L’estetica militante di Ai Weiwei approda nel Paese di guelfi e ghibellini

Tempo di lettura 6 minuti

A Firenze la prima grande retrospettiva su Ai Weiwei, l’artista dissidente più controverso del momento

di Federica Salzano
su Twitter @FedericaSalzano

Dante Alighieri in LEGO 2016 Mattoncini LEGO, cm 152 x 114 x 1,7. Courtesy of Ai Weiwei Studio Fonte immagine: palazzostrozzi.org

Dante Alighieri in LEGO 2016
Mattoncini LEGO, cm 152 x 114 x 1,7.
Courtesy of Ai Weiwei Studio
Fonte immagine: palazzostrozzi.org

Guelfi e ghibellini, comunisti e democristiani, fronte del sì e fronte del no: l’Italia è il Paese che più di tutti ama dividersi in fazioni. E la mostra fiorentina dedicata ad Ai Weiwei – a Palazzo Strozzi fino al 22 gennaio 2017 – non si è sottratta a questa tradizione.

L’artista è certamente una tra le personalità più acclamate e controverse del momento. Nato nel 1957 a Pechino, per ragioni politiche è stato costretto all’esilio da bambino insieme alla famiglia. È stato in seguito recluso e poi ha continuato a essere sorvegliato dal governo cinese che per quattro anni gli ha sottratto il passaporto. Di tutte queste esperienze e della sua incessante attività di denuncia politica Ai Weiwei ha riempito la sua arte. E l’ha fatto in modo dissacrante, provocatorio e – secondo alcuni critici – non senza una certa dose di furbizia.

Con le sue opere ha denunciato, ad esempio, le responsabilità del governo cinese per la morte di migliaia di studenti durante il terremoto del Sichuan. Le scuole crollate erano costruite con materiali scadenti, e in Rebar and Case quei tondini di ferro che avrebbero dovuto sorreggere le strutture – rinvenuti invece contorti tra le macerie – sono diventati il simbolo di questa tragedia: appoggiati su piccole bare da forme anch’esse contorte e improbabili, costruiti con quello stesso nobile marmo usato per il monumento funebre di Mao. Accanto, sulla parete, 360 zainetti compongono un serpente gigante, simbolo del carattere strisciante della verità occultata dal regime. Oggi, invece, l’attenzione dell’artista è posta sul fenomeno dei migranti, affrontato con l’imponente Reframe: un’opera formata da 22 gommoni montati sulla facciata di Palazzo Strozzi.

- Reframe (Nuova cornice) 2016 PVC, policarbonato, gomma cm 650 x 325 x 75 ciascuno Courtesy of Ai Weiwei Studio Fonte immagine: palazzostrozzi.org

– Reframe (Nuova cornice) 2016
PVC, policarbonato, gomma cm 650 x 325 x 75 ciascuno
Courtesy of Ai Weiwei Studio
Fonte immagine: palazzostrozzi.org

I GOMMONI DELLA DISCORDIA
D’altronde Ai Weiwei – per cui “tutto è arte, tutto è politica” – ha fatto della lotta per la libertà una “missione artistica”. Ma nelle sue opere, accanto a questo aspetto, è presente una connotazione fortemente estetica che in certi casi rischia di prevalere sul messaggio politico.

Prendiamo ad esempio la dibattutissima installazione con i gommoni che, colorati e imponenti, assecondano in modo aggraziato le linee della facciata. Questa provoca certamente stupore nel vedere degli oggetti così insoliti nel loro stare attaccati alle bifore rinascimentali. Ma il forte impatto è forse prima estetico che emotivo. Non prende immediatamente la forma di “quel pugno allo stomaco” che un’opera d’arte riesce a dare anche in modo poetico.

TRADIZIONE CONTRO MODERNITÀ?
Quest’opera ha provocato un acceso dibattito. Non sono mancate in particolare le critiche di chi l’ha interpretata come un oltraggio alla tradizione. Ma la tradizione stessa non può agire come deterrente contro le nuove sperimentazioni: essa, in fondo, è il risultato dello sforzo di altri artisti che nei secoli hanno “lottato” per abbattere barriere – metodologiche ed espressive – che sembravano insormontabili. Appare paradossale, poi, che tutte le polemiche sullo “scempio” che sarebbe stato perpetrato ai danni della facciata rinascimentale di Palazzo Strozzi si siano scatenate nello stesso Paese in cui ben altri scempi sono stati permessi ai danni del patrimonio culturale: basti pensare ai crolli che periodicamente interessano lo straordinario sito archeologico di Pompei o ai tantissimi beni di interesse storico e artistico lasciati nell’incuria più totale.

