Argentina: addio al peronismo, fiducia a Macri
L’esecutivo è quasi ultimato: la vittoria di Macri nelle elezioni in Argentina porterà una virata in politica estera ed attenzione speciale alle finanze
di Sara Gullace
L’Argentina cambia rotta, dicendo addio al peronismo di sinistra dopo 12 anni di consolidato governo. Alle elezioni politiche del 20 novembre, è stato scelto Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires e leader di Cambiemos, movimento di centro destra. Pro–liberista, la sua coalizione con le forze centriste Radicali e Coalizione Civica ha avuto la meglio sul peronista Scioli. Parole chiave della sua strategia: ripresa economica e lotta all’inflazione, giunta ormai al 20%. Si preannuncia, inoltre, una virata netta in politica estera, incluso un rilancio dei rapporti con l’Unione Europea.
Economia e rinascita sono stati i suoi primi pensieri post seggio: “Metterò tutta la mia energia per costruire un’Argentina con povertà zero” – ha dichiarato Macri – “Governerò per tutti, è terminato un ciclo e oggi il Paese inizia una nuova epoca”.
Per far fronte alle difficoltà finanziare, il nuovo Presidente ha in serbo la definizione di un super gabinetto, una task force di sei economisti guidati da Marcos Peña, suo fidato collaboratore a Buenos Aires. Uomini chiave saranno Alfonso Prat-Gay, come Ministro delle Finanze, Rogelio Frigerio, che guiderà gli Interni, e Federico Sturzenegger identificato come futuro Presidente della Banca Centrale. A fargli posto, dovrà essere il kirchnerista Alejandro Vanoli – già invitato a dimissioni dallo stesso Macri.
La ripresa economica passerà anche da un’inversione a 180 gradi della politica estera: Macri tornerà a stringere contatti con Stati Uniti ed Unione Europea per attirare investitori mentre allenterà i rapporti con Putin, Xi Jinping e Hassan Rouhani che erano stati, invece, alleati politico-economici della Kirchner così come dai paesi neopopulisti latino americani quali Bolivia, Ecuador e Venezuela.
Per quanto riguarda la politica continentale, Macri punterà subito sul Mercato Comune, chiedendo l’esclusione del Venezuela per gli ultimi trascorsi anti democratici messi in atto dal governo chavista di Maduro nei confronti dell’opposizione: “Intendiamo invocare la ‘clausola democratica‘ del Mercosur” – è stata una delle sue prime dichiarazioni a riguardo.
Per la vittoria di Macri nei confronti del Daniel Scioli (differenza di quasi un milione di voti) ha pesato sicuramente la stanchezza della popolazione nei confronti di un modello già visto, il peronismo, appunto, e ritenuto inadeguato. Troppo isolazionista, fermo su posizioni internazionali chiuse. Anche l’interventismo statale portato avanti con l’ultima presidente Kirchner, non era più sostenibile con l’attuale crisi economica ed il calo dei prezzi delle materie prime. E Daniel Scioli, si era dimostrato ancora troppo poco indipendente da Cristina Kirchner.
Il neo presidente, di origini italiane, ha reso noto il suo futuro governo già cinque giorni fà. Alla Sicurezza ci sarà Patricia Bullrich, che esordì in politica tra le fila dei peronisti; un omonimo, al maschile, per il Ministero dell’Educazione, è Esteban Bullrich, già in carica a Buenos Aires; il giornalista Pablo Avelluto guiderà la Cultura; Ministro di Giustizia sarà German Garavano mentre alla Difesa sarà il radicale Julio Martinez; ai trasporti Guglielmo Dietrich, anche lui già in carica nella capitale così come Francisco Cabrera per la Produzione.
Gli antikirchneristi Ricardo Buryaile e Gustavo Santa saranno Ministri, rispettivamente, di Agricoltura e Turismo; altre due conoscenze di Macri per Modernizzazione e Sviluppo: Andres Ibarra e Carolina Stanley. Sergio Bergman avrà l’Ambiente e Jorge Lemus, medico che in passato si è distinto per le sue posizioni pro aborto, alla Salute. Il Ministero dell’Energia sarà guidato dal Presidente di Shell Argentina, Juan Josè Arangueren, storicamente a favore della privatizzazione del settore. Agli Esteri salirà Susana Marcorra, un passato nelle Nazioni Unite e attualmente braccio destro di Ban Ki-Moon: a voler sottoscrivere l’impegno verso le potenze dell’occidente.
La maggior parte delle nomine, come si vede, sono personaggi che hanno già avuto modo di collaborare con Macri e che, soprattutto, provengono da grandi realtà impresariali. “Che nessuno si confonda: un Paese non è un’azienda” – questo il lapidario commento dell’uscente Cristina Fernández de Kirchner.
Manca ancora un nome: quello del Ministro del lavoro. Ruolo chiave e delicatissimo, peraltro. Il nominativo uscirà fuori a seguito di contrattazione con i sindacati. E con questi ultimi Macri dovrà presto iniziare serie trattative: l’obiettivo sarà il contenimento delle richieste di rinnovo salariale, si comincia a Marzo per il comparto insegnanti. E non sarà impresa facile, considerato che le aziende produttrici hanno già annunciato un innalzamento dei prezzi per il rincaro delle materie prime.
Macri si insedierà alla Casa Rosada il prossimo 10 dicembre.
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