Piazza Apollodoro, ‘na rubrica virtussina
Sulle pagine di Ghigliottina | Un nuovo taglio all’informazione arrivano pensieri e riflessioni di un tifoso “invisibile”, amante della pallacanestro e della Virtus Roma. “Cuesta nun è una piazza, è una campaggna, Un treàto, una fiera, un’allegria”. Piazza Apollodoro, ‘na rubrica virtussina
Eccoci qua, ci risiamo. Roma, Palazzetto dello Sport, Virtus. Un po’ prima però, alle cinque e mezza perché poi ci sta il calcio, qualche metro più in là, si gioca Roma – Inter.
Enzone sta alla sbarra, vigile, attento, foglio alla mano e cappello di Detroit a ricordarci che memoria e passione sono forze che non si allenano de sola testa, ma ce vo’ anche tanto cuore. I ragazzi della curva iniziano ad arrivare, lì al solito posto, là vicino al solito bar. Qualcuno già se aggira, si saluta: “Come stai?” je chiede uno, “che me dici de sta squadra?” je risponde l’altro. Un po’ alla volta se risponde a tutti.
Carabinieri, Vigili del Fuoco, Ambulanza: tutto apposto, anche loro presenti. I bambini al parco giochi ce fanno sape’ la loro e lì al playground, in un mix di etnie e di tecnica, il campo ci ricorda che i limiti come le paure sono molto spesso n’illusione, ma tante altre volte sono davvero limiti che fanno paura.
“Ci vediamo al bar allora?” “Si, dai famo alle quattro lì”. E potrebbe essere altrimenti? Le vittorie si costruiscono anche là, al pari delle sconfitte. Nessuno sa leggere i fondi del caffè, a dir la verità non ne ho mai saputo riconoscere nemmeno uno, però non ve lo so’ spiega’, l’aria di quel posto te lo fa capire prima se vincerai o perderai.
E poi arriva un amico ed un altro ancora ed al caffè se ne aggiunge ‘n altro che poi può diventare una birra od una coca cola, vabbè ‘nsomma, avete capito.
Ognuno all’ingresso suo, ognuno col biglietto suo, ognuno con le sue speranze, ognuno con le sue paure. E pensare che pe’ colpa de un sorcio potevamo non giocare là, dove tutto ciò inizia e dove tutto ciò finisce, intendo la vita e la morte di un sorcio, non parlavo de’ massimi sistemi. Che poi del sorcio ho capito le ragioni del decesso, ma questa è ‘na grande esclusiva che ve rivelerò tra breve.
Il suono de quei bei rapper americani ce da il benvenuto e via che se riparte: “Ma ‘sta squadra?” “Ciao, come stai?” “Arieccoce qua” “Secondo me oggi vinciamo” “Se more de caldo”. Niente di nuovo, giusto?
C’è quella strana sensazione però che ‘sta squadra qualcosa di divertente ce l’abbia, quella strana, strana atmosfera che qualche sorriso in più potrebbe arrivare. Fermi tutti però, ci sta l’inno.
Ricominciamo, se non altro per quella lieve (lieve se fa’ pe’ dì) somiglianza tra coach Corbani e Adriano Pappalardo. Corrono, ammazza se corrono.
Vedi John Brown e pensi: “Qua ci siamo sbagliati tutti”. Zompa, rolla, stoppa e segna, ammazza se segna. Si è solo la prima partita, ma dato che de “mai ‘na gioia” c’avete riempito le bacheche, quando ce ne capita una deve essere la più bella del mondo. Tonino va’, se ‘nfila de qua, poi gira de la’, sbaglia qualche canestro ma nel finale se rifa’ con gli interessi e più bello de ‘na tripla ce sta solo un bel karaoke, a cena dopo co’ l’amici.
