Il “caos calmo” della politica italiana
Mentre i grillini cercano faticosamente di riemergere dalle sabbie mobili capitoline, la politica italiana sembra versare in un pericoloso stato di “morte apparente”. Una breve panoramica sull’attuale momento che sta vivendo il nostro Paese
di Mattia Bagnato
su Twitter @bagnato_mattia
“Grande la confusione sotto al cielo, per cui la situazione è favorevole”, diceva Mao Tse-Tung. Già, ma favorevole per chi viene da chiedersi. Per Matteo Renzi e il “suo” Governo, da sempre ostaggio degli alleati? Per Silvio Berlusconi e il “suo” centro-destra, sempre più debole e diviso? Per Matteo Salvini e la “sua” Lega Nord, smarritasi dietro slogan tragico-comici che gli sono valsi le bacchettate del redivivo Bossi? O per Beppe Grillo e il “suo” movimento, drammaticamente “fermo” nel pantano capitolino? Se il momento è propizio, e non lo sembra affatto, rimane da decifrare il nome di colui che saprà approfittarne. Per ora, sulla politica italiana sembra regnare sovrano il caos. Figlio di scelte sciagurate nelle quali tutti, da destra a sinistra, sembrano essere inciampati.
O la borsa o la vita – Qualsiasi degna panoramica sull’attuale momento politico dell’Italia, non può che partire dalla testa. Proprio da lì, infatti, dicono che il pesce inizi a puzzare. Vada per la testa allora. Quella di Renzi, da anni in procinto di cadere, ma nonostante tutto ancora saldamente incollata ai banchi del Governo. Un esecutivo, però, tutt’altro che sottomesso alle volontà del capo. Anzi, sembra non passare giorno in cui qualcuno non rinunci a rammentargli quanto sia “precaria” la sua situazione. Scherzi del destino. Come qualche giorno fa, quando sulla mozione Italicum i centristi di ALA e AP sono riusciti a tenere in scacco l’esecutivo per ore. Salvo poi mollare la presa, con tutta probabilità, solo dietro “pagamento” di un debito “riscatto” politico. Congetture, direbbe qualcuno.
Al lupo al lupo – Come quelle che muovono dal versante opposto o interno, su questo punto non sembra esserci ancora convergenza di opinioni. La minoranza Dem, tanto per intenderci, assicura di sentirsi parte integrante del Partito Democratico e di non nutrire alcun progetto cospiratorio. Congetture, appunto. Confermate, se ancora ce ne fosse bisogno, dall’ennesima fuga di massa che ha visto protagonisti alcuni parlamentari “democratici”. Una diserzione, avvenuta sempre in occasione della mozione sull’Italicum, alla quale Renzi sembra così abituato da non farci più caso. Sintomo che le minacce, vere o supposte che siano, si sono trasformate in innocui fuchi di paglia.
Restart – Così, mentre da un lato si barcolla sotto i fendenti degli alleati di partito o presunti tali. Dall’altro, Silvio & company nascondono i cocci di quel che rimane del centro-destra sotto al tappeto. Visto che di raccoglierli non c’è verso, almeno per ora. Tra un invito ad Arcore ed una riunione di Presidenza, l’ex Cavaliere sembra alle prese con il più improbabile tra gli azzardi. Ricompattare lo schieramento prima che sia troppo tardi. Compito quanto mai arduo, viste e considerate le sembianze sempre più simili al Risiko che Forza Italia sta assumendo. In molti, infatti, assicurano di aver intravisto l’ombra di un Partito diviso in “zone d’influenza”. Ognuna delle quali, alla disperata ricerca del tanto agognato momento di gloria.
D’Artagnan e i tre moschettieri – I Big, investiti del compito di portare a termine la remuntada, danno l’impressione di stringersi attorno al Capo per pianificare la strategia. Il timore, è che possa rivelarsi invece un abbraccio mortale. Da Parisi a Brunetta, passando per Toti, sembrano tutti alla finestra in attesa di un passo falso del “vecchio” leader. Nel frattempo, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Dal palco del MegaWatt, per esempio, l’ex Ad Fastweb ha teso la mano a Confindustria. La speranza: riuscire in ciò in cui Renzi ha fallito, ammaliare gli imprenditori offrendosi come il cavallo giusto. Dall’altro lato della cortina, invece, Toti strizza l’occhio alla Lega e alla Meloni.
Carpe diem – Stefano il “Moderato” e Matteo “l’altro”, le due anime del Centro-destra. Due “destre” agli antipodi, come non se ne trovano in tutta Europa. Francia compresa. La prima bianca, simil crociata ma senza scudo. Almeno nel simbolo. La seconda, nera e lepenista fino al midollo, per bocca del suo Segretario ha, ufficialmente, lanciato il guanto di sfida all’ex Cavaliere. L’ha fatto, in nome di quel momento di gloria tanto agognato di cui parlavamo poc’anzi. L’occasione, una di quelle che capitano una sola volta nella vita, potrebbero essere le primarie. Quelle che ad Arcore non hanno mai digerito bene, trasformatesi in una grottesca farsa solo pochi mesi fa.
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare – Così, nel bel mezzo del marasma, ecco spuntare la flebile luce dei grillini. Del bagliore accecante di un tempo, però, sembra essere rimasta solo una fioca fiammella. Tra bugie, toto-assessori, gaffe e insulti alla stampa l’isteria sembra dilagare. Prevedibile. Insieme alla “conquista” della Capitale sono spariti gli streaming, palesando come il morbo “correntista” abbia finito per contagiare anche i cinquestelle. Tornare “movimentisti”, incalza Grillo dalle profondità della “Bepcaverna”. Non c’è pace per l’ex comico genovese, costretto a vestire i panni della balia et nunc et semper, a quanto pare.
Il ritorno in campo del fondatore del Movimento 5 Stelle, in piena burrasca, ha il sapore amaro del fallimento. La conferma, che in questo Paese i leader carismatici sono tanto importanti quanto rari da trovare. Ne è prova provata il centro-destra, orfano da anni di un timoniere riconosciuto e riconoscibile. Se si esclude Salvini, ovviamente, capace solo di indossare magliette dal dubbio buon gusto. La galassia pentastellata, si era illusa di poter finalmente camminare sulle proprio gambe. Non sia mai, troppo inesperti ed impreparati i discepoli di Beppe “il comico”. Per onestà intellettuale, però, va detto che gli altri non se la passano certo meglio. Anzi, sembra che peggio di così non poteva andare.
L’assenza di avversari politici, si sta rivelando un’arma a doppio taglio per Renzi. Croce e delizia di un partito immobile, che nello scontro politico avrebbe potuto trovare nuova linfa. Così non è. Il Presidente-segretario, nonostante il vuoto che lo circonda ha finto, lo stesso, per prestare il fianco ai “compagni” di Governo. Risucchiato nel limbo di quel do ut des di democristiana memoria. Oggi come allora, infatti, sulla politica italiana sembra aleggiare lo spettro del Pentapartito. Tutti insieme appassionatamente. Un remake del compromesso storico, tutto al ribasso però. A farne le spese, come al solito, i cittadini sempre più disaffezionati da una classe politica distante e in altre faccende affaccendata.