sarà l’unica sconfitta di una manifestazione da ricordare. Nel 2019 sarà il Giappone a organizzare la Coppa del mondo.
Quarantotto. Le partite disputate in un torneo da record. Quasi due milioni e mezzo gli spettatori agli incontri (2.477.805 biglietti venduti), con una media di 51.621 a gara. Gli incassi hanno superato i 250 milioni di sterline. A livello televisivo, si calcola che la finale sia stata vista da 120 milioni di spettatori.