Giofré sta appoggiato al tunnel e fa avanti e indietro, giacchetta de’livello e pensa: “Ma lo sai che ‘sta squadretta non me dispiace affatto”. C’hanno voglia, se vede, dai, me pare evidente. L’allenatore je sta simpatico, se fanno allena’. Però a ‘sto punto un dubbio me viene: ma non sarà che quello che ce stava prima qualche cosetta tanto tanto non l’aveva capita? No, non dico coach Esposito che bello come il sole sta là con la sua lavagnetta in mano e per cui un grazie è sempre d’obbligo, parlo dell’altro, che de brodetto c’aveva tanta voglia.
No, perché Benetti me pare trasformato. Non ve pare pure a voi? Si, è vero, quando si è innamorati tutto il mondo sembra più bello, ma non tiri giri rimbalzi e dai spallate d’autorità solo con l’amore. Comunque lui e Miss Italia so’ bellissimi e con quel cagnolino lo sono ancora di più: famo il tifo per voi.
È tornato pure Danielino. E tutto je se po’ dì, ma c’ha gli occhi che menano quel ragazzo. Sarà pure con quelli che ha conquistato la meravigliosa Gracia, bentornata anche a lei.
Dei quelli nuovi, che me dite? A me pare bene no? Aristidone mi dà l’aria di quello che nel dubbio meglio non farla arrabbià, ma che in fondo è un gran tenerone. C’ha un cagnolone di una bellezza disarmante, che vicino a lui sembra un peluche della Trudi ma che di sicuro al cinema non paga ridotto. Vedovato me suscita grande curiosità e di Tommaso già me so’ innamorato. C’ha visto lungo il coach, che a tutti gli effetti (preparateve per la battuta che cambierà la vostra stagione), ha calato il suo Baldasso nella manica e tutti così, a bocca aperta. Evviva i biennali.
Chessa è ‘n bel vento di maestrale, paura non ce l’ha e in questo gioco ci crede, come tutti d’altronde. Ogni volta che alza la mano, tutti già stanno ‘n piedi: ma non vi arrabbiate se poi non entra, guardate che fare su e giù dalla sedia fa bene, rassoda i glutei e fa un sacco bene alla circolazione.
Capita’, le ultime parole sono per te, prima de passa’ all’annosa questione roditoria. Quante volte te l’ho detto che devi cambiare sapone per le mani? È una questione di ph, ma il sangue che c’hai nelle vene è romano e buon sangue, capitano mio, non mente mai.
Oh, il sorcio. Che poi io so’ convinto che stava solo riposando, però crediamo alle tesi della morte. Non vorrei che il poro sorcio sia solo stato usato dal sistema, giammai. Nuntio vobis: accettata la tesi del trapasso, la causa è una ed una sola, è morto de caldo. Non di freddo, non d’altro, ma solo de caldo. Discreto, umido quanto basta, una tortura a tratti, ma noi, amico sorcio, lotteremo anche per te.
Perché poi alla fine quell’immagine, quel topo così adagiato, non può essere altro che una grande metafora. Si arde di passione ed alla fine o si controlla la fiamma o ci si brucia. Sono due le cose e niente, come questa squadra, può far ardere i tifosi o farli bruciare con il loro stesso amore: è il destino di ‘sto gioco, di impulsi e di corsa, d’istinto e d’amicizia. A viso aperto, senza paura de quelli grossi e con rispetto per quelli più piccoli, che se tutti si va dalla stessa parte io ci credo, nella Coppa Italia e nei playoff. Però prima sta voi ragazzi belli, perché ieri in campo eravate davvero belli, perfetti no, ma belli si, e vi meritate tutta ‘sta bellezza, quella che poi è della città che vi ospita, la più bella del mondo. E ce la meritiamo pure noi, che tante volte per amore siamo andati vicino a fare la fine del sorcio, ma che mai la faremo, al massimo qualche volta ci appoggiamo e ci riposiamo, ma ora non è più tempo. Non moriremo de caldo, ma d’amore è possibile.
Paolo Tiziano