“Le Bal”: lo spettacolo muto che scuote la Capitale
Fino al 23 ottobre il Teatro Sala Umberto di Roma ospita “Le Bal”, innovativo spettacolo di Giancarlo Fares. Una troupe di giovanissimi riattraversa gli avvenimenti salienti degli ultimi 50 anni a passo di danza, guidando il pubblico in un’avventura in cui l’unica voce è quella della musica. Fatevi affascinare dalla profondità che riescono ad avocare espressioni e corpi in movimento, per piangere e ridere con leggiadria
di Gloria Frezza
su Twitter @lavanagloria
Nelle scorse settimane si era parlato con entusiasmo del panorama giovanile nel teatro della Capitale, sottolineando la validità dei progetti e la limpidezza dei risultati ottenuti, ed oggi torniamo a battere il ferro su questo assioma grazie all’ennesima stupefacente performance. Lo spettacolo in questione è “Le Bal“, al Teatro Sala Umberto fino al prossimo 23 di ottobre, con la regia di Giancarlo Fares ed un plotone di giovanissimi talenti impiegati in una prova di navigata impeccabilità.
Da un’idea del francese Jean-Claude Penchenant, “Le Bal” è uno spettacolo muto in cui sono i corpi a raccontare una storia. Tutto si svolge all’interno di una tipica balera italiana che attraversa, anno dopo anno dal 1940 al 2001, gli avvenimenti principali di cui il Bel paese è stato protagonista attraverso i passi di danza, talvolta leggiadri talvolta pesanti. Ad alternarsi sulla scena non sono solo gli stili di ballo o i costumi più variegati, che la troupe muta con la semplicità di una seconda pelle, ma anche e sopratutto gli umori e le tensioni del mondo esterno, riflesse nei più piccoli gesti ed espressioni degli attori.
Sul palco si intersecano e si sfiorano otto coppie di ballerini, un campione di rappresentanza per ogni età e ceto sociale, credenza politica e religiosa avvicendatesi in questi cinquant’anni. Ogni paio ha una sua dinamica: chi si ama perdutamente, chi non fa che bisticciare con passione, chi ha bisogno di capirsi e chi era destinato a ritrovarsi, in un fantastico vortice di volti ed espressioni che sommergono lo spettatore. “Non so dove guardare, sono tutti così bravi” dice la mia vicina di poltrona, ed è vero. I sedici corpi volteggiano e pretendono la loro occhiata, rubano e barattano gli uni con gli altri l’interesse del pubblico; e non si vuole distrarsi affatto, rischiando di perdere un’occhiolino, un’espressione di sorpresa o una lacrima di delusione del singolo attore.
La balera attraversa uno dei periodi più complessi della nostra storia: la gioia infantile del benessere economico, la guerra e le sue conseguenze improvvise, l’ossessione per i valori americani, la droga e le discriminazioni, sofferenza e amore, modernità e privazioni. È sorprendente come una quantità tanto sostanziosa di evocazioni complesse venga resa senza una singola parola: lo spettacolo diverte genuinamente tanto quanto concretamente commuove, e questa è senz’altro un’ode alla mimica facciale e alle qualità dei giovani artisti.
In combutta con le loro indiscusse capacità c’è una ricercata scelta musicale che spazia dai brani della tradizione al rock più spinto, secondo un progetto ambizioso e riuscito del sound designer Giovanni Grasso; il quale duetta, quale espressione migliore di questa, con la creatività intrigante delle meravigliose coreografie di Ilaria Amaldi, che svolge l’attenta regia corporea di questa duplice avventura. Un plauso anche al sapiente uso di costumi e luci, che permettono alla scena la stessa fluidità che caratterizza gli attori, espandendola e restringendola a seconda delle esigenze temporali.
Quello che si presenta in Sala Umberto è un lavoro di seducente professionalità, un appuntamento originale per sperimentare un modo ancor più fresco di abbattere la quarta parete e vivere il teatro. Perché spettacoli come questo sfidano lo snobismo radicato dei puristi e degli amanti del solo classico e dimostrano, con un grido di gioia energico e roboante, che il teatro può cambiare ancora molte volte e rinverdire, restando una delle più alte forme d’arte. Andate a vedere “Le Bal” come favore a voi stessi, fatevi ammaliare dalla profondità con cui questi giovani hanno fatto loro un vostro antico amico, non ve ne pentirete.