Brasile, destituita Dilma Rousseff. La fine dei governi di sinistra in sud America
La presidente brasiliana Dilma Rousseff destituita dopo le accusa di falsificazione del bilancio statale. L’ormai ex capo di Stato dichiara: “Siamo a un passo dal golpe”
di Federica Albano
su Twitter @federica_albano
Il 31 agosto scorso la presidente brasiliana Dilma Rousseff è stata destituita. Il suo Partito dei Lavoratori ha perso il potere dopo più di un decennio di egemonia, un fenomeno che sembra assecondare una nuova tendenza politica nell’America Latina.
La messa in stato di accusa risale all’ottobre 2015, nel momento in cui la corte dei conti bocciò il bilancio 2014. Sembrerebbe che la Rousseff avesse falsificato i conti così da far apparire più basso il deficit in vista delle elezioni. La presidente in realtà non è coinvolta in nessuna delle inchieste per corruzione che coinvolgono altri componenti di spicco della politica brasiliana e i suoi sostenitori dichiarano che non ci sono accuse rilevanti per una destituzione. Proprio in virtù di ciò, si pensa che l’impeachment sia l’anticamera di un colpo di Stato, come dichiarato in aula dalla stessa Rousseff.
In tantissimi si sono mobilitati contro la destituzione della Presidente, invadendo le piazze anche durante le Olimpiadi a Rio de Janeiro. Nonostante ciò, secondo i sondaggi, la popolarità della Rousseff ha subìto un duro colpo, anni luce distante dall’immagine della “guerriera” che le venne assegnata durante la campagna elettorale.
La Rousseff sarebbe anche indagata nel processo per corruzione della Petrobras. Sembrerebbe infatti che le aziende brasiliane per i lavori pubblici impiegate nei lavori di estrazione petrolifera abbiano fatto cartello gonfiando i contratti. Con i soldi lucrati, sarebbero state finanziate le campagne elettorali di alcuni politici mediante tangenti. La Rousseff era all’epoca presidente del consiglio di amministrazione della Petrobras, dal 2003 al 2005 è stata ministro dell’energia e non poteva non conoscere, secondo l’accusa, la corruzione che inquinava il settore.
Dopo la messa in stato di accusa, il processo vero e proprio è iniziato il 25 agosto. Con la destituzione la Rousseff ha perso i suoi diritti politici per otto anni, il Partito dei Lavoratori ha lasciato il governo dopo circa 13 anni di potere e Michel Temer del Partito del movimento democratico brasiliano ha preso la guida del potere ad interim. L’ipotesi della Rousseff è che in realtà Temer abbia organizzato un colpo di stato coadiuvato dalle forze di destra del Paese, mascherandolo per un’azione legale.
La Rousseff probabilmente ha le sue ragioni nell’ammettere che la sua destituzione sa di colpo di stato. L’analisi del bilancio è una cosa che viene contestata in molti Paesi, ma la discussione di ciò non porta mai a tali conseguenze. Inoltre, il Partito dei Lavoratori è stato l’artefice di uno straordinario boom economico in Brasile, ma il rallentamento economico cinese è coinciso con la parabola discendente di tale ripresa, esasperando così l’opinione pubblica.
Un sottile equilibrio, quindi, quello che manteneva ancora al potere la Rousseff, verificatosi anche se con modalità diverse in tutto il sud America dove ormai la destra non ha quasi più niente a che fare con gli eserciti golpisti ma ha assunto il volto nuovo delle democrazie che si alleano con le potenze europee. Viene quasi da chiedersi se la Rousseff non abbia ragione.