Venezuela spaccato, è crisi politica
È subito guerra in Venezuela tra l’esecutivo chavista e l’Assemblea Nazionale. Ramon Allup promette di sovvertire Maduro
di Sara Gullace
Trascorso appena un mese dalle elezioni legislative, lo scenario politico in Venezuela sembra ormai definito: esecutivo e Assemblea Nazionale sono già ai ferri corti, in piena crisi istituzionale.
Il 6 dicembre il Tavolo dell’Unità Democratica aveva raggiunto i due terzi dei voti, aggiudicandosi la maggioranza per il potere legislativo e mettendo, così, fine alla tradizione chavista. Presidente della nuova Assemblea è stato designato Henry Ramos Allup, avvocato 72enne e leader del partito di estrazione socialdemocratica Azione Democratica – che è stato preferito a Julio Borges, della formazione di centro destra Primo Justicia. A lui spetterà dirigere la legislatura del Paese fino al 2021.
L’Assemblea Nazionale, che si è instaurata il 5 Gennaio, avrà il potere di presentare voto di censura a ministri e vicepresidente, nonché proporre riforme costituzionali e referendum. L’obiettivo dichiarato è “mettere fine all’attuale governo nel primo semestre”.
L’agenda del nuovo legislativo promette diversi cambiamenti. Innanzitutto, libertà di accesso alla stampa alle sessioni della Camera – off limits ai giornalisti dal 2010. Riforme chiave sono previste per gli alloggi, per cui si vorrà rendere proprietari gli occupanti delle case assegnate durante il regime Chavez, e per assegnare bonus su alimenti e sanità ai pensionati. E’ già sul tavolo di definizione, inoltre, una proposta di legge per chiedere l’amnistia per i prigionieri politici, argomento di tensione anche durante l’ultimo Mercosur.
E un cambiamento è stato già messo in atto: immagini e richiami iconografici di Chávez e Bolivar sono stati fatti sparire dai locali del palazzo federale – con un’immediatezza che ha irritato Maduro, secondo il quale “Sono stati cacciati a calci due padri della storia del Paese”.
Maduro, del resto, aveva già pronto il contrattacco. L’indomani della sconfitta elettorale di dicembre era stato indetto un reimpasto dell’esecutivo. Il piano di ristrutturazione del gabinetto ha previsto la costituzione di tre nuovi ministeri: Produzione Agricola e della terra, Pesca e Agricoltura ed Agricoltura Urbana – per combattere la penuria dei beni alimentari dando maggiore impulso alla produzione agricola locale.
Sono cambiati alcuni nomi ma la sostanza, secondo gli analisti, sembra essere la stessa: i prescelti sono personaggi vicini al modello chavista – così come la nomina a vice presidente di Aristóbulo Istúriz, ex militante di Azione Democratica, dà l’impressione di essere un passo di avvicinamento verso l’opposizione solamente di facciata. Sul piano economico, però, non sono stati presentati cambiamenti: il modello resta invariato nonostante una contrazione del 10% ed un’inflazione del 160% nel 2015 (dati FMI).
Inoltre, ancor prima del giuramento della nuova legislatura sono stati presentati sette ricorsi per impugnare i risultati delle ultime elezioni: al momento, uno è stato vinto, nello stato dell’Amazzonia -dove potrebbe essere annullata la nomina dei deputati eletti. Un’iniziativa che l’Assemblea neo insediata non ha esitato a definire un “colpo di stato”e alla quale ha reagito consentendo comunque di prestare giuramento ai deputati coinvolti, almeno in atto simbolico.
La preoccupazione del Presidente della Repubblica, in questo inizio di anno, è preservare il chavismo nel Paese e nelle istituzioni. Per farlo, ha pensato di appellarsi al principio costituzionale di territorialità del potere di Chaveziana memoria per istituire il Parlamento Comunale. L’organismo sarà parallelo a quella che è stata appellata come “assemblea di centro destra e borghese” ed avrà potere normativo relativamente ad educazione, salute e servizi territoriali. Uno “spazio socialista espressione dell’autogoverno del popolo”.
Un’altra iniziativa volta a limitare il potere dell’Assemblea neo eletta è stata la riforma della Banca Centrale: in primo luogo, la direzione non verrà più eletta dal legislativo ma dal Presidente della Repubblica; il Ministro delle Finanze, in futuro, siederà al direttivo della Banca e, in ultimo, sarà possibile per Stato, Enti pubblici e privati richiedere prestiti in casi di necessità di comprovata inferenza sul benessere pubblico.
Che non sarebbe stata una convivenza facile, tra potere esecutivo e legislativo, era scontato sin dall’esito delle elezioni. Più sorprendente, forse, l’immediatezza e la gravità delle difficoltà: in Venezuela si parla già di crisi politica.