L’Argentina sfida la violenza di genere
Ultimi dodici mesi drammatici per le donne argentine: il femminicidio tra scioperi e Parlamento
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
L’Argentina di fine 2016 conta le sue vittime. Di un male sempre più evidente e di cui l’opinione pubblica internazionale inizia ad essere, per fortuna, sempre più consapevole: il femminicidio. Duecentoventisei donne uccise, di cui diciannove solo nell’ultimo mese, il più recente in ordine di tempo il coinvolgimento di un’adolescente di Mar del Plata.
Una tendenza in crescita: oltre il 13% in più rispetto al 2015. Ed anche se, rispetto all’anno passato, sono aumentati sia il numero delle denunce che quello delle condanne (64,4%, due punti percentuali in più), la violenza di genere nel Paese resta una piaga sociale di cui si parla con sempre maggiore frequenza ma che, all’atto pratico, si fatica ad arginare.
Il 18 Ottobre scorso per le donne argentine è stato il Mercoledì nero: un’ora di sciopero, di marcia in strada, vestite a lutto al canto di “Ni una menos” (non una di meno) per protestare contro la violenza di genere, richiedere l’assicurazione di misure preventive e di un sistema assistenziale per chiunque si trovi in una situazione di difficoltà dovuta a violenza domestica piuttosto che vessazioni sul luogo di lavoro.
Una marcia contro la violenza ma anche contro la discriminazione di genere, ancora fortissima e trasversale a tutti i settori della società: in primis quello aziendale e politico. Organizzata dai due principali sindacati e da una cinquantina di organizzazioni sociali, la marcia è iniziata a Buenos Aires ed è proseguita in diverse località sparse per tutto il Paese.
Migliaia di donne, vittime o loro familiari, cui si sono aggiunti attiviste della lotta antimaschilista e diversi personaggi pubblici. Rappresentativa la posizione della Vice Presidente della Corte Suprema, Elena Higthon de Nolasco: “I casi di femminicidio aumentano, in soli 17 giorni ne contiamo 19. Più di una vittima al giorno. L’istituto dedicato alla violenza domestica si occupa di 1.000 casi al mese: di questi, l’80% ha per vittime le donne. Significa che la nostra cultura – conclude – continua ad essere permeata di maschilismo”.
L’emarginazione del genere femminile è ormai anche una questione politica. Il Presidente Maurico Macri ha sostenuto come l’origine del problema sia un fatto culturale: “È una questione di educazione. Attraverso l’educazione – ha spiegato – si diventa realmente consapevoli della violenza che subiamo o infliggiamo”. Per quanto riguarda le misure intraprese, Macri è fiducioso che il Piano Nazionale di lotta alla violenza di Genere, istituito dal suo Governo riesca “Da un lato assistere le vittime e, dall’altro, prevenire e infine sradicare il problema”.
Mentre proseguiva la marcia di “Ni una menos”, il Senato ha approvato con 52 voti contro due una legge per alzare la quota di presenze femminili in Parlamento al 50%. La legge è stata firmata da Sergio Massa, leader di Frente Renovador, coalizione di centro destra. L’obiettivo del disegno, nelle parole del suo firmatario è di “Avere dei risultati pratici e concreti: nel numero di donne iscritte ai partiti e negli altri aspetti della vita sociale, con uguali opportunità di lavoro e uguali retribuzioni”.
Già nel 1991 l’Argentina aveva fatto ricorso ad una legge per ottenere un quorum del 30%, oggi alza l’asticella e richiede parità numerica. Proposta sostenuta trasversalmente dalla maggioranza e dall’opposizione. In quest’ultima, le kirckneriste Graciela de la Torre, senatrice, e Cristina Rodriguez, deputata, ricordano quanto bassa fosse la presenza di donne nelle alte sfere prima del 1991: “Se non ci fosse stata la legge del 30% – spiega la Rodriguez – a quest’ora staremmo ancora con il 5% nella Camera ed il 3% al Senato, come all’epoca”.
Secondo i dati dell’Osservatorio sull’Uguaglianza di Genere del 2015, la presenza femminile nel Congresso Argentino era inferiore a Paesi come Ecuador, Messico, Cuba e Bolivia. Fanalino di coda, il Brasile, ultimo con il 9,9% di seggi. Del resto, solamente 3 dei 21 ministeri del Governo Macri sono affidati a donne.
Non mancano, comunque, i detrattori: la critica principale e, in via generale anche condivisibile, è quella che più facilmente si solleva nei casi di quorum dedicati. L’idoneità al ruolo, in questi casa, passa in secondo piano rispetto ad una caratteristica personale, il genere, in questo caso.
Tra gli oppositori, però, ci sono anche i negazionisti, come il deputato di Cambiemos, Pablo Tonelli che non ritiene ci sia una discriminazione tanto marcata verso le donne in politica. “Piuttosto – ha spiegato – questa situazione si verifica molto più frequentemente nelle aziende private”.
E che la discriminazione si amplifichi in azienda è percezione comune e veritiera. I dati di un recente monitoraggio del Merco parlano di 2 donne e 98 uomini in posizioni di vertice nelle imprese argentine.
Aspre critiche alla nuova legge anche da sinistra: Gabriel Solano, del Partito Operaio, come Macri, richiama alla necessità di una nuova cultura: “I quorum sono demagogia: al Senato abbiamo il 42% di donne eppure non siamo riusciti ad approvare una legge per l’aborto. Prima delle leggi, serve una cultura di fondo”. Come dargli torto?