 Snake Bag (Borsa serpente) 2008 360 zaini, cm 40 x 70 x 1700. Courtesy of Ai Weiwei Studio Fonte immagine: palazzostrozzi.org

Snake Bag (Borsa serpente) 2008
360 zaini, cm 40 x 70 x 1700.
Courtesy of Ai Weiwei Studio
Fonte immagine: palazzostrozzi.org

L’aver generato un acceso dibattito può comunque essere considerato un successo. Il gesto dell’artista cinese non lascia indifferenti e richiama l’attenzione su una mostra che, anche per questo, rappresenta uno degli eventi più interessanti in Italia per l’arte contemporanea. Si tratta infatti della prima grande retrospettiva italiana su Ai Weiwei, che presenta la sua evoluzione artistica a partire dagli inizi newyorchesi fino a opere ideate appositamente per la mostra di Firenze.

ALI CHE NON POSSONO VOLARE

Si parte da Refraction: un’ala pesante e ancorata a terra che sembra ingabbiata nel cortile. Presentata per la prima volta nell’isola di Alcatraz, è simbolo della libertà e della sua privazione. L’opera, composta da pannelli solari usati in Tibet per cucinare, vuole anche evocare la situazione politica di quella regione. Ci sono poi le biciclette impilate che formano un portale d’ingresso e compongono Stacked. La bicicletta è parte integrante dell’identità cinese e possederne una significa avere libertà di movimento. Anche se quelle esposte da Ai Weiwei sono prive di pedali e di catene. Un modo per evidenziare, tra l’altro, il problema dei trasporti in Cina e il suo impatto ambientale.

- Rebar and Case (Tondino e cassa) 2014 Legno huali, marmo e gommapiuma, cm 25 x 143 x 47; cm 35 x 153 x 71,4; cm 48 x 110,4 x 72; cm 45 x 99,3 x 43,8; cm 25 x 77,5 x 40,5; cm 25 x 112,6 x 72; cm 55 x 140 x 57,4; cm 45 x 106 x 59,4 Courtesy l’artista e Galleria Continua, San Gimignano/Beijing/Les Moulins/Habana Fonte immagine: palazzostrozzi.org

– Rebar and Case (Tondino e cassa) 2014
Legno huali, marmo e gommapiuma, cm 25 x 143 x 47; cm 35 x 153 x 71,4; cm 48 x 110,4 x 72; cm 45 x 99,3 x 43,8; cm 25 x 77,5 x 40,5; cm 25 x 112,6 x 72; cm 55 x 140 x 57,4; cm 45 x 106 x 59,4
Courtesy l’artista e Galleria Continua, San Gimignano/Beijing/Les Moulins/Habana
Fonte immagine: palazzostrozzi.org

C’è poi la sala in cui l’artista offre un tributo alla storia italiana creando con i lego i ritratti di famosi dissidenti toscani. O ancora le opere legate alla tradizione cinese e alla sua “distruzione”. Tra queste Dropping a Han Dynasty Urn, una serie fotografica in cui Ai Weiwei distrugge un’urna funeraria antica di oltre duemila anni. Lo fa con espressione indifferente, proprio per sottolineare la consapevolezza dell’atto di barbarie culturale portato avanti dal governo con la Rivoluzione culturale. I lavori esposti sono realizzati con svariati materiali e diverse tecniche: porcellana, legno, ferro ma anche video e fotografie. Ogni sala nasconde una sorpresa, in un continuo dialogo tra passato e presente, classico e moderno.

La mostra non si esaurisce tra gli spazi di Palazzo Strozzi. Opere dell’artista si trovano anche agli Uffizi, dove è esposta Surveillance Camera: una simbolica videocamera di sorveglianza in marmo. E poi al Mercato Centrale, che ospita alcune immagini della serie Study of Perspective nelle quali l’artista offre il dito medio a una serie d’importanti istituzioni in un gesto tanto ironico quanto immediato.

- Refraction (Rifrazione) 2014 Cucine solari, bollitori, acciaio, cm 222,5 x 1256,5 x 510,6 Courtesy of Ai Weiwei Studio Fonte immagine: palazzostrozzi.org

– Refraction (Rifrazione) 2014
Cucine solari, bollitori, acciaio, cm 222,5 x 1256,5 x 510,6
Courtesy of Ai Weiwei Studio
Fonte immagine: palazzostrozzi.org

ISPIRAZIONE O FURBIZIA?
E proprio l’immediatezza è un aspetto cruciale dei lavori di Ai Weiwei, che riesce a realizzare un’estetica in chiave pop e quindi popolare e accessibile. In molte opere il pubblico può riconoscersi in elementi che fanno parte della sua quotidianità: dall’uccellino di Twitter alle foto di Instagram, fino al dito medio e ai selfie. Sono tutti simboli che parlano senza filtri a ogni persona. E che, insieme all’utilizzo dei fatti di cronaca come fonte d’ispirazione, alcuni critici ritengono indizi di furbizia più che di espressione artistica. Il dibattito è aperto.

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