Alex Zanardi, storia di un uomo straordinariamente normale
Lausitzring, 15 settembre 2001. In questo giorno la vita di Alex Zanardi cambia per sempre, rendendo il pilota di automobilismo uno degli atleti italiani più amati di sempre grazie alle sue imprese alle Paralimpiadi
di Andrea Pulcini
su Twitter @Purcins
L’abitudine a salire su un podio Alessandro Zanardi l’ha sempre avuta. Anzi, non l’ha mai persa. Però la vita, con la sua imprevedibilità, gli ha regalato podi che non avrebbe mai immaginato. Perché se hai corso in Formula 1 e hai vissuto la vita a 100 all’ora non penseresti mai che per te c’è qualcosa di più. Invece per il protagonista della nostra storia così è stato. La vita del bolognese classe 1965 ha inevitabilmente uno spartiacque. Tutto nella sua vita può essere analizzato come un pre e un post Lausitzring.
Perché su quel tracciato, il 15 settembre 2001 durante una gara di Formula Cart in Germania, in seguito ad uno scontro con Alex Tagliani, Alex perde entrambe le gambe. Risalire la china dopo una tragedia simile non sarebbe facile per nessuno. Ma qui esce fuori forse il vero animo di Zanardi.
Non si abbatte Alex, anzi, “gioca” con la sua nuova condizione aiutando il figlio a familiarizzare. L’uomo Zanardi quel giorno di 15 anni fa è uscito dall’abitacolo e ha affrontato, e affronta tuttora, la vita di petto. Non rinuncia alla sua passione per le corse, passa alla Serie GT che si corre con auto stradali e continua a vincere. Con questi nuovi successi ha catturato su di sé l’attenzione verso un mondo parallelo che come la luna sboccia al calare delle tenebre, quello della disabilità. Perché in quello sciagurato incidente Zanardi ha perso entrambe le gambe e da allora, da 15 anni è costretto a camminare e correre con delle protesi.
Disabilità, un termine, questo, usato spesso, troppo spesso, con un alone di pietà e misericordia ma mai messo accanto alla parola successo. Perché tristemente in questo mondo e in generale in questo paese il termine disabile, invalido, spaventa, viene esaltata in rari momenti come le Paralimpiadi, ma poi una volta che le luci si spengono lei torna un pensiero che oltre che al successo non contempla un altro termine: la dignità. Una dignità che lo sport riesce a dare e qui esce fuori un altro grande strumento di “indottrinamento” per Alex: la handbike.
Questo strumento, questa particolare bicicletta, lo rende il volto di un movimento, quello Paralimpico. Una nuova sfida che il bolognese si è preso, sempre col suo sorriso che spiazza e disarma. Perché nella sua semplicità quest’uomo ha solo un desiderio legittimo: superare i suoi limiti. Si è testato, chiudendo la gare con buoni risultati, come ad esempio l’Iron Man, la gara di triathlon più dura al mondo.
Essere atleta paralimpico, rappresentare il proprio Paese, questo ha anche fatto Zanardi. Nelle ultime due edizioni dei Giochi (Londra 2012 e, fino a pochi giorni fa, Rio 2016) Alex ha conquistato 6 medaglie di cui 4 ori e 2 argenti.
A 50 anni questo ragazzo ha ancora voglia di sognare e di far sognare facendo capire, soprattutto a chi vede la disabilità come un limite (limite che non c’è), che, se vissuta non sentendosi messi da parte, può essere uno stimolo per il raggiungimento di un obiettivo: sensibilizzare la gente al fatto che tramite lo sport, le persone disabili possono diventare parte integrante e attiva della società in cui vivono.